Privacy Policy I 15 rimpianti del calcio italiano dal 1990 al 2010 - Pagina 3 di 3

I 15 rimpianti del calcio italiano dal 1990 al 2010

28 Marzo 2021

RIVALDO

L’estate 2002 sta scorrendo leggera, i mondiali Nippo-Coreani sono terminati da un po’ e ancora una volta hanno visto il Brasile sollevare la coppa. La nazionale verdeoro è stata un puro concentrato di talento, con quel perfetto gioco sillabico (Ri-Ro-Ro) a incantare gli appassionati di tutto il mondo. E proprio uno di quei tre fenomeni, nello specifico Ri-valdo, viene acquistato dal Milan per dare ulteriore qualità ad un reparto offensivo già competitivo. Il Pallone d’Oro ‘99 viene da grandissime stagioni con la maglia del Barcellona, dove ha deliziato i palati di tifosi e non, mettendo in mostra tutto il suo infinito talento. Purtroppo per il Milan e per Rivaldo l’esperienza italiana del brasiliano si rivela ben al di sotto delle aspettative iniziali. Il dualismo con Rui Costa, l’incognita della posizione in campo e il pessimo rapporto con Ancelotti fanno si che dopo appena 22 presenze e 5 gol, senza mai incantare, il grande acquisto del Diavolo torni mestamente in patria a debellare quel maledetto sentimento di saudade a volte troppo deleterio per i brasiliani.

ROBERTO CARLOS

Uno dei terzini sinistri più forti di tutti i tempi, se non il più forte. Basta questa frase a descrivere cosa è stato Roberto Carlos per il calcio. Dopo due ottime stagioni in patria tra le fila del Palmeiras, nell’agosto del ‘95 Massimo Moratti decide di accaparrarsi questo giovane brasiliano di belle speranze battendo la concorrenza del Parma. Il suo inizio in nerazzurro non è per niente male, segna infatti quattro gol nelle prime quattro apparizioni. Sfortuna vuole che quella squadra non trova mai né la giusta direzione tecnica né la giusta alchimia, così, sotto la gestione Hodgson, il brasiliano si ritrova esterno di centrocampo nel 4-4-2 hodgsoniano, in un ruolo che non gli permette di sfruttare a pieno le sue caratteristiche. Come terzino gli viene preferito Pistone. La non lungimiranza del tecnico inglese viene confermata dall’inizio della stagione successiva, quando Roberto si trasferisce al Real Madrid. Sappiamo tutti com’è andata a finire.

Matthias SAMMER

Il Pallone d’Oro 1996 ebbe una non facile esperienza all’Inter nella stagione 92/93. Viene acquistato dalla Beneamata già nel 1991, ma a causa del limite di tre stranieri in rosa rimane in prestito allo Stoccarda dove vince la Bundesliga 91/92. La sua annata in nerazzurro si rivelerà travagliata sia fuori che dentro il campo, dove non riuscirà ad adattarsi alle troppe richieste tattiche del tecnico Osvaldo Bagnoli. I quattro gol che condiscono le sue undici presenze all’ombra della Madonnina hanno un sapore di rimpianto per i tifosi, soprattutto dopo i successi continentali ottenuti da leader carismatico sia con la Germania che con il Borussia Dortmund.

Hristo STOICHKOV

“Il mio compito sarà quello di fare gol, e penso di farne tanti”. // “In Italia mi sono annoiato da morire, sono stati mesi orribili, non ci voglio mettere più piede. Troppa tattica in Serie A, e poi ho giocato sempre fuori ruolo”. L’esperienza italiana del (all’epoca) Pallone d’Oro in carica è perfettamente sintetizzabile con le sue prime e le sue ultime dichiarazioni in terra italica. Nel mezzo, l’arrivo da uomo copertina del calciomercato dell’estate ‘95, con addosso l’etichetta di “colui che farà fare il definitivo salto di qualità ad un già competitivo Parma”. E infatti l’inizio è abbastanza convincente, alla prima di campionato firma un gol capolavoro su punizione che lascia presagire grandi cose. Nel prosieguo della stagione però, la poca intesa con Zola, il rapporto spinoso con Nevio Scala e una vita fuori dal campo non particolarmente impeccabile, fanno si che già a marzo il bulgaro cominci a esternare il desiderio di lasciare i Ducali. Fa ritorno a Barcellona senza più incidere come un tempo per poi terminare la carriera in giro per il mondo.

Edwin VAN DER SAR

Il portiere olandese è considerato uno dei migliori interpreti del suo ruolo. Con le maglie di Ajax negli anni novanta, e Manchester United dal 2005 al 2011 ha letteralmente messo le mani su ogni tipo di trofeo disputato, dai campionati nazionali alla Champions League per ben due volte. In mezzo a queste due memorabili parentesi, c’e’ l’esperienza italiana alla Juventus. Edwin arriva nel 1999 a Torino per sostituire una leggenda come Angelo Peruzzi e tra i favori di critica e ambiente, visto il suo curriculum in terra olandese, gioca una prima stagione abbastanza lineare. E’ nella seconda stagione juventina che il primo portiere straniero nella storia della Vecchia Signora si rende protagonista di una serie di errori che portano i tifosi a catalogarlo come “Edwin mani di forbice”, tra gli altri epiteti. Gli elogi dell’arrivo si trasformano presto in critiche e al lungo portiere orange non resta che migrare verso altri lidi. Fulham prima e United poi.

Federico Chighine