Privacy Policy Diverse leggende sono state inserite nei cinquanta peggiori acquisti della Premier League - Pagina 10 di 10

Diverse leggende sono state inserite nei cinquanta peggiori acquisti della Premier League

30 Novembre 2021

5. Adrian MUTU

L’estroso rumeno inizia la sua parabola calcistica in maniera folgorante e, tre anni prima di regalare perle con la maglia viola, passa dal Parma al Chelsea di Ranieri per circa venti milioni di euro. Nel club di Abramovich la prima stagione non va malissimo, ma all’inizio della seconda risulta positivo alla cocaina: licenziato e squalificato per sette mesi dalla Football Association. Firmerà per il Livorno via Juventus.

4. Boško BALABAN

Attaccante croato accasatosi all’Aston Villa dalla Dinamo Zagabria. In Inghilterra Balaban percepisce 1,2 milioni di euro nell’annata 2001-02, cifra tutto sommato giusta per un centravanti capocannoniere nei Balcani per due stagioni consecutive. L’esperienza a Birmingham recita: otto presenze partendo dalla panchina, 138 minuti complessivi, nessun gol messo a segno. Abbastanza per essere scaricato al Club Bruges a costo zero. Un capolavoro del calciomercato britannico.

3. Ricardo Gabriel ALVAREZ

Le pieghe magnifiche del diritto sportivo: il trequartista argentino vola da Milano sponda interista al Sunderland nel 2014 con la formula del prestito con diritto di riscatto, il quale si tramuta in obbligo a salvezza raggiunta. A causa delle ginocchia fragili di Alvarez i Black Cats tentano di rispedirlo al mittente, ma la FIFA accoglie la segnalazione dei nerazzurri e la società sulle sponde del fiume Wear è costretta a corrispondere al club del Biscione i dieci milioni di euro pattuiti, in aggiunta ai 5,6 milioni al giocatore come indennizzo. Il tutto per diciassette presenze complessive e una rete in un anno e mezzo.

2. Danny DRINKWATER

Centrocampista tuttofare nel Leicester City della stagione 2013-14, fantasma nella mediana del Chelsea. Nel 2017 viene messo sotto contratto dai Blues per trentasette milioni di sterline: né Conte, né Sarri, tantomeno Lampard lo valorizzano e l’inglese finisce ai margini del progetto londinese. Un incidente in auto da ubriaco (per uno con quel cognome…), una scazzottata in un pub, dodici presenze e un gol in campionato in due anni e mezzo. Un bilancio tremendo, con Drinkwater ancora di proprietà del club di Roman Abramovich, alcuni prestiti privi di costrutto e la difficoltà di piazzarlo a titolo definitivo.

1. Ali DIA

Potrà mai essere scalzato dalla primissima posizione? Difficile. Ali Dia è uno studente trentunenne che gioca saltuariamente come centravanti nella Non-League, la quinta serie inglese, la prima semiprofessionistica. Ha avuto dei trascorsi nella massima divisione finlandese, ma non è propriamente un fenomeno. Un giorno un suo amico si finge George Weah e contatta Redknapp, allora alla guida del West Ham United, ma la vecchia volpe intuisce la truffa e riaggancia il telefono. Tentano allora con Souness, manager del Southampton, e lui incredibilmente abbocca: l’allenatore ingaggia per un mese il finto cugino dell’asso liberiano, che si dice abbia giocato nella nazionale senegalese e nel Paris Saint-Germain. Dia viene convocato per una partita tra riserve contro l’Arsenal, ma la gara non si gioca a causa di un temporale. Il 23 novembre 1996 l’attaccante africano esordisce in Premier League contro il Leeds United a causa di un acciacco occorso a Le Tissier: vaga per il campo senza sfiorare il pallone, poi miracolosamente sfiora il gol con un bel tiro di prima intenzione e infine viene sostituito dopo cinquantantré minuti di gloria eterna. Si dice che mai si sia visto un calciatore tanto goffo e spaesato calcare simili palcoscenici, ovviamente inadatto davanti a migliaia di tifosi, finito sul manto erboso grazie a una raccomandazione farlocca. Le God stesso, che gli aveva lasciato il posto per infortunio, ebbe a dire: «Correva qua e là per il campo come Bambi sul ghiaccio; è stato davvero imbarazzante da vedere». Neanche a dirlo, i Saints rescissero il contratto ad Ali Dia, che tornò a più miti consigli quattro categorie sotto.

di Lorenzo Androlini