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La TOP 11 di EURO ’96

30 Marzo 2021

Matthias SAMMER

Figlio d’arte, suo padre Klaus militò nella nazionale della Germania Est, Matthias Sammer è stato protagonista di una carriera alquanto movimentata e controversa, a dispetto di un carattere mite e di un comportamento mai sopra le righe. Giovanissimo, fu praticamente costretto ad entrare nei “Feliks Dzierdzinskiy” le guardie speciali per la sicurezza dello Stato; un’operazione più propagandistica che concreta, ma che servì al giovane Sammer per poter continuare indisturbato il suo cammino calcistico. Ancora oggi, il libero tedesco viene considerato fortemente sopravvalutato, in particolar modo per il fatto di aver vinto il Pallone d’Oro nel 1996, a detta di molti senza averlo meritato granché. In realtà, Sammer ha dimostrato a più riprese di essere un calciatore fortissimo, moderno e determinante: riusciva a trasformare il suo carisma in una sorta di faro per i compagni di squadra. Eccetto la non proprio brillante esperienza all’Inter, dovuta presumibilmente a problemi di ambientamento, Sammer ha sempre trascinato le squadre in cui ha militato a grandi successi, il suo palmares ne è la più solida testimonianza. Campione d’Europa (nominato miglior giocatore del torneo), cinque scudetti, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, due Supercoppe tedesche e un campionato Europeo Under 18. Lascia il calcio giocato a soli 30 anni, vittima di una grave infezione batterica dopo un’operazione al ginocchio che fece temere anche per la sua vita.

Paolo MALDINI

Un mito. A detta di molti, addetti ai lavori (e non), il più forte difensore della storia del calcio. Protagonista indiscusso di un’epoca in cui ha spopolato, soprattutto col suo Milan. Anche in maglia azzurra ha rappresentato un maestoso pilastro per oltre vent’anni, ed è davvero surreale pensare che un calciatore come lui, in nazionali così forti, non sia mai riuscito a sollevare un trofeo importante. Nella sua storia, d’altronde, nel club in cui militerà per tutta la vita, Maldini ha vinto tanto e tutto. Detiene ancora una pletora di record, come il primato di minuti giocati ai mondiali, di stagioni consecutive giocate con la stessa maglia in serie A (a pari merito con un’altra leggenda, Francesco Totti), numero di finali di Champions League disputate etc. E’ stato inserito nella TOP 11 dell’Europeo anche nel 1988 e nel 2000. E proprio nel 2000 è stato scelto nel Dream Team del Pallone d’Oro come miglior terzino sinistro della storia del calcio moderno. Il più bell’omaggio al difensore italiano, tuttavia, arriva da “L’Equipe”, quotidiano sportivo francese notoriamente mai tenero nei nostri riguardi: “In più di vent’anni di carriera, Maldini non si è mai discostato dal senso della morale, del dovere e della fedeltà. Per questi motivi, rappresenta un’icona del calcio”.

Paul GASCOIGNE

Non ci soffermeremo sugli aspetti extracalcistici di Gazza, parleremo solo del suo sconfinato talento e della classe con cui illuminava i campi da gioco. Paul John Gascoigne nasce a Gateshead il 27 maggio del 1967 in una situazione familiare ed economica a dir poco precaria. Già da giovanissimo si manifesta la sua indole poco avvezza al compromesso. Così, a soli 16 anni, nonostante un peso forma non sempre invidiabile, decide di dedicarsi al calcio per mantenere la famiglia. A prescindere dai problemi di alcolismo di cui ha sofferto in passato, la carriera di Gazza è stata fortemente limitata da vari e gravi infortuni, a dispetto di un fisico compatto e prestante. Ha dato spettacolo con la maglie di Newcastle, Tottenham, Lazio e Rangers, ed ha dimostrato sempre un fortissimo attaccamento alla maglia della sua nazionale; celebri infatti le sue inarrestabili crisi di pianto, specie quella in seguito all’ammonizione e derivante squalifica ai mondiali italiani durante la semifinale con la Germania e quella raccontata dai compagni di squadra dopo l’eliminazione ai rigori nell’europeo 1996, sempre contro i teutonici. In quella manifestazione, vale la pena ricordare lo splendido gol contro la Scozia, con tanto di sombrero al biondo Colin Hendry.

Dieter EILTS

Sicuramente il meno conosciuto della TOP-11 stilata dall’UEFA. Ciononostante, Dieter Eilts in quella manifestazione fu un perno insostituibile della Germania vincitrice. Indissolubilmente legato al Werder Brema per tutta la sua carriera, Eilts fu convocato per l’Europeo, e schierato titolare tra lo scetticismo dei giornalisti e degli addetti ai lavori tedeschi che lo reputavano inadatto e senza esperienza. In campo, invece, dimostrò una disciplina granitica ed una compostezza assai efficace, oltre ad un’intelligenza tattica davvero sorprendente. Permise a Sammer di sganciarsi nelle sue scorribande offensive, spesso fruttuose, proteggendo la difesa col suo fisico possente, e con una spiccata predisposizione all’anticipo. A conferma di ciò, basti pensare che durante tutta la competizione, la Germania subì soltanto tre gol, uno dei quali in finale, solo dopo che Eilts fu costretto ad abbandonare il campo per infortunio. Dopo aver chiuso la carriera, ha allenato molte squadre giovanili ed ha accettato il ruolo di direttore dell’accademia di calcio del Werder Brema.