Julio Ricardo Cruz: il nemico numero uno della Juventus
10 Ottobre 2021
Santiago del Estero è una tranquilla città argentina a circa mille chilometri dalla capitale Buenos Aires e dal calcio che conta, quello del River Plate o del Boca Juniors per intenderci. Julio Ricardo Cruz nasce in questa regione il 10 ottobre 1974 e mai avrebbe immaginato di prendere un aereo per l’Europa per diventare centravanti dell’Internazionale. Gli esordi calcistici in Primera Division ci fanno tornare agli anni ’90, la nazionale Albiceleste poteva contare ancora su Maradona e il piccolo genio di Rosario, LionelMessi, si stava allenando per diventarne erede spirituale.
Banfield è la periferia del grande calcio argentino ma per Julio le porte del River Plate si spalancano davvero. L’anno è il 1996: si contano due tornei conquistati (Apertura 1996 e Clausura 1997). Le diciassette marcature in ventinove presenze fanno di Cruz uno degli astri nascenti del calcio sudamericano.
Approdare in Europa per consolidare il talento è solo una logica conseguenza. Cruz atterra a Rotterdam nell’agosto 1997 e con la maglia del Feyenoord arrivano i primi gol in Eredivisie e Champions League. Con la casacca biancorossa del club della Mosa l’argentino vince il campionato nel 1998-99 e per trovare il Feyenoord nuovamente in vetta bisogna aspettare il 2015-16.
El Jardinero battezza la Juventus con una doppietta in Champions League, 26 novembre 1997e il richiamo del calcio italiano non si fa attendere. Passano poco più di due anni prima di ritrovare Cruz tra gli habitué dei nostri discorsi. I primi calci ad un pallone in Serie A si tramutano in tre stagioni con la maglia del Bologna: ventisette gol in ottantotto presenze. Un buon bottino per un esordiente in Serie A, abituato a segnare quindici gol a stagione in Eredivisie: la prima marcatura italiana arriva alla terza giornata contro il Napoli. El Jardinero sa di avere una missione, una missione iniziata in una fredda notte olandese del 1997. Nei film americani tifiamo gli eroi, ma ci innamoriamo dei Villains, siamo un po’ Luke Skywalker ma sotto sotto ci sentiamo a nostro agio con Darth Vader e Kylo Ren.
La Juventus è il villain dei film americani: l’antagonista perfetta, una creatura mitologica che divora gli avversari e rinasce dalle proprie ceneri. La si ama, la si odia, la si deve per forza inserire in ogni discorso. L’iconografia juventina è tappezzata di lacrime e sfottò, di eroi capaci di sfidarla e metterla al tappeto per poi ritrovarla arzilla e pimpante nella stagione successiva, pronta a cannibalizzare il campionato.
El Jardinero punta la Juventus da lontano, impiega tre anni per incrociarla nuovamente e poi lo zampino lo mette in un Bologna-Juventus, riavvolgendo il nastro di un ricordo mai dimenticato. La Juventus incassa ma non dorme, tiene d’occhio il nemico: è ancora acerbo, ma pronto a mordere le caviglie bianconere.
Cruz si trasferisce a Milano, sponda nerazzurra. L’Inter affronta la Juventus all’undicesima giornata e il ragazzone di Santiago del Estero trova il modo di bucare l’estremo difensore juventino: realizza una doppietta storica che sancisce l’inizio di una faida sportiva lungi dal veder la fine. Cruz segna in ogni modo: testa, piede destro, piede sinistro, su rigore, su calcio di punizione. L’importante è buttarla dentro e un centravanti deve far principalmente quello.
I tori si eccitano a veder rosso, Cruz si infiamma quando vede bianconero. Un suo gol permette all’Inter di battere la Juventus nel 2004-05, ma il cuore di Cruz non è ancora appagato; passano pochi anni e la stagione 2007-08 lo vede protagonista di ben quattro gol contro gli avversari di sempre: uno in campionato e tre in Coppa Italia.
La carriera del centravanti argentino sta per chiudersi: ha collezionato ben Scudetti sulla sua bacheca conquistati con la maglia nerazzurra, insieme a un bottino di settantacinque gol in 197 gare ufficiali. Abbastanza per trovare nuovi stimoli ma non appendere le scarpette al chiodo. L’ultima stagione italiana di Cruz è nella capitale, con i nuovi compagni della Lazio e l’argentino realizza le ultime quattro marcature di una carriera ad altissimi livelli.
L’ultimo avversario battuto? Una squadra bianconera, il Siena. Perché le buone abitudini son difficili da dimenticare e poi si sa, i villain dei film americani hanno una gran capacità nel travestirsi…
di Cristian Brighenti

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