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Chi sono i terzini destri più forti degli ultimi 30 anni?

22 Ottobre 2021

11. Gary NEVILLE

Terzino e icona di un’altra grande corazzata degli anni ’90: il Manchester United. Con i Red Devils gioca a fianco di mostri sacri come Beckham, Giggs e Scholes sotto la guida di sir Alex Ferguson. Vero simbolo di un calcio fatto di amore e attaccamento alla maglia, alla città e ai tifosi. Trascorrerà ben quindici anni nel tempio dell’Old Trafford, senza cedere ai corteggiamenti delle big europee e vincendo due edizioni della UEFA Champions League: quella del 1999 e quella del 2008. L’unico rimpianto resta la parentesi in Nazionale, con la quale ha disputato tre campionati europei (1996, 2000 e 2004) e due edizioni mondiali (1998, 2006) senza però raggiungere traguardi gratificanti a livello collettivo. Tuttavia, non sono mancate le soddisfazioni e i record personali. Nel 1996 è il giocatore più giovane a prendere parte alla competizione, mentre nel Mondiale tedesco raggiunge le ottantuno presenze con la maglia dei Three Lions, eguagliando il record di un altro grande del calcio britannico: un certo Gary Lineker. Incredibile!

10. Miguel Angel SALGADO

Attorniato da una schiera di incredibili campioni, vive appieno l’epopea dei Galacticos; una squadra stratosferica che ha dominato in lungo ed in largo. Tra i vari Zidane, Roberto Carlos, Raul, Salgado si ritaglia un posto da titolare come terzino sulla fascia destra. Risultando decisivo per le vittorie dei Galacticos conquistate nel decennio della sua permanenza al Santiago Bernabeu tra il 1999 e il 2009. Sulla sua bacheca, infatti, si contano quattro campionati spagnoli, due Champions League, una Supercoppa UEFA, una Coppa Intercontinentale e tre coppe di Spagna. Salgado iniziò la sua carriera nelle giovanili del Celta Vigo debuttando in prima squadra il 22 gennaio del 1995. Dopo un anno in prestito al Salamanca tornò alla corte dei galiziani, diventando ben presto un titolare inamovibile. Nel 1999 fu così acquistato dai Blancos. Alla sua prima stagione mette insieme ventinove presenze contribuendo in maniera decisiva alla vittoria della Coppa dalle Grandi Orecchie e mostrando all’Europa tutta la sua qualità. Disputerà un totale di oltre 250 partite con il Real Madrid, prima di accasarsi oltremanica al Blackburn Rovers, con il quale appenderà definitivamente le scarpe al chiodo.

9. Mauro TASSOTTI

La vita in rossonero di Mauro Tassotti è degna di un romanzo salgariano d’avventure. Approda al Milan nel 1980 dalla Lazio. Vive appieno i golden times della corazzata milanista da vice-capitano, affiancando talenti del calibro di Ruud Gullit, Marco van Basten e Frank Rijkaard. Gli anni di Sacchi sono per lui un trampolino di lancio. Si cala nel ruolo e interpreta perfettamente la zona attuata nei meccanismi di Arrigo. L’asse Tassotti-Baresi-Maldini ha rappresentato l’incubo di molti attaccanti avversari, grazie alla scientifica applicazione della trappola del fuorigioco. Arrivarono i successi, gli Scudetti, ben tre Champions League, di cui una vinta da capitano ad Atene con un sonoro 4-0 al Barcellona di Koeman, Romario e Stoichkov. A trentaquattro anni, con l’approdo di Sacchi in Nazionale, viene fortemente richiesto dal CT di Fusignano per ricomporre in azzurro il quartetto dei miracoli in occasione del Mondiale di USA ’94. La competizione purtroppo, per lui non sarà un ricordo positivo. Mauro, infatti, fu il primo calciatore dell’era moderna ad essere squalificato grazie all’utilizzo della prova TV in un match del Mondiale: non servirono a nulla le evidenze del naso sanguinante di Luis Enrique dopo una gomitata di Tassotti per convincere l’arbitro all’espulsione dell’azzurro. Soltanto la successiva revisione con l’aiuto delle telecamere convinse l’organo giudicante ad infliggergli una squalifica di sette giornate.

8. Ciro FERRARA

Difensore duttile e versatile nell’interpretazione del suo ruolo. Spesso impiegato come terzino destro o, all’occorrenza, come centrale difensivo. Ciro Ferrara lo si ricorda essenzialmente per l’amore dimostrato verso le due città che hanno avuto il piacere di accoglierlo: Napoli e Torino. Si afferma in giovane età: tecnicamente dotato e abile nel gioco aereo. Compie il suo esordio con la maglia dei partenopei il 5 maggio 1985 al San Paolo, proprio contro la squadra che lo acquisterà, segnando il suo futuro: la Juventus. Vive i fasti dell’epopea maradoniana accanto a tanti altri campioni del calibro di Careca, Zola, Alemão conquistando ben due Scudetti: il primo nella stagione 1986-87 ed il secondo nel 1989-90. Non mancano le soddisfazioni sul palcoscenico europeo, che vede il Napoli conquistare la sua prima Coppa UEFA nel 1989, battendo in finale lo Stoccarda. Ciro, segna tra l’altro il gol del momentaneo 2-1 nella gara di ritorno. L’estate del 1994 segna decisamente un punto di svolta nella sua carriera e dopo i vari dibattiti sulle sue future destinazioni, il sì va alla Vecchia Signora. Ha inizio un’ascesa che lo porta ai massimi livelli del calcio italiano: conquista la Champions League nella finale dell’Olimpico, superando ai rigori il colosso Ajax di Jari Litmanen. A Torino conquisterà ben sei tricolori, una Coppa Italia, quattro Supercoppe italiane, una Supercoppa UEFA, una Champions e la Coppa Intercontinentale a Tokyo. Una carriera così strabiliante a livello di club gli vale ben presto la chiamata in Nazionale. Esordì in azzurro il 10 giugno 1987, a soli vent’anni, in una gara amichevole tra Italia e Argentina restando alla corte di Azeglio Vicini fino al Mondiale del 1990. Con l’arrivo di Sacchi e delle sue nuove metodologie, il suo rapporto con gli Azzurri s’interrompe bruscamente. Italia-Svezia di Euro 2000 segna, di fatto, la sua ultima presenza con la maglia azzurra.

7. Giuseppe BERGOMI

Per tutti è Lo Zio. Considerato uno dei più forti terzini della sua generazione, trascorre la sua intera carriera vestendo i colori della città (Inter) che tanto lo ha amato e, verso la quale Beppe ha dimostrato un affetto incondizionato. Il suo carisma e spirito da leader conquistano l’animo del CT Bearzot, che non esita ad inserirlo nella lista dei convocati per la spedizione del Mundial ’82. Non ancora maggiorenne, Bergomi si trova a calcare i campi della massima espressione calcistica mondiale, stabilendo subito un record: diventare il più giovane giocatore azzurro a prendere parte ad una kermesse iridata. Sarà solo l’inizio: il resto il suo trascorso calcistico si riempirà di traguardi e soddisfazioni, stabilendo svariati primati. All’età di trentaquattro anni, sette anni dopo l’ultima convocazione, prende parte e disputa il Mondiale transalpino del 1998, giocando da titolare tre gare su cinque: contro l’Austria nella fase a gironi, agli ottavi contro la Norvegia e i quarti contro i cugini francesi. Nonostante il trascorrere degli anni, Bergomi resta un atleta dalle spiccate doti tecniche e suprema eleganza, doti che lo hanno reso un’icona simbolo del calcio degli anni ’80 e ’90.

6. Philipp LAHM

Talento indescrivibile. Cresce nelle giovanili del Bayern Monaco, dove fin da piccolo si mette in mostra. Nel 2003 viene promosso in prima squadra, ma la troppa concorrenza gli sbarra la strada. Passa allo Stoccarda in prestito per “farsi le ossa”, dove rimarrà per ben due stagioni. Al termine di esse, rientra alla casa-madre ed esordisce all’Allianz Arena con uno spirito da leader già formato, che lo vedrà tra i protagonisti guidando i bavaresi verso numerosi successi. Fra gli innumerevoli trofei spiccano la Champions League del 2013 ed il Mondiale 2014 conquistato da capitano con la Mannschaft. Si ritira dal calcio giocato tre anni più tardi, dopo aver disputato fra le mura amiche la gara di campionato con il Friburgo.