Privacy Policy Antognoni e quel rimpianto viola della stagione 1981/82

Antognoni e quel rimpianto viola della stagione 1981/82

1 Aprile 2020

La stagione 1981-82 del calcio italiano regalò a tutti i suoi appassionati delle forti emozioni, con il magico epilogo del Santiago Bernabeu di Madrid, dove la nostra nazionale si laureò Campione del Mondo. Il campionato di Serie A, dal canto suo, vide un elettrizzante testa a testa tra la Juventus, detentrice del titolo di Campione d’Italia, e la sorprendente Fiorentina, capace di tenere testa alla Vecchia Signora, mantenendo aperta la lotta scudetto dalla prima sino all’ultima giornata.

Fu proprio l’ultimo capitolo di quel campionato a destare le “classiche” polemiche: la Juventus vinse a Catanzaro grazie ad un calcio di rigore indubbio realizzato da Liam Brady, mentre la Fiorentina di mister Picchio De Sisti fu bloccata a Cagliari, dove la partita terminò su uno scialbo risultato di 0-0. La posta in palio era troppo elevata da entrambe le parti per permettersi il minimo errore: il Cagliari, infatti, si giocava la salvezza, e la Fiorentina lo scudetto. Le controversie furono dovute all’annullamento di un gol a Ciccio Graziani da parte dell’arbitro Mattei di Macerata, che giudicò irregolare la spinta del braccio dell’attaccante viola Bertoni sul portiere sardo Corti. La Fiorentina vide così volare via il suo terzo scudetto della storia, e i sogni dei tremila fiorentini giunti a Cagliari rimasero chiusi nei rispettivi cassetti.  

Fu, tuttavia, un’annata splendida per la Viola di De Sisti e del patron Pontello, imprenditore fiorentino che aveva comprato la sua Fiorentina nel 1980. Nell’estate del 1981 a Firenze si respirava aria di entusiasmo, dopo annate anonime: il nuovo presidente, che non volle nascondere le sue grandi ambizioni, spinse forte nella sessione di mercato estivo. Dal Torino arrivarono proprio Graziani ed Eraldo Pecci, dalla Juventus il difensore Cuccureddu, dal Monza gli attaccanti Massaro e Monelli, dal Como il roccioso Pietro Vierchowod.

Furono acquisti importanti che andarono a innervare una rosa dalla spina dorsale già ben collaudata, con Giovanni Galli in porta, Galbiati in difesa e l’imprescindibile numero dieci, bandiera fiorentina, Giancarlo Antognoni. Fu una stagione piena di sorprese, perché se era vero che la compagine viola si era rinforzata con quantità e qualità, nessuno ad inizio stagione avrebbe potuto pensare che quella Fiorentina avrebbe potuto competere con le contendenti allo Scudetto, tra tutte la Juventus di Giovanni Trapattoni, che sembrava una corazzata pressoché inarrestabile.

Eppure, partita dopo partita, la squadra viola riuscì a tenere il passo delle migliori, concludendo il girone d’andata al primo posto, con un punto di vantaggio sulla Vecchia Signora. Tutto ciò, nonostante quel drammatico evento del 22 novembre del 1981 al Comunale di Firenze. Si giocava Fiorentina-Genoa, dopo la sosta per le nazionali in cui l’Italia di Bearzot, con un pareggio contro la Grecia, staccò il pass per Spagna ’82. Giancarlo Antognoni, che partì titolare nell’incontro valevole per le qualificazioni mondiali che si svolse a Torino, disputò una partita sottotono e non fu risparmiato dalle critiche. Giunto alla partita con i rossoblù, la settimana dopo, Antonio, come lo chiamavano affettuosamente i suoi tifosi fiorentini, volle rispondere a tutti quelli che una settimana prima lo avevano aspramente criticato. Contro il Genoa, quel 22 novembre, Antognoni giocò una partita spettacolare, fornendo l’assist per il vantaggio viola, e siglando dal dischetto la rete del momentaneo 2-1, al 52’. Ma due minuti dopo, su un lancio di Daniel Bertoni, Antognoni fu anticipato bruscamente dal portiere genoano Silvano Martina, che per evitare che il numero dieci viola colpisse la palla, fu costretto ad uscire in modo poco “avventuroso”, urtando con lo stinco la tempia dell’attaccante viola che cadde a terra, privo di sensi.

Il difensore del Genoa, Claudio Onofri, fu il primo ad accorgersi della gravità dell’accaduto, e corse verso la panchina con le mani al volto, disperato. Il cuore di Antognoni cessò di battere. Quello degli spettatori, ammutoliti, anche. Trascorsero secondi interminabili, addirittura trenta, prima che il fantasista si riprendesse miracolosamente in seguito ai massaggi cardiaci effettuati dal medico sociale degli ospiti, Pierlugi Gatto, insieme ai massaggiatori della Viola.

Il fantasista viola fu costretto ad uno stop totale di un mese e ce ne vollero ben tre prima di rivederlo in campo, il 21 marzo 1982 contro il Cesena. In quell’occasione, Antognoni fu accolto da uno splendido striscione della Curva Fiesole – Forza Antonio, l’inferno è finito… il paradiso ci attende!” – con evidenti riferimenti all’epilogo del torneo. La partita fu vinta per 2-1 dai viola e Antognoni fu subito decisivo, con l’assist a Casagrande per il gol-vittoria. La Fiorentina riprese così la sua marcia.

Tuttavia, il finale di quella Serie A non sorrise ai gigliati, che videro sfumare il sogno tricolore in un caldo pomeriggio sardo, dopo due mesi di entusiasmante testa a testa con la Juventus. Per Antognoni, comunque, la stagione non era ancora finita. A giugno, infatti, si sarebbero disputati i campionati mondiali di calcio, in Spagna.

Il fantasista nato a Marsciano, nonostante le critiche ricevute nell’autunno precedente, fu un elemento imprescindibile di quell’Italia guidata da Enzo Bearzot, che gli concesse le chiavi del gioco. Giancarlo disputò tutti gli incontri partendo da titolare, contribuendo a suon di assist (contro Argentina e Perù) e giocate di alta classe a qualificare la Nazionale sino alle semifinali, dopo aver eliminato l’Argentina prima e il Brasile poi. Riuscì anche ad andare in rete nei minuti d’interminabile agonia finale contro i carioca, ma l’arbitro annullò la rete per fuorigioco, tra la disperazione di oltre cinquanta milioni di azzurri – e, ovviamente, di Antognoni – con il cuore in gola prima del liberatorio triplice fischio finale.

Il pomeriggio dell’8 luglio 1982, al Camp Nou di Barcellona, c’era da affrontare nuovamente la Polonia, già sfidata nel match di apertura del torneo (0-0). Al 22’, con il risultato ancora fermo sullo 0-0, fu fischiato un calcio di punizione in favore degli azzurri. Giancarlo Antognoni si apprestò a battere e con il suo piede telecomandato servì a Paolo Rossi un pallone che non aspettava altro che essere messo in rete: 1-0. Purtroppo, sei minuti più tardi, la sfortuna tornò a presentarsi di fronte al numero dieci azzurro: un durissimo contrasto al limite dell’area con Wladimir Matysik, entrato duramente con il piede a martello, gli causò una ferita profonda al piede destro che gli impedì di proseguire l’incontro e di prendere parte a quella mitica finale del Santiago Bernabeu contro la Germania Ovest, al termine della quale i nostri ragazzi sollevarono la Coppa del Mondo per la terza volta nella storia.

In aggiunta, quel rigore sbagliato da Antonio Cabrini al 24’ (con il risultato ancora fermo sullo 0-0) sarebbe stato sicuramente battuto da Antognoni, con maggiori probabilità di successo. Non lo sapremo mai, ma quel che è certo è che quella stagione 1981-82 fu, per Antonio, una montagna russa di emozioni, piena di soddisfazioni e di altrettanti, e forse più forti, rimpianti.  

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