Privacy Policy La salvezza del Venezia 1998-1999

La salvezza del Venezia 1998-1999

29 Aprile 2020

Laguna tutt’intorno. Gli spalti, a spicchi d’arancia, che delimitano il campo dalle gondole e che si prestano a una sorta di spettrale, quanto magnifica, scenografia teatrale. Eccolo qua il Pierluigi Penzo, il galleggiante stadio a pelo d’acqua, quasi a simboleggiare la fluttuante stagione che il Venezia si appresta a giocare. Un colpo d’onda che nel girone d’andata per poco li affonda, e l’improvvisa inversione di tendenza nel girone di ritorno che li riporta a galla. Una risalita che senza il sinistro di Recoba sarebbe stata alquanto complicata da condurre in porto.

Divisa nera e fantasia arancio-verde è la base cromatica su cui si legge Kronos al centro del petto ed Emmezeta appena sotto. Il primo come sponsor tecnico, il secondo a firma dell’azienda del presidente, o più semplicemente intesa per l’acronimo di Maurizio Zamparini, il nome e cognome di colui che, ancora adesso, viene ricordato come il presidente “mangia-allenatori” per eccellenza. Fortemente vulcanico, spesso dai toni aspri, ma anche testardamente appassionato e poetico, nella sua espressione più lieta del termine.

Nasce da qui il ricordo di quel Venezia di Walter Novellino, che ritrova nella stagione 1998-99 il campionato di Serie A. Elementi fortemente iconici, rappresentativi di un calcio lontano di cui non ci resta che ricordarne le gesta per quella che è stata, senza ombra di dubbio, una delle stagioni più belle del calcio targato anni ’90.

Settembre 1998. Ai nastri di partenza la serie A si presenta piena di campioni. Sono ancora gli anni delle Sette Sorelle, quando la lotta per il Tricolore non si assottigliava ai soliti nomi di Juventus, Inter e Milan ma si allargava a realtà storiche e blasonate come Parma, Roma, Lazio e Fiorentina che riuscivano ad imporsi anche in Europa. Tutte le rose presentavano elementi di qualità ed ogni domenica si attendeva con impazienza l’aggiornamento dei punteggi sulla pagina del Televideo per poter leggere risultati – sulla carta – quantomeno impensabili. E fra le tante squadre in lotta per la salvezza, il Venezia non sfigurava affatto. Rivede la serie A dopo trentuno anni con Walter Alfredo Novellino confermato sulla panchina dei lagunari in virtù della splendida promozione conquistata nella stagione precedente. Finalmente ha la chance di allenare – per la prima volta in A – in una piazza che vuole ritagliarsi fortemente il proprio spazio nella vetrina più prestigiosa. Il progetto tecnico segue la linea del 4-4-2, il modulo forse più adatto ad una formazione che deve concentrare le proprie energie sull’agonismo e il senso di appartenenza. La porta viene affidata a Massimo Taibi, in cerca di riscatto da una stagione tribolata con la maglia del Milan. La gestione della difesa è guidata dall’esperienza di Luppi con un giovane Pavan (che oggi compie gli anni) al proprio fianco, con ai lati due gregari della corsa come Carnasciali e Dal Canto. La regia in mezzo al campo è firmata da Sergio Volpi con la preziosa collaborazione di Miceli, Pedone e l’estro di Fabian Valtolina; mentre la responsabilità di buttare la palla nel sacco è tutta di Stefan Schwoch e Pippo Maniero. Non ci sono stelle. Non c’è la fantasia strabordante nei piedi di questi mestieranti del pallone che invece fanno della fatica e il sudore gli unici canali percorribili per raggiungere l’obiettivo comune della salvezza. In un ambiente pieno di entusiasmo, che per troppi anni ha dovuto masticare a denti stretti nei campi polverosi delle serie inferiori.

La partenza è subito impegnativa, di quelle con il freno a mano tirato. Nelle prime cinque giornate si registra uno 0-0 contro il Parma, dove arriva il primo punto in campionato, e quattro sconfitte. Di cui una all’esordio in casa del Bari e tre consecutive senza segnare neanche un gol. Alla sesta giornata arriva il pareggio con l’Udinese e la prima marcatura di Schwoch, ma per la conquista dei tre punti si deve attendere addirittura la nona di calendario. Ad uscire sconfitta dal Penzo, tocca alla Lazio di Eriksson, quella romana è una corazzata fatta di grandi giocatori, con attaccanti del calibro di Bobo Vieri e Marcelo Salas, con ambizioni neanche troppo velate di metter le mani sullo scudetto. Ma a Venezia stavolta non si passa. Sono i gol di Tuta e Pedone a regalare i primi importanti tre punti. È una magra consolazione, cinque punti sui ventisette a disposizione sono un bottino troppo misero per ritenersi fuori dal tunnel. O perlomeno fuori dalla crisi.

La strada è ancora tutta in salita: ci vogliono coraggio e fiducia nei propri mezzi per uscire dallo spettro della retrocessione. Novellino si scrolla di dosso i fantasmi dell’esonero e resta ancorato alla sua panchina, mentre la squadra lancia un timido segnale di ripresa nelle partite successive. Guadagnano un punto con Salernitana e Sampdoria, pescano il jolly a Cagliari con l’autogol di Zanoncelli che gli impacchetta la prima vittoria in trasferta, pareggiano con Piacenza e Vicenza e perdono poi sonoramente contro l’Inter del fenomeno Ronaldo. La squadra c’è ma ha bisogno di un salto di qualità che arriva in prestito dal mercato di gennaio proprio dalla famiglia nerazzurra.

Tra le riserve di Gigi Simoni c’è un giovane uruguagio: Alvaro Recoba, detto el Chino. Nella stagione precedente ha già mostrato gli sprazzi di un talento devastante, ma in quella attuale non trova conferme. Sceglie Venezia perché ha bisogno di giocare e al suo posto viene sacrificato Stefan Schwoch che si trasferisce al Napoli. Mai colpo di mercato fu più azzeccato. La coppia Recoba-Maniero diventa titolare e tra le più prolifiche. La salvezza passa dal mancino del fantasista sudamericano che si integra perfettamente con i meccanismi di squadra. Gli altri corrono, Recoba inventa e Maniero segna. Nasce così la rimonta del Venezia che inizia la cavalcata all’ultimo giro di boa fermando una Juventus scudettata – ma in quel frangente lontana dalla vetta – con un gol di Pedone, che impedisce alla risposta di Fonseca di trovare la rete della vittoria. L’uno a uno con i bianconeri chiude un girone d’andata alquanto atipico per i lagunari. Le prestazioni ci sono, i pareggi in trasferta muovono la classifica ma la quindicesima posizione parla ancora, per il momento, di retrocessione diretta. Nonostante l’affollamento nella zona rossa di squadre a pari punti, la coperta resta comunque corta.

Inizia il girone di ritorno e le magie del Chino si rivelano ben presto una manna dal cielo. Nel recupero contro l’Empoli si contano i primi benefici, alla doppietta di Re Artù Di Napoli arrivano i gol di Valtolina e la doppietta di Maniero. Il primo a godere dell’assistenza di Recoba che ingrana la quinta e non si ferma più. Il sogno della salvezza non resta più soltanto un’utopia ma comincia a prendere forma e, aldilà delle inevitabili battute d’arresto, diventa certezza quando il Venezia esce fuori dalle sabbie mobili conquistando un filotto incredibile di risultati. Vince contro il Bari con un gol allo scadere di Tuta, fortemente contestato per un alone di mistero che parla di combine; supera la Roma di Totti e Paulo Sergio con un netto 3-1 e al Penzo cadono anche Perugia e Udinese prima del 4-1 rifilato alla Fiorentina spuntata di Trapattoni e Batistuta, orfana del carnevalesco Edmundo, scappato in Brasile al richiamo di Rio de Janeiro.

Contro i viola sale in cattedra il genio di Recoba, autore di una tripletta memorabile che non lascia scampo al povero Toldo. E poi arrivano le vittorie con il Cagliari e Piacenza, i pareggi importanti con Salernitana ed Empoli, per poi concludere con lo storico 3-1 con cui l’Inter esce sconfitta dalla laguna. La pratica nerazzurra viene archiviata in diciannove minuti, grazie ai gol di Volpi, Recoba e Maniero. L’ossatura portante del Venezia di Novellino. La successiva sconfitta nell’ultima giornata, in casa della Juventus sarà indolore. Quarantadue punti, undicesimo posto, dieci gol del Chino, dodici di Maniero per una salvezza che da sogno è diventata realtà. Chissà come sarebbe finita senza il fiuto di Zamparini e Marotta, che con l’avallo della dirigenza interista si sono trovati un gioiello tra le mani, capace di dipingere con il suo sinistro una delle pagine più belle della storia del calcio.

Credits: MEROLA ANSA.

Oggi, in occasione del compleanno di Simone Pavan, l’impresa folle e spettacolare di quel Venezia merita di essere rispolverata, perché è entrata di diritto nel cuore degli italiani. Semplicemente perché è la storia che tutte le provinciali sognano di raccontare, forti di una appartenenza naturale verso la squadra che li rappresenta. Sono loro – insieme ai protagonisti in campo – ad aver vissuto in prima persona la favola della Serenissima che da “Cenerentola” del campionato si ritrova ad assurgere il ruolo di “Regina d’Italia”. In virtù di una salvezza insperata, e perciò ancora più bella, perché ottenuta attraverso mille ostacoli e superati in un contesto dove il coefficiente di difficoltà era davvero elevato. Ma il calcio è di tutti e le emozioni non conoscono ostacoli. Stavolta viaggiano tra i calli e i corsi d’acqua, passano sotto il ponte di Rialto e accarezzano piazza San Marco, fino a bagnare dolcemente i ricordi di chi si è appassionato – seppur di riflesso – alla storia della vostra avventura. Lasciandosi cavalcare da quell’onda meravigliosa che voi, storici naviganti, avete incalzato a mo’ di gondole e remi. In barba ai detrattori e a quelli che alla fine del girone d’andata vi davano già per spacciati.

Abbiamo voluto celebrare quella magica formazione, realizzando questa maglietta che non potrà lasciare indifferenti tutti tifosi del Venezia e non solo.

Per pre-ordinare la maglietta scriveteci su info@operazionenostalgia.com

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