Privacy Policy La tripletta più illusoria della storia (soprattutto per i tifosi interisti)

La tripletta più illusoria della storia (soprattutto per i tifosi interisti)

7 Settembre 2021

Il 1992 rappresentò un anno di forti, profondi cambiamenti socio-culturali ed economici. Il 7 febbraio di quell’anno, infatti, fu firmato il Trattato di Maastricht che pose le basi per quella che in futuro sarebbe diventata la vera Unione Europea. Venne istituito il principio della libera circolazione e soggiorno delle persone all’interno del perimetro dell’allora Comunità Economica Europea e, a cascata, questa norma ebbe naturali conseguenze nella vita quotidiana di tutti i cittadini del Vecchio Continente.

Anche il calcio, ovviamente, non fece eccezione e le limitazioni alla circolazione dei giocatori stranieri nel nostro campionato subì un netto incremento. Se fino all’anno precedente le squadre potevano tesserare al massimo tre giocatori esteri, dal 1992-93 questo principio rimase parzialmente intatto: i club erano liberi di tesserare calciatori stranieri, ma con l’obbligo di schierarne al massimo tre nella distinta del pre-partita da consegnare all’arbitro. Si aprirono, così, i cancelli ad un cospicuo numero di giocatori (futuri campioni o carneadi) che ingrossarono le fila del contingente straniero delle diciotto regine della Serie A.

A Milano, sulla sponda nerazzurra, c’era voglia di rifondazione. L’epopea dei tre tedeschi terminò nell’estate di quell’anno e la necessità di dimenticare il fallimento di Orrico obbligava il presidente Pellegrini ad operare in maniera radicale per rifondare un nuovo corso sulle ceneri della stagione precedente. Così, furono prelevati dalla Juventus il terzino Luigi De Agostini e Totò Schillaci, mentre il centrocampo venne irrobustito con gli innesti di Matthias Sammer dallo Stoccarda e del propulsore del Foggia dei Miracoli: Igor Shalimov. Salutati Brehme, Matthäus e Klinsmann, l’operazione di maquillage in avanti portò il sinistro al fulmicotone di Ruben Sosa e soprattutto il morso del Cobra della Stella Rossa: Darko Pancev.

L’innesto del centravanti macedone fu salutato come una grandissima operazione di mercato: il centravanti dell’ex Jugoslavia garantiva la giusta dose di cattiveria sotto porta e la sua fama di sgusciante rapinatore d’area gli valsero il soprannome che si portò dai Balcani. In dote portava con sé anche la giusta esperienza per far breccia in Europa: vincitore della Coppa dei Campioni nel 1991 con la Stella Rossa, Scarpa d’Oro in carica e secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro 1991, dietro a Papin – che quell’anno finì sulla sponda rossonera del Naviglio – insieme ex aequo proprio con Matthäus e i connazionali Savicevic – idem con Papin – e Prosinecki.

Le premesse per una stagione promettente c’erano tutte. Non c’era che da tramutare le sensazioni in fatti. E l’occasione, in pieno stile da Cobra, fu prontamente colta dal nuovo numero nove dell’Inter che sfruttò il secondo turno della Coppa Italia 1992-93 per mostrarsi all’opera dinanzi ai suoi nuovi tifosi. Era il 26 agosto e la Beneamata fu chiamata a giocarsi il passaggio del turno al Mirabello, il vecchio stadio dove batteva il cuore della Reggiana. È pur sempre calcio d’agosto, è vero, ma per Darko era ora del primo esame.

Come andò? Un vero e proprio trionfo. Il match terminò 4-3 per gli interisti e a mister Bagnoli, chiamato a risollevare le sorti e il morale del popolo nerazzurro, sembrò di aver trovato il suo nuovo Preben Larsen Elkjaer o il suo nuovo Tomas Skuhravy. Infatti, il Cobra riuscì a mettere in mostra un amplissimo repertorio di giocate, mettendo a segno addirittura una tripletta nel giorno del battesimo del fuoco: gol di rapina su un’indecisione della difesa avversaria, incornata di testa ad incrociare un cross teso dalla sinistra e preciso radente mancino a battere Bucci in controtempo.

Sembrava fosse un Cobra e invece era un Ramarro. Eh sì, perché Darko non impiegò molto per terminare la sua metamorfosi e far accorgere i suoi tifosi che quel flirt con la porta avversaria non era altro che un abbaglio di fine estate. Dopo un’ulteriore doppietta del match di ritorno, infatti, la vena realizzativa di Pancev si esaurì immediatamente e, anzi, mise in mostra tutte le incertezze e le difficoltà patite all’impatto con il “vero” campionato italiano. La sua storia, ormai, è quasi diventata leggenda e gli conferiscono – quasi all’unanimità tra i tifosi di fede interista – il premio di peggior acquisto nella storia recente dell’Inter.

Tuttavia, eccovi qui il video della sintesi di quella partita dai tratti inenarrabili. C’è chi dice di aver visto Nessie nel lago di Lochness, chi di aver visto Bigfoot. I diecimila del Mirabello potranno dire di aver visto la tripletta di Pancev. Che ci si creda oppure no. Quale miglior regalo di compleanno per il Cobra?

di Nando Di Giovanni

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