Se vi diciamo Lucas Castroman vi può venire in mente solo questo (VIDEO)
1 Ottobre 2021
29 aprile 2001. Mancano sette giornate alla fine del campionato e la Roma è saldamente in testa alla classifica a +6 sulla Juventus e +7 sulla Lazio. Nel pomeriggio i Bianconeri si sono fatti fermare sul pari dal Lecce di Conticchio, un 1-1 maturato dopo due pali colpiti da Inzaghi, uno dei quali fallendo un calcio di rigore. I Giallorossi hanno quindi la grande occasione: battere i rivali cittadini e virtualmente scrivere la parola “fine” sul discorso scudetto.
La gara del posticipo, affidata al fischietto di Braschi, è molto fisica per non dire cattiva: gli interventi di Pancaro su Totti e dello stesso numero 10 su Nedved probabilmente in tempo di VAR sarebbero da rosso diretto. Il primo tempo, dunque, si rivela molto muscolare, basato sui nervi più che sul gioco. Ne vien fuori uno 0-0 avaro di emozioni.
Nella ripresa, come spesso accade, il derby si accende grazie a due lampi. Prima la corsa di Delvecchio, il quale in posizione di ala sinistra crossa al centro, innescando la zampata del Re Leone, pronto a insaccare: Batistuta può così scaricare la sua mitraglia sotto la Curva Sud. Passano cinque minuti e la Roma trova il raddoppio: lancio delizioso dalla trequarti di Cristiano Zanetti per Delvecchio, tocco preciso in acrobazia e sfera all’angolino, dove Peruzzi non può nulla. Si va alla bandierina con le mani dietro le orecchie. La Lazio a quel punto si riversa in avanti, Zoff inserisce El Piojo Lopez e Castromán, mosse della disperazione; a quindici minuti dal novantesimo siamo ancora 2-0.
Ma i Biancocelesti hanno lo scudetto cucito sul petto e non intendono regalarlo all’altra sponda del Tevere senza vender cara la pelle: su una ribattuta dopo una punizione messa in mezzo da Mihajlovic, Nedved dal limite carica di rabbia il sinistro e buca la rete difesa da Antonioli. A quel punto saltano gli schemi e piovono occasioni da ambo le parti, ma si resta con il minimo vantaggio della capolista fino al 95’. C’è un’ultima possibilità: calcio d’angolo di Sinisa, prolungato per scongiurare la minaccia. La palla, però, finisce poco fuori area, dove la aspetta Lucas Martín Castromán.
Qui ci dobbiamo fermare un attimo: Lucas è stato descritto come uno dei più promettenti giovani argentini del momento, uno che potrebbe fare le fortune delle Aquile per anni e che sarebbe tranquillamente in grado di conquistarsi un posto fisso in nazionale. In effetti la sua prima stagione italiana è discreta, la fase d’ambientamento è conclusa e ha una gran voglia di spaccare il mondo.

Adesso possiamo premere “play”: Castroman si avventa sull’ultimo pallone dell’incontro, si coordina alla perfezione e spara un missile rasoterra a fil di palo di mezzo esterno destro. 2-2. La Curva Nord esplode, l’Olimpico rimbomba, il ventenne centrocampista di Lujan urla una gioia incontenibile.
Rimarrà nell’immaginario collettivo, soprattutto di marca laziale, come un acuto isolato: promessa dal futuro roseo secondo Don Balon, Castroman, senza saperlo, aveva raggiunto in quell’istante il punto più alto della sua parabola calcistica, idolo assoluto che aveva quasi fatto perdere lo Scudetto alla Roma di Capello. Presto però diventa oggetto misterioso, poi esubero, infine tornerà in America Latina senza graffiare più come accadde in quella stracittadina mai dimenticata.
Buon compleanno Lucas, eroe di un derby di vent’anni fa: quando un gol vale (quasi) una carriera.
di Lorenzo Andorlini

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