Privacy Policy La TOP 11 (+7) del Padova degli anni '90

La TOP 11 (+7) del Padova degli anni ’90

22 Marzo 2021

«Ma proprio quello lì doveva capitarci oggi? Ma non poteva restare a Viareggio?». È Gino Rancati, lo storico inviato di 90° Minuto, a raccontare lo sconforto dei tifosi del Milan al termine della sfida, terminata 3-2 per la Juventus, tra il Diavolo e la Vecchia Signora nel giorno di San Valentino del 1982. I bianconeri, senza Marocchino e Bettega (infortunati), né Paolo Rossi (squalificato), sono costretti a richiamare dal Torneo di Carnevale il giovane attaccante che guida il reparto avanzato della selezione giovanile. Veste la maglia numero nove e non ha ancora diciannove anni.

Non è una novità vederlo sporcarsi i pantaloncini di fango insieme ai più grandi. I suoi capelli lunghi hanno già fatto capolino tra la criniera prematuramente argentata di Bettega e i ricci di Virdis. Si fa notare, non certo per l’altezza – lo chiamano Nanu – ma perché mette puntualmente in difficoltà i propri avversari. E quella domenica Giuseppe Galderisi difficilmente la potrà dimenticare: è una sua tripletta, a mandare al tappeto i propri avversari, rispondendo colpo su colpo ai tentativi di rimonta dei fino ad affossarli definitivamente.

Nanu Galderisi insieme a Roberto Mancini prima di Bologna-Juventus nella stagione 1981-82

L’Italia si accorge, così, del talento del ragazzo nato a Salerno e per un buon quindicennio vi prenderà confidenza. Domenica dopo domenica, il suo nome riecheggia nelle radioline degli appassionati sparsi lungo la penisola e, anzi, si tinge col tricolore nel 1984-85 quando guida l’attacco del Verona, la squadra che domina e trionfa nel campionato di Maradona, Zico, Platini, Rummenigge, Socrates, Junior e Falcão.

Inevitabile, quindi, che Bearzot lo voglia con sé come spalla di Altobelli in occasione dei Mondiali messicani del 1986. Sembra il viatico di una carriera ricca di soddisfazioni e, invece, inizia la fase più tortuosa e complicata della sua vita professionale. Al termine dell’estate il suo è uno dei nomi che Berlusconi pretende per far grande il suo primo Milan: il Cavaliere lo veste di rossonero staccando un assegno da ben cinque miliardi più il cartellino di Paolo Rossi – curioso come s’incrocino di nuovo le loro strade – al Verona. Con Liedholm in panchina e Donadoni sulle fasce, il Diavolo può tornare a sognare in grande, ma l’impatto con la realtà di San Siro non è ottimale ed alla fine dell’anno si contano soltanto tre gol in ventuno partite. L’anno dopo viene addirittura ceduto alla Lazio in Serie B, desiderosa di tornare nel massimo campionato. Qui va addirittura peggio: mette a segno soltanto un gol. Il suo cartellino è ancora della società milanese e, seppur il ritorno a Verona del 1988-89 – segna quattro volte – non coincida con il più indimenticabile dei ritorni, viene riscattato dal Milan di Sacchi.

Giuseppe Galderisi veste la maglia del Verona campione d’Italia nella stagione 1985-86

Qui, però, interviene l’uomo della provvidenza che prende il nome e le sembianze di Pietro Aggradi: il direttore sportivo del Padova bussa alla porta della società rossonera e convince Nanu e la dirigenza ad accettare la sua offerta. Lì per lì può sembrare una “retrocessione”, ma i piani dei patavini sono ben chiari: il progetto è quello di tornare in Serie A quanto prima e la volontà è di allestire una squadra competitiva che poggi sulle spalle di un nucleo di calciatori esperti: al vecchio stadio Appiani, oltre a Galderisi, arrivano Bistazzoni, Albiero, Pradella e Miano. Ad ottobre, poi, arriva un giovane interessantissimo: il suo nome è Angelo Di Livio.

La squadra si amalgama e prende forma intorno a Nanu che s’impone sin da subito come re dei marcatori. L’aria tranquilla della provincia, la maturazione completa e la responsabilizzazione fanno benissimo a Galderisi che ha ancora soltanto ventisei anni. È quasi sempre il miglior marcatore della squadra e mentre negli anni cambiano i compagni di squadra e gli allenatori, l’ultima tessera del puzzle che s’incastona nel sentiero verso la Serie A è rappresentata dalla chiamata alla guida dei “grandi” di Mauro Sandreani. Il tecnico è arrivato in Veneto insieme all’attaccante, ricoprendo il ruolo di allenatore in seconda – come si diceva un tempo – di Enzo Ferrari. Ed è rimasto lì anche quando si sono succeduti alla guida Mario Colautti e Bruno Mazzia. Alla trentunesima giornata del torneo il presidente Puggina gli affida le redini della prima squadra. Ed inizia la favola della squadra biancoscudata.

Galderisi con Modica e Del Piero prima di Padova-Cremonese del 1992-93

Galderisi è il faro lì davanti e, nel tempo, fa da chioccia ad una schiera di giovani attaccanti promettenti come Maniero e Del Piero. È il capocannoniere nell’anno della sospirata e sudatissima promozione che avviene al termine dello spareggio contro il Cesena in quel di Cremona. Quindici squilli di tromba per festeggiare un traguardo che mancava da più di trent’anni. Una data che coincide, quasi, con quella della nascita di Nanu. Nell’anno immediatamente successivo ai Mondiali, il suo ruolo muta radicalmente: perde la titolarità, ma rimane comunque una guida nello spogliatoio e tiene unite le fila dei veneti che, dopo un pessimo inizio, racimolano sempre più punti, fino a giocarsi la permanenza in Serie A in un nuovo spareggio, stavolta a Firenze, stavolta contro il Genoa. Anche questa volta con esito positivo.

Dopo aver centrato la missione, la carta d’identità non più verde e le dinamiche che lo vedono sempre più lontano dal novero della prima squadra, complici le esplosioni di Vlaovic e Amoruso, convincono Galderisi a tentare l’avventura nella neonata Major League Soccer: se ne va in Florida per continuare a segnare prima con il Tampa Bay Mutiny, per poi chiudere con il New England Revolution.

A trentaquattro anni, Nanu appende gli scarpini al chiodo. Guardandosi indietro, non può dimenticarsi di quanto il Veneto gli sia stato amico. Prima in quel di Verona, avendo vissuto da protagonista indiscusso l’avventura gialloblù del Tricolore, poi a Padova, città che l’ha visto accompagnare sui più grandi palcoscenici generazioni di futuri campioni ed indimenticabili gregari che, correndo e sudando in silenzio, hanno portato in alto l’onore dei Biancoscudati. Ecco, dunque, una rosa dei migliori diciotto che, nel corso degli anni, hanno lottato insieme a lui, per il Padova, sui campi di mezza Italia.

Adriano BONAIUTI

Adriano Bonaiuti ha disputato 174 incontri in campionato difendendo la porta del Padova

È il 1991 quando l’estremo difensore romano sposa la causa del Padova. Dopo due anni trascorsi sulla panchina della Juventus dietro all’inamovibile Tacconi, Bonaiuti vuol giocarsi le sue chance, dimostrando che la convincente stagione vissuta tre anni prima con la Sambenedettese non è stata un semplice episodio. Riuscendoci alla grande. Per ben cinque anni è il proprietario esclusivo della maglia numero uno e, grazie alle sue parate, nell’estate del 1994 riesce a festeggiare la promozione in Serie A. Rimane in Veneto fino al 1996 quando, dopo la retrocessione in Serie B, si accasa al Palermo, per poi transitare a Cosenza, a Trapani e a Pescara. Chiude la carriera con la maglia dell’Udinese, club con cui intraprenderà una proficua carriera da allenatore dei portieri.

Antonio BENARRIVO

Antonio Benarrivo inseguito da Maurizio Ganz durante un Brescia-Padova del 1990-91

Il ragazzo che arriva a Padova nell’estate del 1989 ha soltanto ventuno anni, ma ha già fatto vedere cose egregie con la maglia del suo Brindisi che disputa il torneo di Serie C1. Ha nella corsa il suo marchio di fabbrica ed un piede educato, in grado di innescare gli avanti. Sulla panchina biancoscudata si alternano due vecchie volpi come Ferrari e Colautti, ma Benarrivo non è mai in discussione e, anzi, le sue prestazioni migliorano man mano che gli anni trascorrono. Ara indifferentemente la fascia destra o quella sinistra del Silvio Appiani e sette volte va anche in gol. Le sue qualità tecniche e la sua duttilità stuzzicano grandi attenzioni da parte dei club della massima serie e dopo due stagioni accetta l’offerta del Parma, con cui vincerà diversi trofei in Italia e in Europa, vestendo anche la maglia della Nazionale.  

Franco GABRIELI

Franco Gabrieli è abbracciato da Lalas e Galderisi dopo la sua rete in Padova-Milan 2-0

Quando viene acquistato dal Padova, Franco ha già trent’anni. Difficile immaginare che la sua primavera calcistica stia per sbocciare quando per molti dei suoi colleghi è già avviata al crepuscolo. E invece, Gabrieli diventa una vera bandiera del club, legando il suo nome a quello del club anche quando la parabola da calciatore è terminata, allenando tutte le giovanili dei biancoscudati. È il 1992 quando firma per il Padova. Sulle sue spalle ci sono i segni profondi di migliaia di chilometri macinati sui campi di C e B, a dar sportellate e sputar sangue. L’anno prima è stato retrocesso con il Messina, dove ha incontrato quel Colautti che a Padova ha già allenato. E viene scelto da Sandreani per presidiare la fascia sinistra. La sua carriera termina solo nel 1999, dopo sette anni – intervallati da un prestito al Ravenna nel 1998 – di onorato servizio durante i quali ha tenuto alto lo stendardo patavino anche su quei campi di Serie A che, qualche anno prima, poteva soltanto sognare. Poi, cosa vuoi fare? Non vuoi segnare la tua prima rete in Serie A con un eurogol da trentacinque metri? Poi al Milan? E poi di destro? Roba da Franco Gabrieli.

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