La rosa della Reggiana di Simutenkov
3 Aprile 2022
“…e noi scopriamo che la città è diversa da come l’avevamo immaginata fino a ieri. Questa città è inutilmente bella. Questa città zitella”. Sono le parole di Max Collini, voce degli Offlaga Disco Pax, collettivo musicale che ha segnato la strada dell’indie italiano, contenute nel brano Respinti all’uscio. Sono le parole d’amore per la sua Reggio Emilia, cuore pulsante della pianura operaia e città del Tricolore.
E sono parole che contrastano non poco con quel che accadde ormai venticinque anni fa, gettando lo sguardo a quello che la Reggiana – massima espressione locale del calcio professionistico – fu in grado di compiere durante il campionato 1996-97. Un naufragio (eufemismo) che vive tuttora di vita propria sugli almanacchi alla voce “primati negativi”. I Granata, infatti, detengono il poco invidiabile record di “minor numero di vittorie” nei campionati a diciotto squadre: due. Così come furono in grado di fare Varese (1965-66), Brescia (1994-95), Napoli (1997-98) e Ancona (2003-04).
Eppure quella stagione iniziò sotto auspici diametralmente opposti. I tifosi avevano ancora negli occhi il pronto ritorno nella massima serie dopo un anno di purgatorio fra i cadetti: la promozione, firmata da Carlo Ancelotti – all’esordio assoluto nella veste di allenatore – e impreziosita dalle gesta dei Granata nell’impianto nuovo di zecca del Giglio che ha mandato in pensione il vecchio Mirabello, faceva ben sperare i supporter emiliani.
Infatti, seppur il tecnico di Reggiolo sia finito sulla panchina degli acerrimi nemici del Parma assieme a Pietro Strada, anima e cuore dei reggiani, alla corte di Mircea Lucescu – chiamato a non far rimpiangere Carletto – sono giunti elementi di gran qualità come Angelo Carbone, Pietro Parente e il Cobra Tovalieri, assieme ad elementi d’esperienza come Grun e Beiersdorfer per rinforzare la difesa, mentre suscita curiosità l’arrivo dall’America Calì del bomber colombiano José Adolfo Valencia, forte delle esperienze con Bayern Monaco e Atletico Madrid.
Sembra che la salvezza, sia pur dura da conquistare, possa essere un obiettivo alla portata della squadra. E invece la squadra, dopo un convincente avvio di stagione durante il quale ferma i campioni d’Europa della Juventus e la Roma sul pari fra le mura amiche e fa soffrire non poco Napoli e Parma in trasferta, non ingrana. Al Giglio non perde, ma non vince nemmeno; in trasferta invece raccoglie il primo punto soltanto a dicembre sul campo del Cagliari.
A ciò si aggiunge l’infortunio di Dietmar Beiersdorfer che sembrava potesse reggere l’urto dando solidità alla squadra, ma un grave infortunio che gli causa il parziale distaccamento della retina lo mette fuori gioco e la Reggiana si scioglie come neve al sole. Il primo a farne le spese è Lucescu che viene allontanato nel mese di novembre dopo la sconfitta sul campo di Vicenza. Viene chiamato al suo posto Francesco Oddo che porta in dote ai Granata la prima vittoria nella prima giornata del 1997 sul campo di Perugia: Simutenkov è l’eroe di giornata; l’attaccante russo firma la doppietta decisiva e si ripete anche in occasione del 4-2 rifilato al Verona al Marc’Antonio Bentegodi sette giornate dopo.
È l’ultimo successo di una squadra ormai condannata alla sicura retrocessione: saranno gli unici due successi della stagione e, forse, il peggior modo di salutare la Serie A, condannandosi ad un esilio che dura tuttora.
Dopo l’exploit in Veneto, infatti, la Reggiana tira i remi in barca. Le idee sono poche e confuse. La dirigenza è in grave difficoltà a causa dei debiti che minano la stabilità finanziaria del club e si respira un’atmosfera di forte smobilitazione: i venticinque miliardi scuciti dalla dirigenza per la costruzione dello stadio Giglio pesano come macigni sul bilancio della società guidata da Franco Dal Cin e pian piano la squadra viene rivoluzionata profondamente. A gennaio s’attivano le porte girevoli e in questo caravanserraglio cercare di raccapezzarsi per Francesco Oddo non è semplice. A fine stagione saranno ben trentasei i giocatori impiegati.
Ed eccoli qui, tutti in ordine di numerazione di maglia, per ricordare le (rare) imprese di un’allegra brigata che (suo malgrado) si è resa protagonista di una storica impresa.
1. Ettore GANDINI

La retrocessione è ormai assodata, così come la sconfitta che sta maturando all’Artemio Franchi in occasione della penultima giornata di campionato. Gandini è ormai costantemente in panchina da due anni a questa parte alle spalle di Ballotta che, a fine stagione sarà sicuramente ceduto alla Lazio. Oddo sta pensando di far esordire un giovane della Primavera, ma è capitan De Napoli a segnalare al proprio tecnico che sarebbe quantomeno opportuno far esordire il ventisettenne: Gandini disputa così gli ultimi sei, inutili minuti del match contro la Fiorentina, togliendosi almeno la soddisfazione di esordire in Serie A.
2. Gianluca SORDO

Il centrocampista che si presenta alla Reggiana nell’estate del 1996 è soltanto una copia sbiaditissima del ragazzo messosi in mostra con la maglia del Torino e, dopo due anni trascorsi in sordina al Milan, Sordo prova a ripartire dalla pianura emiliana. Tuttavia, il suo apporto sarà scarsissimo sia in termini di qualità che di quantità, tanto che dopo soltanto sette partite le strade si dividono senza alcun tipo di rancore.
3. Giordano CAINI

La grinta è senza dubbio il suo biglietto da visita. E per averne la prova, vi basti rivedere l’enfasi con cui protesta all’indirizzo del direttore di gara in occasione di Reggiana-Inter dopo la sua espulsione. D’altronde è il valore aggiunto di Caini, versatile difensore mancino, capace di disimpegnarsi sia al centro che sulla fascia, che l’ha fatto saltare all’occhio di Zeman: il boemo, infatti, l’ha portato in A nel 1992 al suo Foggia, prelevandola dal Catania in Serie C1. Dopo un triennio al Pino Zaccheria, Caini trascorre un nuovo triennio sulla via Emilia, centrando da titolare inamovibile la promozione in Serie A del 1995-96.
4. Alessandro MAZZOLA

È appena iniziato l’autunno del 1994 quando la Reggiana – che milita in Serie A – preleva il mediano dal Catanzaro, impegnato nel torneo di C2. Diventa ben presto un punto di riferimento sia in campo che nello spogliatoio granata, rimanendo fino al campionato in esame, quando saluta i suoi ex compagni di squadra per approdare al Piacenza tutto italiano nel 1997.

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