Privacy Policy Ritorno al futuro: quando Napoli-Atalanta valeva più di un trofeo, tutto nasce da qui

Ritorno al futuro: quando Napoli-Atalanta valeva più di un trofeo, tutto nasce da qui

2 Luglio 2020

Ora è una sfida d’alta classifica. Qualche anno fa ha rappresentato il fantastico atto finale di una stagione indimenticabile per entrambe le squadre. Mentre l’Atalanta di Gasperini continua a stupire e il Napoli di Gattuso continua nella sua costante risalita in classifica, e tutti attendono quello che ha tutta l’aria di rappresentare il big match della tre giorni di campionato, noi abbiamo fatto un salto indietro di trentatré anni, tornando alla stagione 1986-87. Forse non dobbiamo raccontarvi troppe cose, forse tante cose le sapete già più e meglio di noi, ma resta il fatto che la finale di Coppa Italia tra gli orobici e il Napoli di Maradona è, e non può essere altrimenti, un pezzo di storia del nostro calcio, quello che piace a noi, e come tale va raccontato in un certo modo. Perché ci sono due stagioni completamente differenti da ricordare. Il tutto in un torneo che ha visto, quell’anno, non soltanto il dominio partenopeo, ma anche il primo Milan di Silvio Berlusconi presidente, l’esordio in Serie A di Roberto Baggio, l’ultima stagione da calciatore di Platini, Virdis capocannoniere, Donadoni al Milan che lo soffia alla Juventus, Trapattoni all’Inter, Boskov e Cerezo alla Sampdoria e il Totonero Bis.

La marcia trionfale degli azzurri verso il primo tricolore

Garella e Di Fusco, Bruscolotti e Ferrara, Bagni e De Napoli, Giordano, Carnevale e ovviamente Maradona, e Ottavio Bianchi in panchina. Può una squadra con questi nomi non vincere tutto? Non può e infatti il Napoli nella stagione 1986-87 è stato dominatore incontrastato del campionato e della coppa nazionale. Dopo l’iniziale testa a testa con la Juventus, è cruciale per le sorti di quel torneo la data del 9 novembre del 1986, quando a Torino il Napoli vince per 3-1: dopo il vantaggio di Michel Laudrup, sono Ferrario, Giordano e Volpecina a ribaltare la partita in poco più di quindici minuti. Da quel momento in poi il Napoli si prende la vetta, rintuzzando la risalita dell’Inter, che cede però il passo dopo la sconfitta sotto la neve di Verona (Altobelli e doppietta di Elkjaer per l’Hellas: la squadra di Bagnoli a fine campionato è quarta). Il Napoli chiude con quindici vittorie, dodici pareggi e tre sconfitte (contro Fiorentina, Inter e Verona). È il primo Scudetto. Per Maradona i gol in campionato sono dieci. Le magie? Impossibile contarle.

Le contraddizioni nerazzurre

Cesare Bortolotti presidente, Nedo Sonetti in panchina, in squadra gente come Carlo Osti, Cesare Prandelli, Walter Bonacina, Diego Bortoluzzi, Ottorino Piotti, il capitano Marino Magrin, Glenn Peter Strömberg e Trevor Francis, Giuseppe Incocciati, Aldo Cantarutti, Giuseppe Compagno e qualche gara di Lamberto Piovanelli. Squadra di tutto rispetto la Dea del 1986-87, come dimostra la corsa in Coppa Italia. Un valore che non è invece riuscita a dimostrare in campionato, chiudendo al quindicesimo posto, dunque penultima, davanti all’Udinese e dietro al Brescia. Stagione fatta di pochi alti e molti bassi, con la retrocessione che arriva proprio all’ultima giornata, quando l’Atalanta cade a Firenze e contemporaneamente – è ancora il tempo delle partite che si giocano tutte insieme e tutte nello stesso momento – l’Empoli vince a Como (i lariani vera sorpresa di quel campionato insieme all’Avellino).

La Coppa Italia 1986-87: la formula

Un torneo che oggi sarebbe impensabile riproporre, ma che racconta un calcio così diverso da quello di oggi che sembra impossibile crederci. Otto gironi, 48 squadre partecipanti, poi le gare ad eliminazione diretta, le prime otto qualificate del campionato 1985-86 come teste di serie dei vari raggruppamenti. Il resto è storia, in una competizione che ha espresso non poche sorprese. Basti solo pensare che le semifinaliste insieme ad Atalanta e Napoli sono state Cremonese e Cagliari, entrambe in Serie B, con gli isolani addirittura retrocessi a fine stagione in serie C1 (i rossoblù con cinque punti in meno a causa del Totonero). Altro calcio, altre storie. Oggi di fatto irripetibili.

Il torneo della Dea

La banda di Nedo chiude in vetta al girone sei della manifestazione: in cinque gare l’Atalanta ne vince due e ne pareggia tte, mettendo insieme sette punti che valgono il primo posto a braccetto con il Brescia, all’interno di un girone che vede anche la presenza dei “cugini” della Virescit Boccaleone e di Genoa, Messina e Palermo. La Dea parte con la vittoria nel derby contro i viola (decisivo Incocciati) e il bis a Palermo (Incocciati, Barcella e Francis i marcatori). Pareggio a reti bianche contro il Genoa e pirotecnico 3-3 contro il Messina di Totò Schillaci, che segna una delle tre reti della squadra siciliana, alle quali rispondono Magrin, Cantarutti e Strömberg. Il girone si chiude con lo 0-0 nel derby contro il Brescia. Inizia così la fase ad eliminazione diretta: l’Atalanta incontra la Casertana agli ottavi, vincendo per 2-1 tra andata e ritorno (Progna e Francis i marcatori). Ai quarti è la volta del sorprendente Parma di Arrigo Sacchi, reduce dalla vittoria contro il Milan nel turno precedente: anche i gialloblù pagano dazio al gioco di Sonetti: l’Atalanta segna con Magrin e vince a Bergamo per 1-0, impattando poi 0-0 nel ritorno in trasferta. Stessa storia in semifinale: andata vittoriosa in casa contro la Cremonese (decide la doppietta di Incocciati) e ritorno “di contenimento” allo Zini. In finale c’è il Napoli di Maradona.

Il Napoli le vince tutte

Campionato e Coppa Italia, dove gli azzurri di Ottavio Bianchi hanno vinto tutte le partite disputate. Un primato ad oggi ancora imbattuto quello messo a segno dalla squadra di Maradona nella memorabile stagione 1986-87, che oltretutto ha visto nella coppa nazionale anche un en-plein nei primi tre posti nella classifica dei cannonieri della manifestazione: Bruno Giordano con dieci reti, poi Maradona e Carnevale. Il Napoli è protagonista del girone 5, con Lazio, Cesena, Lanerossi Vicenza, Taranto e SPAL: dieci punti e cinque vittorie. Bagni e Maradona stendono la SPAL alla prima giornata, poi la vittoria a Roma contro la Lazio, ancora Diego dopo la rete di Carnevale, poi De Napoli decisivo a Taranto, il 2-1 casalingo contro il Lanerossi Vicenza con i gol di Muro e Giordano e l’ultima vittoria contro il Cesena, nella quale segnano Carnevale, Maradona e Bagni. Una corsa che non si ferma neanche nella fase degli scontri diretti: 3-0 in casa e in trasferta contro il Brescia (Maradona, Muro e Giordano al San Paolo, Carnevale e doppio Giordano al Rigamonti), altra goleada ai quarti conto il Bologna (Giordano, Carnevale e Maradona a Napoli, 4-2 al Dall’Ara con la doppietta di Giordano, Caffarelli e Maradona, con uno dei due gol rossoblù firmati da Marocchi). Un ritmo impressionante e un incredibile numero di reti segnate che si conferma anche nella semifinale contro il Cagliari (che aveva appena eliminato la Juventus): Maradona decide al Sant’Elia, a Napoli è goleada con Carnevale, doppietta di Giordano e Muro. Una dimostrazione di forza e di superiorità davvero super: nell’ultimo atto della Coppa Italia c’è l’Atalanta di Nedo Sonetti.

Finale senza storia

Troppo differenti i valori in campo per dare vita ad una finale equilibrata. Se lo è stata certamente per grinta e tenacia, molto meno nel punteggio e nell’esito, mai in discussione. È il 7 giugno del 1987 quando al cospetto dei nuovi Campioni d’Italia del Napoli arriva l’Atalanta appena retrocessa per la finale di andata della Coppa Italia. Al San Paolo il signor Redini di Pisa è l’arbitro del 3-0 partenopeo. Il Napoli la chiude in dieci minuti: apre Renica al 67’, il neo-entrato Muro fa il bis quattro minuti dopo e Salvatore Bagni chiude il conto al 77’ minuto. Il ritorno, una settimana dopo, è deciso dalla rete di Giordano a cinque minuti dal termine: per il Napoli è l’accoppiata Scudetto-Coppa Italia, per l’Atalanta la fine di una stagione caratterizzata da tanti bassi e da pochi alti, con il picco della finale di Coppa raggiunta e con l’abisso della retrocessione all’ultima giornata.

Una Coppa delle Coppe da “cadetti”

Retrocessa ma qualificata alla Coppa delle Coppe 1987-88. Questo il destino dell’Atalanta, protagonista nella stagione successiva a quella finale di una pronta risalita in Serie A (in panchina c’è Emiliano Mondonico) e soprattutto di una straordinaria avventura in Coppa delle Coppe, visto che il vincitore della coppa nazionale, dunque il Napoli, avrebbe disputato la Coppa dei Campioni. L’Atalanta entra nella storia, perché diventa suo il miglior piazzamento di sempre nelle coppe europee da parte di una squadra che non disputa – in quella stagione – il campionato della massima categoria nazionale. L’esordio più duro del previsto con gli onesti ed entusiasti mestieranti gallesi del Merthyr Tydfil – Progna in rete all’andata, Garlini e Cantarutti al ritorno – è la scintilla che dà il via ad una indimenticabile avventura che passa attraverso le vittorie con OFI Creta (sconfitta in Grecia, al ritorno la ribaltano Nicolini e Garlini), il trionfo contro lo Sporting Lisbona, sconfitto a Bergamo con i gol di Nicolini e Cantarutti e l’1-1 in terra lusitana. Un passaggio trionfale in semifinale, dove ad attendere la Dea ci sono Malines, Ajax e Marsiglia. Sono i belgi l’ultimo ostacolo verso una storica finale, ma le due sconfitte per 2-1 sia in trasferta che in casa mettono fine alla splendida avventura europea del gruppo del Mondo. E in finale l’Atalanta c’è stata, anche se soltanto per qualche minuto: esattamente per più o meno un quarto d’ora, quanto è passato dal vantaggio siglato al ritorno da Garlini – Oliviero bomber vero – e il pareggio nella ripresa da Rutjes, prima del vantaggio definitivo di Emmers.

La prima volta in Coppa dei Campioni e Maradona capocannoniere in campionato

Dopo quella finale di Coppa Italia vinta, e dopo il primo e storico scudetto, gli azzurri del presidente Ferlaino e del mister Ottavio Bianchi giocano per la prima volta la Coppa dei Campioni, avventura che certamente avrebbe potuto iniziare contro un avversario migliore. Il primo passo del cammino europeo ha il nome del Real Madrid e lo scenario del Santiago Bernabeu (in quell’occasione a porte chiuse per squalifica). I Blancos hanno più esperienza e il fenomeno Maradona può poco o niente contro una squadra che vede in campo, tra gli altri, Sanchis, Butragueño, Michel, Santillana e Martin Vazquez: vincono i madrileni per 2-0, con il rigore di Michel e l’autorete di De Napoli. Il ritorno al San Paolo è di scena davanti a più di ottantamila spettatori: gli azzurri vanno in vantaggio con Francini, pareggia Butragueño. Il sogno della Coppa dei Campioni finisce così. In campionato gli azzurri, rinforzati da Careca (con Maradona e Giordano nasce così il trio Ma.Gi.Ca.), sono campioni d’Inverno e sembrano pronti per bissare lo scudetto di un anno prima. Il crocevia del destino tuttavia arriva il 1° maggio del 1988, quando il Milan di Sacchi, diretto inseguitore dei partenopei, vince per 3-2 a Napoli (doppio Virdis e Van Basten per i rossoneri, Maradona e Careca per gli azzurri). La squadra di Bianchi si ferma – l’ultima vittoria è quella del 10 aprile contro l’Inter – e perde anche le gare successive a quella con il Milan, contro la Fiorentina e contro la Samp, chiudendo così al secondo posto dietro i rossoneri. Maradona è capocannoniere della Serie A con quindici gol.

Un incredibile crocevia di storie, nomi, partite e destini. Cadute e risurrezioni, incredibili avventure in giro per l’Europa, grandi vittorie in campionato e delusioni cocenti. Atalanta e Napoli nella stagione 1986-87 e in quella successiva hanno dato vita a pagine davvero irripetibili della storia del nostro calcio. A guardare i nomi, parliamo di una vita fa, ma quel che ci ha colpito in questa storia che vi abbiamo raccontato è come, spesso, a vincere non siano sempre i soliti o i favoriti. È una delle poche regole del calcio che non sono cambiate col passare degli anni. Il primo scudetto del Napoli, la Coppa delle Coppe da “cadetta” della Dea sono semplicemente conferme che il pallone è sempre rotondo, e rotola sempre allo stesso modo. E Atalanta-Napoli di oggi, con i bergamaschi lanciati in classifica e con gli azzurri in costante risalita, dimostra che spesso grinta, testa e cuore hanno la meglio su soldi e fama. Ed è questo quello che continua a far breccia nei cuori di milioni e milioni di appassionati di calcio, ogni giorno, tutti i giorni. Ieri e come oggi.

di Yari Riccardi

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