“Cristian Chivu, due su due!” (VIDEO)
26 Ottobre 2021
Estate torrida, quella del 2003. La Roma è alla spasmodica ricerca di un difensore centrale. Dopo tredici anni di onorata militanza, infatti, Aldair ha lasciato i capitolini. Il primo obiettivo, con tutto il rispetto, non è neppure avvicinabile al brasiliano: Nicola Legrottaglie, rivelazione del Chievo Verona di Delneri, sembra il prescelto, ma prenderà invece rapidamente la strada di Torino, sponda Juventus.
A quel punto, il desiderio di Fabio Capello per rinforzare la sua ultima Roma diventa Lucimar Ferreira da Silva, meglio noto come Lucio. Sembra davvero tutto fatto per il suo trasferimento quando, improvvisamente, il brasiliano dichiara: «Resto al Bayer Leverkusen».
Parole lette, di prima mattina, sul servizio che vent’anni fa permetteva di aggiornarci nel modo più veloce: il Televideo, a proposito di nostalgia. Sconforto, vero. Ma il malcontento a Roma dura appena poche ore. Col passare dei minuti, infatti, la notizia diventa un’altra; l’orgoglio di Franco Sensi lo sta portando a fiondarsi su una nuova preda: Cristian Chivu, ventitré anni ancora da compiere ma già capitano e pilastro dell’Ajax, oltre che della Nazionale romena.
Gioca centrale di difesa ma può anche tranquillamente interpretare il ruolo di terzino sinistro. Senso della posizione, veloce, piede vellutato: il prototipo del difensore completo, che i più attenti avevano già notato a Euro 2000. Diciotto milioni di euro, l’esborso per rendere felice Capello e i romanisti. Gli olandesi non hanno mai problemi a vendere ma esigono garanzie bancarie: il sospirato transfer arriverà solo dopo la prima di campionato. C’è tempo, nel frattempo, per la conferenza stampa di presentazione, a Trigoria. Franco Sensi, seduto accanto al nuovo acquisto, lo chiama “Chivù”, con accento finale; lui, sorridente e felice, sfoggia già un invidiabile italiano.
Bisogna però attendere il 14 settembre per vederlo, finalmente, in maglia giallorossa in una gara ufficiale. All’Olimpico è di scena il Brescia, appena passato dal quadriennio di Mazzone al nuovo regno di Gianni De Biasi. Chivu, numero 4 sulle spalle, completa il terzetto difensivo di giornata con Samuel e Zebina. Voluto, comprato, atteso, ci mette solo quindici minuti a scaldare i cuori dei suoi nuovi tifosi. Punizione non lontano dal limite dell’area, decentrata sulla destra: la zolla perfetta per un mancino. Il sinistro di Cristian sorvola la barriera, tocca l’interno della traversa a ridosso dell’incrocio dei pali, lasciando a Castellazzi solo la disperazione per l’impotenza.
Una settimana dopo, la Roma, a punteggio pieno, va a far visita alla Juventus Campione d’Italia in carica. Partita tirata, con l’equilibrio che si spezza grazie a un cambio: Del Piero, infortunato, dopo un quarto d’ora lascia, infatti, il campo a Di Vaio, che realizzerà una doppietta. A inframezzarla – in un match che terminerà 2-2 – ancora Cristian Chivu. La mattonella della punizione vincente è la medesima della settimana prima. Questa volta, però, anziché calciare direttamente, tocca il pallone per Totti che glielo accomoda: sfera che scavalca la barriera e va a morire nell’angolino in basso alla sinistra di Buffon. «Spero di segnare tante altre punizioni», l’auspicio del romeno ai microfoni nel post-partita.
Ma come i tifosi romanisti ben sanno, alcune storie dei loro campioni prendono delle traiettorie difficili da comprendere. Reduce da un piccolo fastidio, Capello decide di far fare a Chivu una sgambata, nell’infrasettimanale di UEFA contro l’Hajduk Spalato: domenica c’è il derby e il romeno serve in forze. Entra al sessantesimo, ma dopo dieci giri di lancette viene già sostituto, per una caduta che gli provoca una sublussazione alla spalla. È l’inizio di un percorso che vedrà il suo zenit negli infortuni a ridosso del quinto metatarso del piede destro: a casa del suo manager Becali, nell’estate del 2004, Cristian pensò bene di farsi male giocando a calcio-tennis con gli amici. Il rientro a novembre fu una rapida illusione: ventisette minuti in campo, poi la decisione di operarlo di nuovo, per un recupero risultato incompleto. Appuntamento a marzo 2005: il soprannome di Cristal – o Swarovski – lo aveva ormai cucito addosso.
Meglio, di certo, gli ultimi due anni al servizio di Spalletti: proprio il giorno del venticinquesimo compleanno del romeno, Totti decise di saltare mezza Inter e depositare delicatamente la sfera alle spalle di Julio Cesar, per uno dei più bei goal mai visti in Serie A. In quel biennio, in coppia con Mexes, giocherà la Champions League (memorabile una vittoria a Lione, dove Chivu resterà in campo nonostante il naso rotto) e contribuirà a due secondi posti e alla conquista di una Coppa Italia, che mancava nella bacheca romanista da sedici anni.
La storia d’amore, dicevamo: inizio travagliato; finale praticamente con il lancio di stoviglie. Nell’estate del 2007 l’Inter si fa sotto per prendere l’ex difensore-prodigio dell’Ajax, proponendogli quasi il doppio dell’ingaggio che percepisce. Un interesse, quello nerazzurro, che gli farà addirittura rifiutare il Real Madrid, con cui il direttore sportivo Pradè si era accordato: «Ha fatto un danno incalcolabile alla Roma», le parole di rabbioso commiato per il ragazzo arrivato col sorriso.
di Diego Angelino

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