Privacy Policy I giovani attaccanti semisconosciuti nei videogiochi manageriali destinati alla gloria

I giovani attaccanti semisconosciuti nei videogiochi manageriali destinati alla gloria

10 Novembre 2021

Ci sono videogiochi che hanno fatto la storia delle camerette e delle scrivanie di mezzo mondo, per i quali vorresti lasciare tutto e tornare lì, con il Pentium acceso, l’odore di frittata e le pantofole che ormai ti stanno piccole. Su quella sedia o quel divano, con la ventola del processore che gira all’impazzata, con i vestiti comodi da casa, nascevano e si facevano strada veri e propri Ferguson in erba: con il mouse in mano ci sentivamo il manager calcistico più astuto di sempre e sapevamo conciliare la tattica di Rinus Michels, la lungimiranza negli acquisti di Ariedo Braida e la volontà di spendere di Roman Abramovic. Anche il Castel di Sangro con noi alla guida sarebbe potuto arrivare a contendere la Champions League al Real Madrid, dopo un sonoro 3-0 al Bayern Monaco in semifinale firmato Longhi e doppietta di Baglieri. A cavallo del Nuovo Millennio abbiamo sognato a occhi aperti con PC Calcio e Championship Manager, grazie ai quali indossavamo i panni di gestori di una società calcistica a tutto tondo, dagli sponsor ai campi di allenamento.

È stato così che abbiamo scoperto vere e proprie stelline semisconosciute, promesse che per pochi spiccioli potevano dare un contributo decisivo alla nostra squadra e portarla per mano a conquistare trofei prestigiosi. Come scout navigati, cercavamo un Håland ante litteram e lo tesseravamo puntualmente, scambiandolo con un panchinaro ultratrentenne che non convocavamo da mesi. I migliori acquisti li facevamo così, puntando sul centravanti dal nome impronunciabile che ancora minorenne aveva le potenzialità di monopolizzare il calcio internazionale per un decennio e più, un astro nascente che avremmo coltivato per fargli esprimere il suo talento appieno.

Nelle leghe più assurde, sui terreni sabbiosi di periferia, tra centinaia di mezze cartucce trovavamo lui, quel giovane che stava per esplodere, rendendo il nostro undici una corazzata da valanghe di gol e coppe in bacheca. Ovviamente i videogiochi non sono la realtà e spessissimo quel diciottenne afghano, che per i creatori della piattaforma era un fenomeno destinato al Pallone d’Oro, rimaneva la punta statica e lenta che era, nella vita lontana dal monitor un calciatore da due reti a stagione, entrambe dal dischetto.

Immergiamoci in questo mondo incantato, alla scoperta delle giovani promesse disattese, che avrebbero potuto essere ma che non erano state. Considereremo soltanto gli attaccanti, quelli che più di ogni altro ruolo catturano l’occhio sognante, spaccano le partite e determinano il successo di una squadra.

Noi abbiamo scelto questi, ma siamo pronti a leggere tutte le vostre proposte, sicuramente ne arriveranno altre decine di questi fuoriclasse.

Pa-Modou KAH (Gambia/Norvegia)

Difensore poliglotta con dieci gettoni nella nazionale scandinava e una lunga militanza nel Roda Kerkrade. Direte voi: difensore? Ma se si parlava di attaccanti? E infatti, secondo i curatori dell’editing di CM, il ventenne all’epoca in forza al Vålerenga poteva ricoprire qualsiasi ruolo tranne il portiere e l’esterno sinistro. Più duttile di Javier Zanetti, rapido e veloce, ma anche bravo nel gioco di squadra, nei dribbling e aggressivo. Poteva essere impiegato in difesa, a centrocampo, come ala destra o seconda punta, risultando sempre tra i migliori. Forse neanche lui si riconoscerebbe in questa descrizione.

Ibrahima BAKAYOKO (Costa d’Avorio)

Ha girato mezza Europa, passando per la Spagna, la Francia, Livorno e Messina. Una fugace esperienza all’Everton l’ha fatto inserire in una lista dei peggiori attaccanti di sempre in Premier League. Eppure con gli Elefanti è stato titolare inamovibile, a tratti devastante. Sicuramente non ha espresso tutto il suo potenziale, che per i videogiochi dell’epoca era praticamente sconfinato: carisma da leader assoluto, forza fisica, scatto da centometrista, tecnica sopraffina e davanti alla porta freddissimo. Insomma un Lewandowski abile anche senza palla, che avrebbe trascinato la nostra squadra di turno alla vittoria in ogni competizione.

Maxim TSIGALKO (Bielorussia)

L’archetipo del bomber di razza, giovane che per pochi euro si poteva strappare alla Dinamo Minsk, garanzia di una pioggia incessante di reti. Maxim si è ritirato a soli 26 anni per problemi alle ginocchia ed è purtroppo deceduto a 37. Ma a Championship Manager era invincibile, una macchina da gol pressoché perfetta, capace di segnare con i piedi, di testa, di rapina, con classe o in acrobazia. Si dice che in qualche carriera videoludica sia finito sul tabellino oltre duemila volte, facendo impallidire i vari Cristiano Ronaldo, Messi, Romario e Bican.

Freddy ADU (Stati Uniti)

Segni particolari: immarcabile. Talento smisurato, il ragazzo classe 1989 a quattordici anni era il sogno proibito di qualsiasi squadra del globo. Adu aveva le carte in regola per oscurare definitivamente l’aura di Pelé: un fulmine con i piedi di un rifinitore, la resistenza di un’ala, l’estro del trequartista puro e implacabile sotto porta come un centravanti di lignaggio. Però i giochi sul PC sono diversi dalla vita di tutti i giorni e Freddy, nato in Ghana ma in America fin da bambino, viene accostato ai top club europei sin da giovanissimo, senza fare il salto di qualità: viene tesserato dal Benfica ma non lascia il segno, nella sua migliore stagione segna otto gol, passa dalla Finlandia e attualmente è svincolato.

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