Privacy Policy Le trenta cose più iconiche che ci legano ad Italia '90 - Pagina 6 di 6

Le trenta cose più iconiche che ci legano ad Italia ’90

2 Agosto 2021

5. IL DRIBBLING DI HIGUITA

René Higuita, portiere della Colombia, è uno dei personaggi iconici di Italia ’90. Capelli ricci sotto le spalle, baffi, pantalone lungo e dribbling pericolosi in mezzo al campo ad accompagnare il gioco dei suoi: è stato uno dei capisaldi del Nacional Medellin, capace di vincere la Coppa Libertadores e di costringere il Milan di Arrigo Sacchi ai supplementari in Coppa Intercontinentale. Ma torniamo al mondiale: i Cafeteros sono arrivati agli ottavi e incontrano il Camerun, in una contesa che si trascina oltre il 90’. Al minuto 109, con gli africani avanti 1-0, Higuita si spinge fuori dai pali, riceve palla ma decide di non restituirla al compagno; davanti a lui arriva il trentottenne Roger Milla, che ben lo conosce avendo giocato col connazionale Carlos Valderrama al Montpellier, gli soffia la sfera e si invola a depositare nella porta sguarnita il punto del definitivo 2-0.

4. QUANDO SCAPPA, SCAPPA

Una di quelle classiche cose che ripensandoci esclami: “ma è successo veramente?”.
Uno dei centravanti più forti degli anni ’80, capocannoniere del Mondiale 1986, risultando il primo inglese a riuscirci. Nel ’90 non si distinse soltanto per le reti, ma come ammesso da lui stesso anni dopo, nella partita con l’Irlanda valida per la fase a gruppi, defecò in campo dopo aver subìto un fallo.

3. UN’ESTATE ITALIANA: NOTTI MAGICHE E CIAO!

È lo stadio Giuseppe Meazza in San Siro ad ospitare la cerimonia d’apertura del campionato del mondo 1990. Tutto il globo collegato, bandiere tricolori che sventolano festanti, il paese che si ferma. La sfilata vede un gruppo di splendide modelle che mettono in mostra gli abiti dei più grandi stilisti italiani, in una raffigurazione dei continenti: il rosso di Valentino per l’America, il nero di Missoni per l’Africa, il giallo di Mila Schön per l’Asia e la vecchia Europa vestita dal verde di Gianfranco Ferré. La mascotte è “Ciao”, scelta tra oltre 500.000 proposte: a molti non fa impazzire (eufemismo) ma, come dice il famoso detto “Nel bene o nel male, purché se ne parli”. Sul palco Gianna Nannini ed Edoardo Bennato suonano e cantano “Un’estate italiana”, composta da Giorgio Moroder, un classico capace di proiettarci ancora oggi, trent’anni dopo, negli anni Novanta: una canzone semplice e orecchiabile, capace di stare mesi ai vertici delle classifiche.

2. LO SLALOM DEL DIVIN CODINO

Non ha giocato con Austria e Stati Uniti, ma Azeglio Vicini decide contro la Cecoslovacchia di dare spazio a Roberto Baggio. Il ventitreenne talento di Caldogno, passato nonostante la sollevazione popolare dalla Fiorentina alla Juventus, è il più fulgido talento a disposizione del commissario tecnico e, in un match da vincere assolutamente per restare a Roma anche negli ottavi, si affida a lui. Ne viene ripagato con gli interessi: Totò Schillaci segna l’1-0, l’Italia soffre ma poi chiude i conti con quello che diventerà il Divin Codino. Al 78’ Baggio scambia con Giannini a metà campo, accelera, passa in mezzo a Kinier ed Hasek, evita la scivolata di quest’ultimo, ubriaca di finte Kadlec e trafigge il portiere Stejskal con una pennellata che fa esplodere l’Olimpico. Qualcuno dice sia il più bel gol dell’Italia nella storia dei mondiali, di certo è un’opera d’arte nella galleria di uno dei migliori artisti di sempre.

1. DALLA SERIE B A CAPOCANNONIERE DI UN MONDIALE IN 12 MESI

La stagione 1988/99 la giocò in Serie B con la maglia del Messina, poco più di 12 mesi dopo si ritrovò su tutti i giornali del Mondo, capocannoniere di un Mondiale disputato in casa e secondo in classifica del Pallone d’Oro, meglio di lui soltanto Matthaus.
La favola di Totò Schillaci è sicuramente una delle cose più nostalgiche di sempre, impossibile non metterla al primo posto.

di Damiano Reverberi