Privacy Policy La classifica dei 20 numeri 8 più iconici degli ultimi 30 anni

I numeri 8 più iconici degli ultimi 30 anni

8 Febbraio 2020

10. Juninho Pernambucano

Juninho Pernambucano
credits: PHILIPPE MERLE/AFP/Getty Images

Nemico giurato della forza di gravità e delle leggi della fisica, ha insegnato un nuovo modo di calciare le punizioni ed ha mandato, presumibilmente, dallo psichiatra diversi portieri avversari. Se lo si pensa, se ne ha ben donde, visto il record assoluto di segnature su calcio di punizione (77) detenuto dal carioca, il quale ha esportato in giro per il mondo la sua reinterpretazione personale del concetto di balistica predicando dalla cattedrale di Lione: lo stadio Gerland. È stato uno dei condottieri dell’OL capace di aggiudicarsi ben sette campionati consecutivi fra il 2001 e il 2008. In Nazionale non ha avuto la medesima fortuna, riuscendo ad accumulare “solo” quaranta gettoni con i verdeoro.

9. Paul Gascoigne

Paul Gascoigne

Impossibile limitarsi alla definizione di genio e sregolatezza per descrivere Gazza a chi non l’ha mai visto giocare. Dove lo trovi uno come lui? Impossibile. È unico ed irriproducibile. Forse l’unico peccato è proprio quello di non averlo visto al massimo delle sue potenzialità, sebbene abbia costellato la sua carriera di successi e di giocate che ne hanno fatto l’idolo di ogni tifoseria di cui ha vestito i colori: dal Tottenham, alla Lazio, fino ai Rangers. Gascoigne era Gascoigne: dentro, ma soprattutto fuori dal campo. Eclettico, trasgressivo, cercate voi altri sinonimi. Arriva in Italia nel 1992, primo vero acquisto del nuovo patron Sergio Cragnotti. Segna il suo primo gol con un colpo di testa nel derby, fa a fette la difesa del Pescara in un incredibile serpentina che rimarrà negli occhi dei tifosi come uno dei gol più belli nella storia della Serie A. La sua vita, fatta di eccessi, lo ha portato a sfiorare più volte la morte. Rimarrà, però, nelle nostre menti come uno dei diamanti grezzi più belli di sempre.

8. Gennaro Gattuso

Gennaro Gattuso

Forse, quando nacque, i genitori di Gennaro avevano fatto indigestione di fosforo. Altrimenti non si spiegano una simile forza ed una tale grinta. Non bisognava chiedergli lanci da una parte all’altra del campo, ma solo di correre appresso all’avversario di turno: la palla, prima o poi, sarebbe andata fra i suoi piedi. Al resto, poi, pensavano quelli più bravi con i piedi. Simbolo di una terra, la Calabria, oltreché di una generazione: Ringhio Gattuso ha sdoganato il concetto di “rabbia” sportiva, facendone il suo vero e proprio marchio di fabbrica. Impossibile condensare il tutto in poche righe, ma basti pensare che quando c’era bisogno di polmoni e sacrificio, Gattuso ha sempre buttato il cuore oltre l’ostacolo, diventando un’icona nei cuori del Milan, a cui ha dedicato praticamente tutta la sua vita.

7. Paul Ince

Paul Ince

Per i tifosi dell’Inter era semplicemente PolIns, ma in realtà era molto, molto di più. Un centrocampista forte fisicamente, dotato di grande tenacia, un trascinatore. Insomma, il ritratto di un beniamino. Paul Ince ha incarnato per diversi anni il prototipo del centrocampista completo: cresciuto nel florido vivaio del West Ham, sir Alex Ferguson lo ha piazzato al centro del campo, conferendogli il ruolo di pilastro su cui costruire le sue fortune del Manchester United, di cui ne è stato valoroso portabandiera per sei anni. Il presidente Moratti lo volle fortemente nella sua campagna acquisti dell’estate 1995 per guidare la linea mediana: dopo un inizio balbettante, l’arrivo di Hodgson gli conferì la fiducia necessaria per ripagarlo con prestazioni sopra la media. È stato il primo capitano di colore della nazionale dei Tre Leoni. Mitico PolIns!

6. Marcel Desailly

Marcel Desailly

Orfano di Rijkaard, tornato all’Ajax, Capello si ritrovò senza play centrale per il suo Milan all’inizio della stagione 1993-94. Dopo lunghe riflessioni, durante la sessione invernale di calciomercato, la scelta cadde su Marcel Desailly: il mediano aveva già incrociato il suo cammino con quello dei rossoneri pochi mesi prima, in quel di Monaco di Baviera, in occasione della finalissima della Coppa dei Campioni vinta dall’Olympique Marsiglia proprio contro i milanesi. Prodotto del vivaio del Nantes, insieme a Deschamps avevano percorso la stessa strada che li portò a laurearsi campioni d’Europa. L’arrivo al Milan ne amplificò le doti: ora i rossoneri avevano un equilibratore in grado di far la differenza sia in fase difensiva che propositiva. Vinse un’altra Champions League – suo il 4-0 definitivo al Barcellona – oltre a due scudetti, prima di seguire Zola, Vialli e Casiraghi nell’Italian Chelsea della fine degli anni ’90.