Privacy Policy La Nigeria che vinse le Olimpiadi del 1996

La Nigeria che vinse le Olimpiadi del 1996

26 Marzo 2020

Quella della Nigeria alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996, fu una magnifica storia, uno di quegli eventi che il calcio regala di rado ai suoi appassionati, ma che dimostra quanto sappia essere unico, e imprevedibile, questo sport.

Quella Nigeria Under 23 (guidata dal C.T. olandese Johannes Bonfrère) era una squadra potente e completamente votata all’attacco: a difendere i pali c’era Joseph Dosu, un ragazzo che incontrò la sfortuna un anno dopo, quando in un incidente stradale rimase paralizzato a vita, a soli ventitré anni, e mentre era tesserato con la Reggiana, in Serie A; la linea difensiva era formata da Celestine Babayaro (terzino sinistro all’epoca in forza all’Anderlecht), Taribo West (il giocatore con le trecce esuberanti che si farà conoscere all’Inter un anno più tardi), Uche Okechukwu (difensore fuori quota, militante nel Fenerbahce) e Mobi Oparaku (senza dubbio uno dei meno noti in rosa); a centrocampo, l’unico uomo di rottura incaricato di far legna era Sunday Oliseh, un ragazzo che aveva già debuttato nel calcio italiano, avendo trascorso un anno a Reggio Emilia con la Reggiana e che tre anni più tardi avrebbe disputato una stagione anche alla Juventus. Gli altri tre centrocampisti erano Babangida, il fantasista JayJay Okocha (considerato uno dei dribblatori più efficaci di sempre) e Victor Ikpeba, e componevano la linea della trequarti, a supporto della coppia d’attacco composta da Daniel Owefin Amokachi e Nwankwo Kanu, di gran lunga il giocatore più esperto in rosa (e quindi, il capitano), con una Champions League già presente nel suo palmares.

Nel suo girone D, la Nigeria si trovò in compagnia dell’Ungheria, del Giappone di Hidetoshi Nakata e del Brasile di Rivaldo, Bebeto, Roberto Carlos e Ronaldo, il Fenomeno. Dopo i due successi nei primi due match contro Ungheria e Giappone, le Super Aquile crollarono contro lo strapotere e la classe sopraffina dei calciatori brasiliani, che li sconfissero per 1-0 grazie al gol di Ronaldo (che dietro la maglia aveva scritto “Ronaldinho” per non confonderlo con l’omonimo e più grande compagno di squadra, Ronaldo Guiaro). Gli uomini allenati da Bonfrère, nonostante la battuta di arresto, strapparono comunque l’accesso ai quarti, per la prima volta nella loro storia, ma solo grazie alla differenza reti, a svantaggio del Giappone che fu costretto a riprendere un aereo e ritornare in patria, nonostante avesse ottenuto gli stessi punti dei nigeriani.

Ai quarti di finale, l’avversario della Nigeria fu il Messico. La nazionale centramericana fu regolata con un secco 2-0 (Okocha, Babayaro) che fece esplodere l’ormai incontenibile entusiasmo di un popolo intero, in preda all’esaltazione. La semifinale contro il fortissimo e favoritissimo Brasile fu un rocambolesco e clamoroso 3-4 deciso dal gol di Nwankwo Kanu al quarto minuto del primo tempo supplementare, dopo che i nigeriani avevano agguantato il pari a tempo scaduto, sempre con Kanu.  

Nell’altra semifinale, una delle favorite per la conquista della medaglia d’oro, l’Argentina guidata dal C.T. Passarella, si era sbarazzata del Portogallo con facilità e grazie alla doppietta del Valdanito Hernán Crespo. La finale del torneo di calcio delle Olimpiadi di Atlanta ’96 è, quindi, tra l’Albiceleste e la sorprendente Nigeria, che nel frattempo aveva conquistato le simpatie di tutti.

Sabato 3 agosto 1996. Il giorno della finale. Al Sanford Stadium di Athens (Gerogia) erano presenti più di 86.000 persone. L’Argentina di Passarella si schierò con un 4-3-3 composto da Pablo Cavallero in porta, Chamot, Ayala, Zanetti e Sensini in difesa (tutti impegnati nell’ultimo campionato di Serie A); Almeyda, Morales e Bassedas a centrocampo, Cláudio Lopez, Crespo e Ortega in attacco. Una squadra fortissima.

La Nigeria di Bonfrère presentava il suo dream team, avendo tutti disponibili. Le cose, però, si misero subito male per i nigeriani: Cláudio Lopez, con un’incornata di testa, concluse alla perfezione la prima offensiva albiceleste, portando il risultato sull’1-0. Fortunatamente per le Super Aquile, al ventottesimo Celestine Babayaro fu il protagonista del gol del pareggio nigeriano, anch’egli con una conclusione di testa su un corner che prese di sopravvento la disattenta difesa argentina. Al termine dei primi quarantacinque minuti di gioco, il risultato era fermo sull’1-1.

All’inizio del secondo tempo, il copione sembrava nuovamente il solito del primo: partì forte l’Argentina, con Ortega che, ben servito dal Piojo Cláudio Lopez, entrò in area di rigore con la palla, sentì un leggero (e aggiungeremmo ininfluente) tocco del braccio di Taribo West e si lasciò cadere a terra. Per l’arbitro Pierluigi Collina non ci furono dubbi: calcio di rigore. Crespo, dal dischetto, realizzò perfettamente, con estrema freddezza, salendo a quota sei reti in quella competizione e ottenendo il premio personale di capocannoniere del torneo. Tuttavia, l’Argentina proprio nel momento in cui avrebbe dovuto mantenere alta la concentrazione per tenere al sicuro il risultato e conquistare la medaglia d’oro, si rilassò.

La Nigeria, dopo aver incassato il colpo, rialzò in fretta la testa, e attaccò negli ultimi minuti con ferocia. Al minuto 74’, dalla rimessa laterale di Babayaro, la palla entrò nell’area di rigore albiceleste. Kanu la spizzò di testa al centro, Wilson Oruma la svirgolò clamorosamente a due passi dalla porta di Cavallero, ma la palla finì tra i piedi di Amokachi, che con un pallonetto delizioso fece gonfiare la rete e il petto degli africani che ritornarono in parità: 2-2. L’Argentina si era spenta, la Nigeria continuò a farsi pericolosa. Allo scadere, Javier Zanetti fermò in modo irregolare l’avanzata sulla fascia di Amunike: venne, quindi, fischiato un calcio di punizione nei pressi dell’angolo dell’area di rigore dei sudamericani. Wilson Oruma calciò la punizione, la confusionaria difesa argentina tentò di alzare la propria linea per mandare in fuorigioco i nigeriani, ma lo fece in modo disordinato, fallendo clamorosamente (fu Nestor Sensini a tenere in gioco tutti). La palla finì tra i piedi del neoentrato Amunike, che dopo aver causato il fallo decisivo, si trovò completamente solo davanti a Cavallero. Si trattò di un calcio di rigore in movimento, e il numero sei non sbagliò: 3-2. La gioia dei nigeriani esplose e fu incontenibile.

Alle 17:43 (orario statunitense) Pierluigi Collina fischiò per tre volte e assegnò alla storia un evento incredibile: si trattava della prima medaglia d’oro di una squadra di calcio africana ad una Olimpiade. Si trattò di un’impresa che, sulla scia delle belle figure del Camerun a Italia ’90 e proprio della Nigeria a USA ’94, diede nuova linfa ad un calcio africano pronto, definitivamente, a competere con i piani alti del calcio mondiale. Purtroppo per loro, sarà solo un’illusione, viste le mancate conferme negli anni successivi. Quella sera, però, le aquile presero il volo, e si godettero il panorama mozzafiato dal tetto del mondo: una di quelle esperienze che va bene vivere anche solo una volta nella vita, e che ogni tanto è sempre bene ricordare e celebrare.

Ultime storie