Privacy Policy La rosa della Stella Rossa che vinse la Coppa Campioni al San Nicola di Bari: Livello Nostalgia 10+ - Pagina 3 di 4

La rosa della Stella Rossa che vinse la Coppa Campioni al San Nicola di Bari: Livello Nostalgia 10+

29 Ottobre 2021

Sinisa MIHAJLOVIC

Petrovic lo impiega come interno nel suo 4-4-2 tanto essenziale quanto efficace. E sembra aver ragione, visto che le sue saette mancine gli consentono di pervenire al gol con relativa facilità, così come d’imbeccare gli attaccanti al gol con le sue precise imbeccate. Il successo in Coppa Campioni gli apre le porte dell’Italia nel 1992 quando il suo connazionale Vujadin Boskov, appena sbarcato a Roma, lo vuole a sé. Tuttavia, Mihajlovic fatica a trovare continuità. Nel 1994 approda alla Sampdoria dove Sven-Göran Eriksson lo reinventa centrale di difesa, facendo la sua fortuna. Sarà uno dei migliori nel suo ruolo per anni, quando poi si trasferisce alla Lazio – vincendo Scudetto, Coppa Italia, Coppa delle Coppe e Supercoppa UEFA – e poi all’Inter, dove chiude la carriera.

Darko PANCEV

Lo sciagurato Darko atterra a Milano con la fama da Cobra e riparte con quella da Ramarro. È la storia narrata più volte dell’attaccante che svelò ai suoi colleghi quanto fosse dura dimostrare di meritare la Scarpa d’Oro nel campionato italiano. Il macedone, dopo aver messo in mostra i propri numeri con il Vardar Skopje, viene prelevato nel 1988 insieme al compagno di squadra Najdoski. E l’esperimento riesce appieno, migliorando e – se possibile – amplificando le proprie doti di rapace d’area di rigore, tanto da aggiudicarsi il premio di miglior marcatore europeo proprio nel 1991, oltre al secondo posto nella graduatoria del Pallone d’Oro. Giunto a Milano nel 1992 con l’intenzione di non far dimenticare Klinsmann, dopo una tripletta rifilata alla Reggiana in Coppa Italia, Darko diventa ben presto facile bersaglio della tifoseria nerazzurra che non gli perdona una certa “leggerezza” quando gli viene chiesto di buttare la palla in rete. Tutto ciò per la gioia di Ruben Sosa, costretto a sobbarcarsi il doppio lavoro di creatore e finalizzatore della manovra. Per fortuna, l’uruguaiano riuscì appieno nella sua missione, segnando venti reti: il suo record assoluto di marcature. Mentre Pancev lo guardava dalla panchina.

Dejan SAVICEVIC

Se Caravaggio avesse avuto l’opportunità di giocare a calcio, probabilmente avrebbe trovato in Dejan Savicevic un valido collega. Succede che si abusi, spesso e volentieri, dell’appellativo di Genio. Ma guardando il montenegrino all’opera con la sua aria trasognante e smaliziata, c’è da pensare che questo aggettivo gli sia perfettamente cucito addosso. Le sue pennellate con il mancino assurgono allo status di “capolavoro” con una facilità impressionante. Tutto sta allo spirito di Dejan, per trovare l’ispirazione e mettere in mostra il suo talento. Ed è forse proprio questo spirito naïf e bohemien a rappresentare la croce e la delizia dei tecnici che l’hanno avuto ai loro ordini. In patria, dopo aver mosso i primi passi al Buducnost, viene acquistato dalla Stella Rossa che non esita a consegnargli la maglia numero dieci che era di Dragan Stojkovic, passato proprio all’Olympique Marsiglia l’estate precedente. E Savicevic li ripaga con moneta sonante. Così preziosa da suscitare l’interesse del Milan: le diatribe con Capello caratterizzano buona parte della sua permanenza in rossonero, ma quando Dejan disegna arcobaleni come quella dello stadio Olimpico di Atene in occasione della finale di Champions League contro il Barcellona, gli si può perdonare davvero tutto.

Dragisa BINIC

Gioca soltanto due stagioni alla Stella Rossa, ma quando torna al Marakàna fa sentire la sua presenza, eccome. Cresce nel Napredak di Krusevac e sebbene non graviti nel baricentro del campionato jugoslavo, le sue prestazioni giungono alle orecchie dei dirigenti del Radnicki Nis che lo ingaggiano nel 1983. A Belgrado segna tredici gol in campionato in ventisette partite. Nonostante ciò, gli scontri col tecnico dell’epoca, Velibor Vasovic, lo convincono a cambiare aria: è il viatico verso il trasferimento in Francia, accettando l’offerta del Brest che milita nella Serie B transalpina. Dopo diciotto reti ed un passaggio a vuoto al Levante, torna in patria: segna quattordici gol e alza la Coppa dei Campioni, prima di ripartire per un nuovo viaggio in giro per il mondo.