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I trenta terzini destri più forti degli ultimi trent’anni

7 Giugno 2020

10. Miguel Angel SALGADO

In una squadra costellata di Galacticos sulla fascia destra il suo nome rischiava di sfigurare. Tuttavia, Michel Salgado è stato uno degli interpreti fondamentali ma silenziosi di un’epoca d’oro della Casa Blanca. Non in campo, però, dove i suoi interventi da difensore arcigno hanno protetto le spalle degli incursori merengue, tanto da presidiare la fascia destra con eccellenti risultati per sette, lunghi anni. Scovato nel Celta Vigo, Salgado si faceva apprezzare per la qualità nella corsa e nella tecnica, requisiti fondamentali quando i tuoi compagni di squadra rispondono al nome di Ronaldo e Zidane. Disputa oltre 250 partite con i madrileni ed oltre sessanta con le Furie Rosse, prima di emigrare in Inghilterra, al Blackburn Rovers, con cui termina la carriera a trentasette anni.

9. Giuseppe BERGOMI

Non solo il look dello zio, ma anche la sapienza tattica, capace di giocare sia in fascia che al centro, ed i mezzi tecnici a disposizione. Merce rara per un ragazzo che non è ancora maggiorenne. Eppure Bergomi è stato in grado di conquistare un Vecio come Bearzot che ha avuto l’ardire di portarlo con sé per la spedizione iberica del Mundial ’82. Il commissario tecnico, di lui, disse così: «È un atleta capace, nel suo ruolo, di coprire qualsiasi schema, così come di giocare contro qualsiasi avversario». Classe 1963, si lega all’intera per tutto l’arco della sua ventennale carriera in nerazzurro, stabilendo primati su primati che solo l’avvento di Javier Zanetti manda in secondo piano. Robusto, atletico e tecnico: queste le sue caratteristiche che gli garantiscono una longevità più unica che rara, abbinata alla qualità che non viene mai meno, nonostante l’aumentare delle primavere. Con la sua Inter si aggiudica lo Scudetto dei Record ai quali abbina ben tre Coppe UEFA.

8. Ciro FERRARA

Eclettico ed eterogeneo nell’interpretazione del suo ruolo di difensore: centrale o terzino destro che sia. Un aspetto peculiare dell’ambiente in cui è cresciuto. Ciro Ferrara è stato un simbolo delle due squadre di cui ha vestito i colori: l’azzurro del Napoli ed il bianconero della Juventus. Alternandolo regolarmente con l’azzurro della Nazionale. Cresce nella squadra della sua città, ereditando la fascia destra da un altro grande monumento come Bruscolotti e vincendo da protagonista assoluto i due storici Scudetti conquistati dai partenopei. Terminata l’epoca di Maradona, Ciro viene unanimemente individuato come “volto nuovo” della rinnovata Napoli post-maradoniana e rimane fedele alla sua gente finché nel 1994 non si rende necessaria la sua cessione per motivi finanziari. Dopo esser stato molto vicino alla Roma, sceglie di dire sì alla Juventus e con la Vecchia Signora si erge ancor più in alto di dove non era già arrivato, sublimando nella finale di Roma contro l’Ajax che gli vale il successo in Champions League. A Torino vince altri cinque scudetti, mentre il rapporto con la Nazionale s’interrompe bruscamente con l’arrivo di Sacchi alla guida degli Azzurri, vivendo così due momenti separati nel pre e nel post gestione da parte del tecnico di Fusignano. L’ultima presenza con la nazionale maggiore, infatti, avviene in occasione della sfida fra Italia e Svezia durante gli Europei del 2000.

7. Mauro TASSOTTI

Laddove non arrivò Madre Natura, poté Nils Liedholm. Uomo-Milan per eccellenza, ma cresciuto sulla sponda biancoceleste del Tevere. Il Milan lo acquistò nel 1980, subito dopo la retrocessione in Serie B – medesima sorte toccata alla Lazio – per lo scandalo del calcioscommesse. Abile nella marcatura e talvolta rude, la vicinanza del Barone durante il suo periodo milanista nella seconda parte degli anni ’80 lo portò ad incrementare il suo bagaglio tecnico, allungandone la carriera a dismisura. Era una delle quattro colonne su cui poggiava il tempio degli eroi milanisti che dominarono il Mondo e l’Europa, collezionando quasi seicento presenze complessive con la maglia del Milan. In Nazionale, tuttavia, arriva tardissimo e solo per volere di Arrigo Sacchi che ricompone anche in azzurro il suo quartetto visto al Diavolo. In molti, tuttavia, lo ricordano per la sciagurata gomitata a Luis Enrique durante i quarti di finale di USA ’94 che, di fatto, costituì l’atto sufficiente per guadagnarsi la prima squalifica della storia del calcio da prova TV. 

6. Gianluca ZAMBROTTA

Nasce esterno offensivo, ruolo nel quale riesce a conquistare la Serie A dopo l’apprendistato a Como grazie all’intuito di Eugenio Fascetti che lo porta con sé a Bari nel 1997 facendogli compiere il doppio salto di categoria. La Juventus lo adocchia subito e lo contrattualizza nel 1999, quando sulla panchina c’è Ancelotti. Il tecnico emiliano decide di arretrarne la posizione, senza però snaturarne le caratteristiche e consentendogli di ampliare il suo raggio d’azione. L’avvento di Marcello Lippi, poi, lo porterà a presidiare anche la fascia sinistra. Si laurea Campione del Mondo, componendo con Grosso la coppia di esterni di difesa, con Gianluca protagonista sulla fascia destra, che portano gli Azzurri sino al trionfo di Berlino. Dopo un’esperienza al Barcellona, rientra in Italia per vestire la maglia del Milan con cui poi chiuderà la carriera ad alto livello, prima della passerella finale con il Chiasso.