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La TOP 11 dei giocatori fatti debuttare in A da Boskov

28 Marzo 2021

Enrico CHIESA

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Nasce a Genova tra Natale e Capodanno del 1970. A sedici anni viene ingaggiato dalla Sampdoria e gioca con buona continuità nelle giovanili fino a quando Boskov lo convoca in prima squadra per la gara contro la Roma all’Olimpico, il 16 aprile 1989. Giocherà per pochi minuti, ma per lui, non ancora diciannovenne, la gioia per il debutto in serie A è irrefrenabile. Seguiranno alcuni anni difficili, anche per la perdita dell’amato padre, ma come lo stesso Chiesa sostenne, il dolore lo aiutò a non arrendersi. Una stagione a Modena, vissuta da attaccante puro come egli desiderava, lo riporta nel calcio che conta: nel suo nuovo ruolo inizia una nuova carriera, ricca di grandi soddisfazioni e di gol, spesso splendidi. A Cremona la sua consacrazione, coronata da un gol su rigore in un match contro il Brescia che consente ai grigiorossi di salvarsi. Comincia una serie di anni indimenticabili per il campione Chiesa: Sampdoria, Parma, Fiorentina, Lazio e Siena, dove, malgrado non sia più giovanissimo, si carica la squadra sulle spalle e a suon di gol contribuisce alla salvezza dei toscani per cinque stagioni consecutive. Non avendo mai militato in una grandissima del calcio mondiale, Chiesa possiede un palmares sicuramente limitato rispetto alle sue potenzialità, ma comunque esplicativo della sua classe: due Coppe Italia, una Coppa Uefa conquistata col Parma nel 1999 e il prestigioso titolo di capocannoniere di quest’ultima competizione.

Maurizio GANZ

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Friulano di Tolmezzo, Maurizio Ganz esordisce in Serie A non ancora diciottenne. Vujadin Boskov non ha paura di gettare i giovani nella mischia e lo fa soprattutto con coloro in cui vede grandi potenzialità. E Ganz è uno che la porta l’ha sempre vista e bucata, tanto che ancora oggi è ricordato per quello striscione nella curva dei tifosi dell’Inter che gli rendeva il giusto merito, visto che segnava sempre lui. Monza, Brescia, dove vince la classifica dei cannonieri di Serie B, Atalanta e poi il grande salto nell’Internazionale, in cui realizza gol a grappoli. Passa poi ai cugini rossoneri, dove segna meno ma realizza gol di importanza capitale per la conquista dello scudetto del Milan targato Zaccheroni. Negli anni a seguire, Ganz gioca per Venezia, Atalanta, Fiorentina, ma è all’Ancona che riesce a togliersi l’ennesima soddisfazione di una splendida carriera, conquistanto la promozione in A coi dorici. Appende gli scarpini al chiodo nel 2007 dopo una stagione alla Pro Vercelli, condita da 10 gol in 26 presenze, non male per uno alle soglie dei quarant’anni. Dal 2019 allena la squadra femminile del Milan. In carriera ha vinto uno scudetto, una Coppa Italia e la classifica cannonieri della Coppa Uefa, nonché della serie B.

Francesco TOTTI

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Dai che entri, ragazzino”: Boskov, dietro esplicito suggerimento di Mihajlovic, chiama quel ragazzo sedicenne a prepararsi per giocare gli ultimi minuti di un Brescia-Roma con i giallorossi avanti per 2-0. Quel giorno cominciò l’era di uno dei più forti, talentuosi e carismatici calciatori della storia. Mancavano sette minuti alla fine e Totti, per l’emozione, ce ne mise quattro per togliersi i pantaloni della tuta, visto che nel frattempo aveva dimenticato di togliere le scarpe. Al che Boskov, tra lo spazientito e il divertito gli disse: “Cosa c’è, Totti, non hai voglia di debuttare?” Entrò a tre minuti dalla fine e toccò due palloni due, ma ciò bastò ed avanzo a quel biondino sedicenne per eleggere “Vuja” come una delle persone più importanti della sua vita. A proposito, ma siamo sicuri che Boskov non avesse già deciso di farlo entrare, senza bisogno dell’invito di Mihajlovic?

Arturo DI NAPOLI

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Nomen omen, Arturo Di Napoli nasce a Milano il 18 aprile del 1974, ma la famiglia è originaria di San Giovanni a Teduccio. Cresce nelle giovanili dell’Inter, poi, dopo un paio di stagioni di crescita ad Acireale e a Gualdo Tadino, fa il suo esordio in serie A il 27 agosto del 1995 con la maglia del Napoli allenato da Boskov. Dotato di un ottimo fiuto del gol e di un tiro spesso micidiale, Di Napoli, per sua stessa ammissione, non è stato l’emblema di un atleta serio e dedito al sacrificio: addirittura ebbe a dire di sé: “dovevano darmi l’ergastolo per la testa che avevo”. In realtà, Re Artù riuscirà a farsi amare da compagni di squadra e tifosi per la sua generosità in campo e per quello spirito battagliero che metteva in ogni partita. Empoli, Venezia, Salerno e soprattutto Messina sono piazze in cui ancora si parla sovente di lui.

Daniele Parrini