I 15 rimpianti del calcio italiano dal 1990 al 2010
28 Marzo 2021
“Qualunque fallimento, qualunque perdita, sarà sempre la sconfitta di un nostro progetto, di un nostro amore, di un sogno, di un’aspirazione. Mai riguarderà la totalità del nostro essere”.
L’aforisma sul fallimento del sociologo italiano Francesco Alberoni è la perfetta rappresentazione di questo sostantivo che troppo spesso viene considerato solo attraverso l’accezione negativa del termine. Nel calcio, come nella vita, ci sono percorsi da intraprendere, esperienze che fortificano e fanno crescere sotto forma di ostacoli da superare. La carriera di un grande calciatore non è fatta solo di successi, ma anche, e soprattutto, di momenti difficili che, se superati, danno la forza di raggiungere i massimi obiettivi.
Questi momenti spesso vengono considerati come fallimenti, soprattutto se le attese sono elevate. Ma che cos’è il fallimento, se non una parte del successo? Negli anni novanta e primi duemila la Serie A era senza dubbio il campionato più ambito. Abbiamo avuto la fortuna di ammirare le giocate dei migliori interpreti italiani e stranieri in circolazione. Questi ultimi, spesso, nel Bel Paese hanno trovato gli anni migliori delle loro carriere. Per alcuni di loro però, il passaggio nelle squadre nostrane è coinciso con un periodo buio, condizionato a volte da infortuni, a volte da incomprensioni tattiche e altre volte ancora dalla scarsa fiducia degli allenatori.
In occasione del compleanno di un calciatore che è passato per l’Italia senza lasciare il segno diventando poi una colonna della sua squadra, abbiamo scelto di raccontarvi 15 giocatori che non sono riusciti a calarsi esattamente nelle dinamiche tattiche del calcio italiano.
Una parte di questi ha visto le proprie carriere decollare solo dopo aver lasciato la Serie A, altri sono arrivati da noi già affermati e con grandissime aspettative che non hanno saputo rispettare.
Tenetevi forte, perché ci sono dei nomi clamorosamente nostalgici.
Guillermo AMOR

Pedina inamovibile del Barcellona di Cruijff. Amor ha legato praticamente tutta la sua carriera ai colori blaugrana, facendone parte dal 1988 al 1998. Nei dieci anni in Catalogna ha collezionato più di 400 presenze e messo insieme una serie interminabile di trofei, tra cui la Coppa Campioni del ‘92 ai danni della Sampdoria, detenendo il record di coppe vinte in azulgrana superato una ventina d’anni più tardi da Xavi. Nel ‘98 Louis Van Gaal non lo ritiene indispensabile nel suo piano tattico e lo mette nella lista dei possibili partenti. La Fiorentina non si lascia scappare l’occasione di portare in Italia uno dei più grandi esponenti del calcio spagnolo e lo acquista per dare un ulteriore tocco di qualità al centrocampo, sognando di vincere il tanto agognato scudetto. Amor resta in maglia gigliata per due stagioni, ma nonostante la grande stima e la fiducia di Trapattoni, lo spagnolo è solo un lontano parente del giocatore ammirato in terra iberica. Forse per la differenza di tipo di calcio, forse per la mancanza di stimoli o forse per una carriera arrivata ormai alle battute conclusive, non siamo riusciti ad ammirare nel nostro campionato l’indiscutibile talento del centrocampista valenciano.
Paulo FUTRE

Futre è l’emblema della sfortunata esperienza della Reggiana nel massimo campionato italiano. Dopo un difficile inizio di ‘93 tra Benfica e Marsiglia il talento portoghese sceglie proprio la Serie A per rilanciarsi, approdando in granata. I tifosi emiliani sperano di rivedere le gesta che lo hanno portato ad essere uno dei calciatori europei più forti nella seconda metà degli anni ottanta, arrivando a vincere la Coppa dei Campioni ‘87 con il Porto e facendo le fortune dell’ Atletico Madrid per sei stagioni. L’esordio con la Reggiana è promettente, segna uno splendido gol ma un duro intervento di un difensore della Cremonese gli procura un gravissimo infortunio che lo costringe ai box per tutta la stagione, sarà infatti la prima e unica presenza nel primo anno italiano. La stagione successiva gioca 12 partite segnando 5 gol senza però mai tornare ai livelli che gli competono. Chiude l’esperienza italiana al Milan, nella stagione 95/96, mettendo a referto solo una presenza all’ultima di campionato, proprio contro la Cremonese.
Ivan HELGUERA

La definizione “difensore dai piedi buoni” calza a pennello su Ivan Helguera, che rappresenta alla perfezione le caratteristiche di un calciatore spagnolo. Il meglio della sua carriera lo vive senza dubbio tra le fila del Real Madrid. Con le Merengues ha giocato dal 1999 fino al 2007, diventandone colonna e vincendo praticamente tutto. Nel 1997 però, viene acquistato dalla Roma di Zeman come grande prospetto del calcio europeo dopo delle ottime annate tra Tercera e Segunda Divisiòn spagnola. La sua esperienza nella capitale durerà solo un anno, con una decina di presenze all’attivo, complice la troppa tatticità del campionato e il calcio complicato del Boemo. I tifosi romanisti hanno però un ottimo ricordo di lui in quanto nella sfida di Champions League del 2001 tra Real e Lazio, Helguera scese in campo con una maglietta giallorossa sotto la casacca blanca. A proposito, oggi spegne quarantasei candeline, e noi cogliamo l’occasione per fargli gli auguri.
Thierry HENRY

Titì è forse il più grande rimpianto del calcio italiano. Viene acquistato dalla Juventus nel Gennaio ‘99 nel tentativo di risollevare le sorti di una squadra che dopo il grave infortunio di Del Piero sta attraversando uno dei periodi più difficili della storia recente. Il francese ha solo ventuno anni, ma è già campione del mondo con la sua nazionale e viene da una semifinale di Coppa Campioni raggiunta con la maglia del Monaco, battuto proprio dalla Juventus. Vestirà la maglia bianconera esattamente per 196 giorni, nei quali si susseguono incomprensioni su incomprensioni. Prima Lippi lo schiera da seconda punta o da punta esterna, poi Ancelotti, subentrato a stagione in corso al tecnico toscano, gli fa fare l’esterno di centrocampo non sfruttando minimamente le grandi doti da attaccante del francese. Complessivamente saranno 16 presenze, 3 gol e una serie interminabile di rimpianti. Qualche anno dopo lo stesso Ancelotti ammise di non aver compreso a pieno le qualità di un giocatore che, dopo essersi accasato all’Arsenal, è diventato semplicemente il simbolo di una generazione.
Patrick KLUIVERT

I venti minuti finali della Coppa Campioni 1995 portano la firma indelebile di Kluivert. Grazie al suo gol infatti, i Lancieri sconfissero il Milan di Capello aggiudicandosi per la quarta volta il massimo trofeo continentale per club. Quella prestazione del centravanti olandese fece stropicciare gli occhi agli addetti ai lavori del club rossonero che, dopo vari tentativi, riesce a portarlo a Milanello nel 1997. L’esordio avviene contro la Juventus nel Trofeo Berlusconi e Patrick fornisce una prestazione degna di nota siglando anche una marcatura. L’arrivo di un nuovo numero nove olandese, insieme ad altri grandi acquisti, proietta il Milan come diretta concorrente dei bianconeri, dominatori del torneo in quegli anni. Purtroppo per il Diavolo però, né Kluivert, né tantomeno i suoi compagni di squadra riescono a fornire prestazioni all’altezza. Ne viene fuori una delle peggiori stagioni dell’era Berlusconi. Dopo appena un anno senza mai incidere per davvero, per l’olandese si aprono le porte del Barcellona dove gioca fino al 2004 tornando ai livelli che lo resero protagonista nell’Ajax.

Grigoris Georgatos nella classifica dei 20 terzini più prolifici di sempre
Ci sono terzini che nel corso della loro carriera sono stati apprezzati più per la loro fase offensiva che per quella difensiva. Addirittura in alcune stagioni sono risultati più decisivi di tanti attaccanti. Un esempio? Nel ricordare oggi il compleanno di Grigoris Georgatos ci è venuta in mente la sua incredibile stagione del 1998/1999, quando […]

Le rose dell’Europeo Under 21 2002: il pianto dell’Italia e l’insuperabile Cech
Tutte le rose dell’Europeo Under 21 2002, vinto dalla Repubblica Ceca di Baros e Cech. Quanti campioni e quanti talenti perduti.

Riscriviamo la storia del trofeo mai vinto da Diego
Se la giuria di France Football avesse potuto premiare anche i calciatori sudamericani, di certo la classifica del Pallone d’Oro 1986 sarebbe stata diversa. Ecco la nostra graduatoria Come sarebbe andata se non avessero costruito il Muro di Berlino? E se gli americani non fossero andati sulla Luna? E se non si fossero sciolti i […]

Halloween nel calcio: l‘enciclopedia delle notti horror dagli anni ‘80 ad oggi!
Prepararsi ad Halloween non è mai stato così masochistico e autoironico. Per questo, ripercorriamo le peggiori e più clamorose disfatte delle big italiane negli ultimi quaranta anni Dolcetto o Caporetto? Cos’hanno in comune la festa che esorcizza la paura dei mostri con la più grande sconfitta militare nella storia del nostro Paese, tanto da diventare […]