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La classifica degli stranieri più prolifici nella storia della Serie B

15 Aprile 2022

Oliver BIERHOFF – 46 reti

Chi dimentica è complice. Oppure non ha internet. Il centravanti teutonico, infatti, non ha mica vestito soltanto il bianconero dell’Udinese. Anzi, se Oliver è diventato quel che è diventato lo si deve fondamentalmente all’occhio lungo di un gran vecchio volpone come Costantino Rozzi che, nell’estate del 1991, riuscì a convincere l’Inter a “parcheggiare” nell’accogliente Ascoli il tedesco in esubero fra le mani della Beneamata. Con i tre slot già occupati dalla Santissima Trinità composta da Matthäus, Brehme e Klinsmann, il cartellino del giovane attaccante che ha fatto faville con il Salisburgo è di proprietà del presidente Pellegrini. E così, con la prospettiva di crescere e dimostrare il suo valore, Bierhoff viene ceduto all’Ascoli con cui esordisce in Serie A: con due reti in diciassette uscite, Oliver impara i trucchi del mestiere dal navigato Bruno Giordano, dimostrando di metterli subito a frutto con il titolo di capocannoniere conquistato l’anno successivo grazie alle venti reti in campionato. Che diventeranno poi diciassette e quindi nove nella stagione dell’addio alle Marche per accettare il progetto dell’Udinese e del suo giovane trainer emiliano che si chiama Alberto Zaccheroni.

PAPA WAIGO N’Diayé – 48 reti

È appena diventato maggiorenne quando il senegalese debutta in Serie B con la maglia del Verona nel 2002. All’ombra della grande Arena, Papa Waigo cresce come uomo e come calciatore, disputando complessivamente tre stagioni durante le quali va a rete in undici occasioni. Conclusa l’esperienza scaligera, è il Cesena a puntar forte sulla sua tecnica e sulla sua velocità: in Romagna sfiora la promozione immediata, ma disputa la sua miglior stagione quando i bianconeri annaspano nelle zone basse della classifica. In due anni al Dino Manuzzi segna venti gol, di cui quindici solo nel secondo. Le grandi squadre gli stanno con gli occhi addosso ed è il Genoa a volerlo per espresso volere di Gasperini che punta molto su di lui. Tuttavia, le speranze rimangono tali e viene ceduto alla Fiorentina, dove si distingue nel match contro la Juventus, decisivo per la Champions League, con una rete e un assist per Osvaldo. Sembra la consacrazione, ma è un fuoco di paglia che neanche il prestito a Lecce ravviva. Emigra nella terza serie inglese con il Southampton dove torna a segnare con una certa regolarità e la Viola lo riporta a sé nel 2010. Ma non c’è spazio per lui e se ne va a Grosseto per la seconda parte della stagione. Si gioca le sue ultime carte con l’Ascoli ed il suo all-in premia: segna quindici reti in trentatré partite. Quanto basta per consentirgli l’esilio dorato nella penisola arabica dove resta per sei anni, segnando gol a grappoli prima di chiudere la sua carriera con la Folgore Caratese due anni fa.

Paulo Vitor BARRETO – 49 reti

Non è ancora adolescente quando l’attaccante brasiliano arriva in Italia, prelevato dal Treviso, con cui compie i primi passi da “grande”. Esordisce in Serie B con i Biancocelesti nel campionato 2003-04 e l’anno successivo stupisce tutti segnando quattordici reti che saranno utili ai veneti per centrare la promozione in Serie A, seppur avvenuta a tavolino dopo il fallimento del Torino. L’exploit gli vale il biglietto d’ingresso nel “laboratorio” dell’Udinese che vorrebbe puntare sul giovane carioca per “costruire” il centravanti del futuro: velleità che – purtroppo per entrambi – naufragano dopo due stagioni anonime. Per questo Barreto torna a Treviso per ritrovar sé stesso e l’intento gli riesce alla grande, infilando ben diciassette reti in trentadue partite fra i cadetti. Le sue prestazioni, dunque, lo “costringono” a far nuovamente le valigie, questa volta per accasarsi al Bari dove diventa un vero eroe della promozione in Serie A con ventitré reti e del successivo “miracolo” dei Galletti con Ventura in panchina. Tuttavia, proprio in Puglia si esaurisce la sua vena e Paulo si ritrova a rimbalzare infruttuosamente fra Udine – che ne detiene il cartellino – e Torino, sponda granata, dove non riesce a ritrovare lo smalto di un tempo, seppur in panchina ritrovi il suo pigmalione ai tempi di Bari: Gian Piero Ventura. Finisce così gradualmente ai margini del sodalizio piemontese e nel gennaio 2015 accetta di scendere di quattro categorie per accompagnare il Venezia nella sua rinascita, ma si contano soltanto cinque partite in arancioneroverde senza segnare neanche un gol. Termina la sua carriera dopo quattro incontri con la maglia del Gozzano, con cui s’infortuna gravemente, episodio che lo convince a dire basta al calcio giocato all’età di trentacinque anni.

David Oscar SUAZO – 50 reti

L’honduregno ha scritto pagine indelebili della storia recente del club rossoblù, crescendo sempre di più di pari passo con le ambizioni dei sardi. La sua velocità e il suo strapotere fisico lo fecero balzare agli occhi di Oscar Tabarez. Il tecnico uruguagio è tornato al Cagliari nell’estate del 1999 e subito dopo i Mondiali Under 20 vuole il diciannovenne per dare linfa all’attacco. Tuttavia, l’allontanamento dell’allenatore dopo poche giornate ed il profilo ancora acerbo dell’attaccante, costrinsero il giovane Suazo ad attendere la retrocessione per trovare il necessario spazio in avanti. E la bontà della scelta del Maestro fu subito ben ripagata. Infatti, David segna con grande regolarità, fino ad esplodere letteralmente nel 2003-04 quando in squadra ci sono Antonio Langella, Mauro Esposito ed un certo Gianfranco Zola. Con una simile batteria alle sue spalle, Suazo riesce ad andare in gol per ben diciannove volte, proiettando la squadra diretta da Reja nella massima serie dopo un’attesa di quattro anni.

Sergio CLERICI – 52 reti

Non fatevi tradire dal nome. Sergio Clerici è brasiliano a tutti gli effetti e, sebbene sia sbarcato in Italia nel 1960 all’età di soli diciannove anni, per tutti gli ulteriori diciassette anni in cui ha calcato i campi della Serie A e B italiana gli è sempre rimasto appiccicato il soprannome di El Gringo. Gioca nella Portuguesa sin da giovanissimo ed i dirigenti del Lecco guardano con grande interesse oltreoceano al suo profilo per averlo come riferimento in attacco. Tuttavia, nei suoi primi due campionati in Serie A riesce a segnare soltanto tre gol e nel 1962 i Blucelesti tornano tra i cadetti. La giovane età e la consapevolezza che, prima o poi, le sue polveri diventeranno finalmente esplosive, convincono i dirigenti lecchesi a trattenere Clerici e la scelta, nel lungo periodo, li premia. Infatti, dopo una prima stagione contraddistinta da soli cinque acuti, mette a segno ben 47 gol in tre stagioni che, nel 1966, donano al Lecco il ritorno nella massima serie. Dopo l’esperienza sulle rive del Lago di Como, Clerici resterà attivo fino al 1978, chiudendo con la maglia della Lazio. Dalla sua ha diversi record: è il calciatore straniero ad aver vestito più maglie in Serie A ed è l’ultimo ad esser “sopravvissuto” alla chiusura delle frontiere, prima della riapertura nel 1980.

Tomas DANILEVICIUS – 54 reti

Quando nel 2002 il lituano arriva in Italia al Livorno si trova alla sua sesta esperienza all’estero, nonostante i ventiquattro anni d’età. I labronici hanno accolto il centravanti reduce dalle avventure in patria (Atlantas Klaipeda), in Belgio (Club Brugge e Beveren), in Russia (Dinamo Mosca), in Svizzera (Losanna), in Inghilterra (Arsenal) e in Scozia (Dunfermline). Nel Belpaese, per sua fortuna, si è interrotto il suo tour mondiale. Merito delle sue prestazioni che l’hanno fatto apprezzare ai dirigenti nostrani. Nel suo palmares, oltre alle parentesi nella massima serie all’Armando Picchi, si ricordano particolarmente le annate vissute con l’Avellino – segna ben diciassette reti nell’annata 2005-06 – e con il Grosseto – nove reti in sei mesi coi maremmani – che gli hanno consentito di dimenticare alcuni passaggi a vuoto, come quello di Bologna. La sua esperienza si chiude con le dodici reti messe a segno con la Juve Stabia.

Luis Airton OLIVEIRA – 54 reti

Siamo quasi certi che fra la cachaça e filu ‘e ferru il nostro Lulù preferisca quest’ultima. La Sardegna, infatti, è diventata la sua terra e per un ragazzo che ha girato il mondo – ha acquisito la nazionalità belga sebbene sia cresciuto in Brasile – c’è da esserne ben fieri. Infatti, l’Italia e le isole maggiori non possono dimenticare quanto Oliveira ha compiuto durante la sua lunga parabola tricolore, iniziata nel 1992 con l’approdo a Cagliari via Anderlecht e terminata nel 2011 con il Muravera. Per quel che concerne la sua storia con gli scarpini ai piedi, alla luce della sua carriera da allenatore che l’ha visto già impegnato fra Italia e Malta. Lulù conosce la Serie B quando ha già scritto pagine indelebili con le maglie del Casteddu e della Fiorentina nel 2001 il Como di Preziosi lo convince ad archiviare frettolosamente la sua annata con il Bologna per diventare un perno nella corsa dei lariani alla Serie A. E – ça va sans dire – Oliveira non fallisce: segna ventitré reti, si aggiudica il titolo di capocannoniere e manda in orbita i lombardi. Proprio per questo, terminata la stagione, il Catania lo chiama per ripetere l’impresa, ma Il Falco non riesce a bissare nelle due successive stagioni. Dopo l’equivoco vissuto nella prima parte del 2004-05 con il Foggia in Serie C, Oliveira segna le sue ultime cinque reti in Serie B con il Venezia che, però, non saranno sufficienti ai lagunari per salvarsi.