Privacy Policy 27 ottobre 1999: il vero "Gunner" è di colore viola e si chiama Gabriel Omar

27 ottobre 1999: il vero “Gunner” è di colore viola e si chiama Gabriel Omar

27 Ottobre 2021

Colonna sonora: Ken Shiro. Inevitabilmente. “Mai, mai scorderai, L’attimo, la terra che tremò, L’aria s’incendiò e poi silenzio”. E chi riesce a dimenticare quel momento, quella sera, quello stadio. Probabilmente anche i tifosi di altre squadre si sono fermate ammirate e attonite ad osservare quell’eroe con la maglia viola numero 9, circondato da un manipolo di valorosissimi soldati coordinati da un generale anziano e pluridecorato, abbattere i cannoni avversari e prendersi tutto il terreno di battaglia, quello di Wembley, il più prestigioso di sempre. E’ il 27 ottobre 1999, la Fiorentina vince a Londra contro l’Arsenal. Batistuta abbatte i Gunners, e Toldo lascia sbigottito Kanu.

Campioni d’Inverno

Nell’estate del 1998 arriva Giovanni Trapattoni sulla panchina della Fiorentina, contraddizione soltanto sulla carta, perché sul campo si genera una scintilla che fatica ad essere dimenticata. Campionato 1998/1999, la Viola è Campione d’Inverno, gioca, vince, diverte e si diverte. Toldo, Repka, Torricelli, Heinrich, Rui Costa, Edmundo, Oliveira e ovviamente Batistuta. Tutto troppo bello, e infatti come spesso accade ci si mette la sfortuna, punendo Gabriel con quello che alla resa dei conti è stato il suo primo infortunio di un certo livello: Batistuta crolla mentre corre verso Abbiati nel Fiorentina-Milan del 7 febbraio 1999, e con lui crollano le speranze scudetto dei Viola. La squadra arriva al terzo posto, raggiungendo i preliminari di Coppa dei Campioni. E’ comunque festa, con tanti rimpianti per quello che sarebbe potuto essere e che invece non è stato.

La strada verso Wembley

Per la Coppa il presidente Cecchi Gori non bada a spese e accontenta il Trap. Arrivano a Firenze Di Livio, Balbo, Mijatovic ed Enrico Chiesa, e inoltre viene confermato in toto il blocco dell’anno precedente, salvo Lulù Oliveira, di ritorno al Cagliari. Passato di slancio il preliminare contro il Widzew Lodz, la Fiorentina si ritrova nel primo girone di qualificazione con Barcellona, Arsenal e AIK Solna. Il sofferto 0 a 0 casalingo contro i Gunners, la batosta al Camp Nou, dove Amoroso e Chiesa rendono meno amari i 4 gol blaugrana, messi a segno da Figo, Luis Enrique e Rivaldo, e un nuovo 0 a 0 in Svezia rendono il cammino viola decisamente a rischio. Una boccata d’ossigeno è il 3 a 0 al Franchi contro il Solna, ma per sognare il passaggio del turno serve l’impossibile. Serve vincere contro l’Arsenal. Serve vincere a Wembley.

Minuto 75

La Fiorentina soffre. E si difende. La pressione dell’Arsenal è continua, ad entrambe serve la vittoria. Tutto lascia pensare al pareggio, quando il martello del destino si abbatte su Wembley, e lascia accadere quell’attimo che nessuno scorderà mai. La terra ha effettivamente tremato, dicono. Cerchio di centrocampo, sponda suadente di Rui Costa per Chiesa, che serve Heinrich. Il biondo tedesco si ricorda di essere stato uno dei migliori interpreti del ruolo di mancino di fascia, ma stavolta penetra al centro ed arriva alla trequarti, quasi nei pressi del limite dell’area. Doppia finta sul difensore, servizio per Batistuta sulla destra, affrontato da Winterburn, Gabriel si allunga la palla per superare l’inglese, arrivando a pochi metri dalla linea di fondo. L’aria si è davvero incendiata dietro al destro del Re Leone, che fa a schiantarsi sotto l’incrocio opposto della porta difesa da Seaman. Il silenzio di Wembley è surreale.

Minuto 86

L’Arsenal reagisce, e lo fa con veemenza. E’ il minuto 86 quando una punizione calciata dal lato destro della trequarti arriva nell’area viola. Un paio di rimpalli mettono Vieira nelle condizioni di battere a rete, tiro respinto da Kanu che si trova suo malgrado sulla traiettoria, palla recuperata dagli inglesi, Ljungberg colpisce il palo e la palla torna nell’area piccola, dove Kanu è lesto nel battere a rete. Non ha considerato la mano immensa di Francesco Toldo, che con un intervento al di fuori di ogni umana concezione devia la palla e salva la Viola. La faccia dell’attaccante nigeriano, un misto tra delusione, stupore e rassegnazione, la dice lunga su quello che ha combinato il portiere. Ecco il tabellino di quella sera:

Arsenal: Seaman, Dixon (29′ st Suker), Keown, Adams, Winterburn, Parlour (12′ st Ljungberg), Vieira, Petit (15′ st Vivas), Overmars, Bergkamp, Kanu. (13 Manninger, 14 Henry, 16 Silvinho, 29 Upson). Allenatore: Arsene Wenger.

Fiorentina: Toldo, Pierini, Firicano, Repka, Di Livio, Rossitto, Cois (1′ st Adani), Heinrich, Rui Costa, Batistuta, Chiesa. (12 Taglialatela, 7 Amor, 8 Mijatovic, 15 Okon, 18 Balbo, 21 Bressan). Allenatore: Giovanni Trapattoni.

I sogni viola infranti a Valencia

La vittoria londinese permette alla Fiorentina di passare il girone alle spalle del Barcellona, affrontato nell’ultima al Franchi in quello storico 3 a 3 con quel clamoroso gol in rovesciata di Bressan. Quella Coppa ha regalato ancora soddisfazioni ai ragazzi di Trapattoni: il 2 a 0 casalingo contro il Manchester United con le reti di Batistuta e Balbo, la vittoria ancora in casa contro il Valencia con il rigore di Mijatovic, la buona figura nonostante la sconfitta ad Old Trafford. Prima di questa la sfortunata gara al Mestalla, dove una decisione arbitrale ancora ignota priva i viola del pareggio, prima del raddoppio nel recupero di Mendieta su calcio di rigore. Quella Champions finice con lo spettacolare quanto inutile pareggio contro il Bordeaux.

Alla fine, comunque, nella memoria collettiva resta quella magica serata autunnale di Londra. Quando è stato reso possibile l’impensabile, quando l’ardore ha vinto su tutto, quando la voglia e la grinta hanno sopraffatto la magia del vecchio Wembley, lo stadio più prestigioso d’Europa. Tutto quello che è successo dopo non ha fatto altro che dare il via al percorso di una nuova Fiorentina, che nella stagione successiva ricomincia da Fatih Terim e saluta per sempre Batistuta, avviandosi senza saperlo verso il baratro di qualche anno dopo. Le lacrime di gioia cadute in quella serata londinese resteranno invece per sempre. Quando l’aria si è incendiata, la terra ha tremato, il silenzio ha invaso Wembley. Gabriel aveva abbattuto i Gunners. E aveva sbaragliato gli inglesi in casa loro. Come Braveheart.

di Yari Riccardi

Ultime storie