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La Serie A 1984-85 è la Lega più competitiva della storia?

25 Settembre 2021

INTER

Karl-Heinz RUMMENIGGE

Il neo-presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini, annuncia il suo ingaggio sin dalla primavera del 1984. C’è la volontà di tracciare una linea netta, in discontinuità col passato e dopo le delusioni “esotiche” di Hansi Müller e Ludo Coeck, il numero uno dei nerazzurri annuncia l’arrivo all’ombra della Madonnina di uno dei più forti e completi attaccanti in circolazione. Karl-Heinz ha vinto tutto con il suo Bayern Monaco: due Bundesliga, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, due Palloni d’Oro consecutivi (1980 e 1981), tre titoli di capocannoniere ed un Europeo con la Germania. L’annuncio infiamma – e ne ha ben donde – tutto il popolo interista ed il tedesco non deluderà le attese, seppur qualche infortunio di troppo ne limiti il suo impiego con la necessaria continuità. Attende due mesi per segnare i suoi primi gol in Italia, ma lo fa in grande stile, abbattendo con una doppietta la Juventus nel 4-0 di San Siro dell’11 novembre. Da lì, il crescendo è continuo e costante, fino all’infortunio del febbraio 1987 contro il Brescia che segnerà il termine del suo campionato e della sua esperienza in nerazzurro. Tuttora, il legame con il club nerazzurro è ancora ben saldo, naturale conseguenza del vicendevole affetto sbocciato durante il triennio milanese di Kalle.

William BRADY

È un dubliner, ma è l’Arsenal ad adocchiare il suo talento quando non ha ancora quattordici anni, tanto da farlo esordire nel massimo campionato inglese tre anni dopo. Brady non ha particolari doti atletiche, ma supplisce a queste “mancanze” con un tocco di palla sovrannaturale, coniugato ad uno spiccato senso tattico che si esplicitano in efficienza ed efficacia. Diventa un simbolo dei Gunners, disputando oltre 250 match in campionato e nel 1980, quando l’Italia riapre le frontiere, viene scelto dalla Juventus come primo giocatore straniero. In due stagioni vince altrettanti Scudetti ed in occasione del successo del 1982 s’incarica di calciare il rigore decisivo, all’ultima giornata, in quel di Catanzaro che si rivelerà decisivo per la vittoria finale, nonostante sapesse già di non essere confermato per il campionato successivo, visti gli arrivi di Platini e Boniek. Si ritrova così alla Sampdoria dove fa da chiocca ad un giovane Mancini e prosegue lungo il percorso dell’affidabilità, tanto da convincere i dirigenti dell’Inter a puntare su di lui. Anche nella Milano nerazzurra prosegue lungo il sentiero tracciato fino a quel momento e, al termine della seconda annata, si concede un ultimo sprazzo d’italianità ad Ascoli per poi tornare sulle sponde del Tamigi per vestire i colori degli Hammers.  

JUVENTUS

Michel PLATINI

Le Roi sta vivendo il suo periodo indiscusso di massimo splendore. L’estate che lo porta verso il campionato 1984-85 lo ha anche consacrato come eroe della nazionale francese che ha letteralmente trascinato verso il successo dell’Europeo tenutosi in casa. Platini, ormai, è un attaccante completo. Forse il migliore del mondo. Ed è per questo che l’attesa che porta l’intera Italia pallonara verso il torneo più bello del mondo si concentra tutto sullo scontro a distanza tra il francese e l’argentino che gli ha dichiarato – sportivamente – guerra: Diego Armando Maradona. L’annata appena archiviata lo ha visto primeggiare con relativa tranquillità nei confronti di Zico. Da quando è in Italia, Michel ha sempre vinto la classifica marcatori ed anche il 1985 finirà così, come gli anni precedenti, quando al termine dell’anno è giunto anche il premio più ambito di tutti: il Pallone d’Oro. Seppur in campionato i bianconeri troveranno diverse difficoltà per trovare la necessaria continuità, così non sarà in Europa, il cui cammino termina nell’assurda finale dell’Heysel di Bruxelles, durante la quale la vittoria finale che interrompe una lunga maledizione continentale passerà necessariamente e dolorosamente in secondo piano.

Zbigniew BONIEK

Se la Juventus può vantare sulla sua bacheca due Coppe dei Campioni, sulla prima c’è ben impresso in calce il nome di Boniek. Il polacco, infatti, si guadagnò ben presto il soprannome di Bello di Notte per la sua particolare attitudine nell’essere decisivo in occasione degli incontri di coppa. Arrivato al Comunale subito dopo il Mondiale del 1982 in coppia con Platini, la Vecchia Signora si ritrovò in rosa con due dei campioni più forti del panorama mondiale, oltre a sette campioni iridati. Con queste premesse era impossibile non puntare ad imporsi, finalmente, sul panorama europeo. Ed il passo decisivo per scrollarsi di dosso queste sue “paure continentali” fu operato grazie all’arrivo di Zibì che l’avvocato ribattezzò prontamente Bello di Notte. Ed allora, ecco qui una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA ed una Coppa dei Campioni per far valere finalmente il suo predominio anche fuori dai confini nazionali. “Compiuta” la sua missione, Boniek poi si trasferì a Roma – dopo averla sfiorata tre anni prima – correndo il rischio di “scippare” clamorosamente ai suoi ex compagni di squadra lo Scudetto del 1986. Ma del tracollo casalingo con il Lecce, se ne parla ancora adesso.