Privacy Policy Il giorno in cui Le God sbagliò l'unico rigore della sua vita

Il giorno in cui Le God sbagliò l’unico rigore della sua vita

14 Ottobre 2020

Cosa è la felicità? E che prezzo ha? Un ragazzone nato il 14 ottobre del 1968 ha impartito dal 1986 al 2002 una lezione che ha ben poco a che spartire con il calcio moderno, quello che ad ogni sessione di mercato lascia strascichi e ferite che difficilmente si rimarginano. Per tifosi e appassionati, ovviamente. È una storia che oggi sembra quella di un extraterrestre, quella di Matthew Le Tissier, tra i più grandi calciatori inglesi di sempre. Una parabola di un Vangelo insegnato, parlato e spesso cantato sul manto verde dello storico stadio del Southampton, i Saints, tanto per restare nella sfera evangelica. La storia di un calciatore che alla carriera, ai soldi, alle coppe europee, al richiamo delle grandi della Premier che più volte si sono presentate dalle parti di Southampton per presentare offerte per portarlo via dal The Dell ha sempre detto no. Sempre. Fatica sprecata quella di Manchester United, Liverpool, Arsenal, Tottenham e compagnia. Il motivo lo ha spiegato in maniera sublime Graeme Souness, vecchia conoscenza del nostro calcio ed ex tecnico di Le Tissier. “Whatever it is he might have achieved elsewhere, he was very happy at Southampton – and what price is happiness?”. Avrebbe potuto ottenere qualsiasi cosa ovunque, il buon Matt. Scudetti, coppe, trofei, e forse pure un Pallone d’Oro, chissà. Solo che era felice al Southampton. E lì è rimasto, fino alla sua ultima partita, fino al suo ultimo gol. Lì, al The Dell, anche quando ha sbagliato l’unico rigore di una carriera giocata sotto il cielo grigio dell’Inghilterra del Sud. 

“Benvenuti nella Casa di Dio”

E perché cercarla altrove, quando con la maglia a strisce biancorosse il tuo popolo ti chiama Le God, e sui cancelli del tuo stadio qualcuno ha appeso, e lasciato lì per anni, il cartello “Benvenuti nella Casa di Dio”? Una divinità tutta pagana e tremendamente umana, nata a Saint Peter Port, capitale dell’Isola di Guernsey, pezzo di terra in mezzo alla Manica, davanti alle coste francesi ma sotto la Corona Inglese. Perché in ben pochi, a guardarlo, avrebbero potuto soltanto pensare di trovarsi davanti ad uno dei più grandi calciatori inglesi di sempre. Un metro e 85, 86 chili, talvolta rotondetto, spesso gioca da fermo privilegiando la tecnica alla forza, con buona pace della grande corsa tipica delle gare di qualsiasi campionato inglese. Un atleta modello? Neanche per sogno. Matt, in quanto Le God, se ne sbatte, e dribbla, corre e lancia anche e spesso da fermo, saltando avversari a frotte e tirando in porta con entrambi i piedi (il destro è il suo piede prediletto). Del resto, è uno che segna tanto, e che fa segnare. Uno di quei calciatori universali che farebbero le gioie di qualsiasi squadra. Uno che segna gol spesso completamente al di fuori della realtà, facendoli sembrare di una semplicità quasi disarmante. Very british nell’aspetto, del tutto fuori contesto, e per questo cruciale, nell’economia e nella filosofia di gioco di venti e più anni di Southampton. Uno che è infallibile sui calci piazzati. Con una piccolissima futile eccezione, che, viste le statistiche di Le Tissier, non può non essere raccontata. E poco male se non è mai scattato il feeling con la nazionale, forse unico vero rimpianto della carriera di Matt. Otto presenze, niente Europei, niente Mondiali. La Casa di Dio è al The Dell, e lì resta. Cuore di Southampton. 

Anche gli dei sbagliano (ma soltanto una volta…)

È il 24 marzo 1993 quando si compie l’inevitabile, che probabilmente toglie anche un bel peso dalle spalle di Matthew, conscio che prima o poi sarebbe successo. A Southampton arriva il Nottingham Forest, e Le Tissier ha l’opportunità di proseguire la sua incredibile scia di rigori segnati, frutto di allenamenti mirati, terminati soltanto dopo venti penalty segnati al portiere, al quale Matthew aveva detto dove avrebbe tirato. Maglia numero 7 sulle spalle – numero che per il calcio inglese ha un significato profondo – e rincorsa. Sguardo dritto verso l’estremo difensore avversario Mark Crossley, uno che sta per entrare nella storia. Le God tira, il portiere respinge. The Dell muto per alcuni secondi, il tempo di riprendersi dallo shock e tornare subito ad acclamare quella divinità con la maglia a strisce bianco e rosse. Quello contro il Forest è l’unico rigore sbagliato da Le Tissier nella sua carriera, quarantasette reti segnati su quarantotto penalty calciati. Un peccato veniale – alla fine il Nottingham vince (segna pure Roy Keane) ma retrocede a fine campionato – che prima o poi sarebbe dovuto accadere. Resta la media paranormale di realizzazioni dal dischetto. Un errore perdonato subito da tutti, ma inevitabilmente nella storia. Così come il portiere che ha osato fermare l’ascesa di Le God.

Le God e i Saints, binomio perfetto

Matthew prende la via di Southampton nel 1985, con l’esordio in prima squadra nel 1986. Esordio chic, da predestinato: Coppa di Lega ad Old Trafford, i Saints vincono per 4-1 contro il Manchester United con doppietta di Le Tissier. È il 4 novembre 1986, e inizia così il Vangelo di Le Tissier con la maglia biancorossa. Un’avventura durata fino al 2002, in mezzo 443 gare di campionato e 161 gol. Gol mai banali, dribbling, pallonetti, tiri dalla distanza, punizioni sotto l’incrocio. Una storia d’amore che non ha mai conosciuto freni, che ha visto Shearer come compagno da servire in attacco per un po’ di tempo e tante stagioni dolci e amare, memorabili e da dimenticare. Tutte all’ombra del The Dell, fino all’ultimo respiro di quell’impianto glorioso.

You are now entering The Dell

È il 19 maggio del 2001 e lo stadio dei Saints si appresta a vivere la sua ultima sera di gala, prima di lasciare spazio al Saint Mary’s Stadium. Matthew inizia a vedere la fine della sua avventura, tormentato da acciacchi e infortuni. Ha trentatré anni, e ha dato tutto per il Southampton. Serve una ultima magia, una di quelle a cui i tifosi dei Saints sono stati abituati per tantissimi anni. Le God è in panchina. Davanti a lui l’Arsenal di Arsene Wenger, Henry, Bergkamp, Kanu, Ljungberg e Pires. Bella gara, siamo sul 2-2. È il minuto settantaquattro, Le Tissier entra in campo. È appesantito, imbolsito, fuori forma. Sulla carta e per gli altri ovviamente. Come raccontano le cronache e come si sente ancora nelle telecronache di quella gara, sta per succedere qualcosa di assurdo. Divino, in effetti. Perché sempre di Le God stiamo parlando. Al minuto ottantanove Le Tissier segna da par suo il gol del 3-2, quello della vittoria per il suo Southampton nell’ultima gara all’interno del teatro dove tante magie ha regalato. Controllo e destro, sotto l’incrocio ovviamente. Scritto nelle stelle. E non poteva decisamente essere altrimenti. L’ultima apparizione di Le Tissier con la maglia del Southampton è datata 30 gennaio 2002, contro il West Ham. L’anno successivo gioca con la maglia dell’Eastleigh, ultima corsa prima del ritiro. È apparso su un campo di calcio dieci anni dopo: ha giocato una partita con la squadra di Guernsey.

La “preghiera” di Xavi

Chi di noi non ha seguito quei programmi così belli che proponevano i gol degli altri campionati? Io ricordo l’appassionante Settimana Gol, su Tele+2, quando ancora era tutto gratuito. Lo stesso accadeva a Barcellona. E a guardare le gesta di Le God c’è un ragazzo che si farà. Il suo nome è Xavi Hernandez. E che per ora ammira in televisione le gesta di quel ragazzone con il 7 sulle spalle, che sembra fuori forma, ma che dribbla uomini su uomini senza quasi correre. Padrone del gioco, padrone di una tecnica fuori dal comune che avrebbe potuto portarlo sui più prestigiosi palcoscenici d’Europa. Ma non è questo quello che interessa a Le Tissier. Ed è proprio questo che lo rende immortale. Metà divinità. L’altra metà, semplicemente, uno di noi. 

Il vangelo secondo Le Tissier

Un pesce grande nello stagno piccolo. Questo è quello che in molti hanno rimproverato a Matt, che dal canto suo non si è mai nascosto. «Amavo essere al centro dell’attenzione, sentire la pressione delle aspettative che la gente riponeva nei miei confronti. Non ho mai sopportato l’idea di deludere queste persone, volevo farle divertire. Vincere è grandioso ma non è mai stato tutto per me, e credo che sia stato questo a rendermi diverso dagli altri. Non sono mai stato un buon perdente, non mi piaceva perdere, ma c’era una parte di me che voleva dare spettacolo, far apparire un sorriso sul volto della gente. E mettere spesso un pallone sotto l’incrocio da venticinque metri mi sembrava un buon modo per riuscirci». Verrebbe da dire Amen, visto che parliamo di un calciatore che hanno chiamato Le God per tutta la sua carriera. E a guardare le gesta di Le Tissier e a ricordare anche quel suo unico rigore sbagliato, non c’è da chiedersi perché. Matthew, uno che ha ricevuto la grazia di un talento innato. E che nessuna sirena ammaliante è mai riuscita a catturare. Del resto, spesso le divinità sono umili e scelgono palcoscenici lontani dalla ribalta per rivelarsi e portare gioia. Come un pallone sotto l’incrocio da venticinque metri. Come un solo rigore sbagliato su quarantotto calciati. Come scegliere Southampton e dire no alle grandi d’Inghilterra. Come Matthew Le Tissier, Dio di un calcio che oggi è più lontano che mai. E che ci manca, altroché. 

Yari Riccardi

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