Privacy Policy Il racconto straziante di Carlo per ricordare il grande Vittorio

Il racconto straziante di Carlo per ricordare il grande Vittorio

21 Maggio 2020

Il grigiore metallico di gennaio, scheletrico e opprimente, attraverso i finestrini del treno: viaggio da Torino a Milano, e da Milano a Parma, in un momento molto difficile della mia vita. Il cervello funziona male, il sistema nervoso dà segni di cedimento, e tutto diventa faticoso, anche alzarsi per andare a fare una telecronaca di calcio, la cosa che mi è sempre piaciuta di più. Quando poi la tristezza si intreccia con la morte, ecco che essere giornalisti, testimoni della tragedia, diventa un supplizio, lo stesso di quel 23 gennaio 2002, che non dimenticherò mai.

I compagni di squadra di Vittorio Mero radunati intorno alla sua maglia

Nel pomeriggio mi reco allo stadio Tardini, e quando giungo in cabina, comincia a serpeggiare lo sgomento in tribuna-stampa, con i colleghi in arrivo da Brescia in totale affanno. Poco prima, in un incidente lungo l’autostrada A4, fra i caselli di Ospitaletto e Rovato, in direzione Venezia, è scomparso un giocatore del Brescia, che non doveva essere in campo per squalifica. È Vittorio Mero, 27 anni, sicché immediatamente telefono a Roma ai colleghi di RAI Sport, per sapere se ne sono già al corrente, e in particolare, se l’Ansa ha divulgato qualcosa.

In modo nitido prende forma dentro di me un pensiero: mai e poi mai sarò io, come nel caso accaduto al piccolo Riccardo Scirea, a dare la notizia ai familiari in diretta. L’intenzione dei dirigenti del Brescia è non avvisare la squadra, e io apro la telecronaca, con al mio fianco Mauro Sandreani, gravato da un peso che mi blocca la voce.

A un certo punto si sente la curva dei tifosi lombardi chiamare i giocatori, e gridare in coro “Mero, Mero”, per cui capisco che qualcuno non ha tenuto il segreto, e ha parlato. Baggio e gli altri si avvicinano, scambiano 2 battute con gli ultras, chiedono conferma ai dirigenti, e si mettono le mani nei capelli, tornando verso gli spogliatoi, dai quali erano appena usciti.

Da Roma, in cuffia, comprendono che non so più cosa dire, dinanzi all’evidenza della scena, e mi danno ordine di diffondere l’annuncio, perché i parenti sono informati della sciagura. Lo faccio, con un filo di fiato, mentre vedo sul monitor giocatori in lacrime, e mentre Sandreani, accanto a me, non è in grado di esprimersi, avendo conosciuto di persona il ragazzo. Mi porto questo strazio dentro fino al mattino dopo, contento solo di avere anteposto il rispetto del dolore della famiglia al resto, ma quando leggo i giornali mi sento mancare.

Prendo atto, infatti, della disperazione del padre, che racconta di avere appreso proprio dalla televisione la notizia della perdita del figlio, accingendosi a seguire Parma-Brescia. In quel momento vorrei tirare il freno a mano del treno, e sparire nei boschi: ciò che, per anni, avevo promesso a me stesso di evitare, era capitato, e cioè io involontario “messaggero di morte”.

Vittorio Mero in un momento gioioso dopo un suo gol a Marassi contro il Genoa

Non ti abbiamo mai dimenticato, ciao Vittorio, sempre con noi.

di Carlo Nesti

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