La TOP 11 (+7) del Padova degli anni ’90
22 Marzo 2021
Claudio OTTONI

Per sapere cosa vuol dire avere un guerriero in squadra, basterà chiedere informazioni ai tifosi più stagionati che, dal 1988 al 1994, hanno visto Claudio Ottoni in azione. Qui non ci sono fronzoli, pizzi o merletti che tengano. La presenza di Claudio, a mo’ di pilone, al centro della difesa, rappresentava la certezza pressoché totale di assistere allo schianto degli attaccanti avversari sulla sua figura. Il Padova lo acquista dal Bologna nell’estate del 1988: i rossoblù hanno appena conquistato la promozione in Serie A ed i biancorossi hanno bisogno del suo aiuto per dare solidità al reparto. Ed è proprio in lui che la troveranno. Disputa sei stagioni al Silvio Appiani, mettendo insieme un bottino di quasi duecento presenze in campionato. L’ultima, la più dolce, la festeggia celebrando quella così tanto agognata promozione in Serie A, a coronamento di una carriera che l’ha visto entrare in tackle sugli avversari e nei cuori dei suoi tifosi. Un monumento.
Alexi LALAS

Alzi la mano chi, all’inizio dell’anno, avrebbe mai pronosticato di vedere quell’americano con il pizzetto da cowboy e i riccioli rossi essere riconosciuto come uno dei migliori stranieri approdati nel campionato italiano. Quasi nessuno. I Mondiali di USA ’94, amaramente archiviati dagli italiani, lo avevano già esposto al “fuoco mediatico”: impossibile non notarlo in campo per il suo aspetto, seppur gli Stati Uniti disputino un ottimo torneo, eliminati soltanto dal Brasile campione del Mondo. Al centro della difesa c’è Alexi che eccelle in atletismo e fisicità, abbinando una tecnica che raramente si era vista in uno yankee. Dopo un’attenta valutazione, il Padova lo vuole per celebrare il suo ritorno in A. C’è chi vede in questa operazione una mossa più mediatica che utile alla causa patavina. Ma l’americano, metabolizzato l’impatto con il campionato italiano, mette a tacere tutti i mugugni, diventando un vero e proprio leader. Dentro e fuori dal campo. Carismatico, simpatico come pochi, riesce a lasciare il segno anche oltre le porte di Padova. Il suo primo gol, poi, lo segna al Milan campione d’Italia e d’Europa. Che cosa volete di più?
Damiano LONGHI

È uno degli alfieri della promozione. Il suo nome è un’istituzione da quelle parti e le sue otto stagioni – intervallate dall’anno di “esilio” a Pescara nel 1989-90 – sono lì a testimoniarlo. Il gioco passa sempre dalle sue parti: detta i ritmi ed è il metronomo della linea mediana. Inoltre, con il suo piede, spalanca le difese avversarie per lanciare in rete i suoi compagni di squadra. E quando riesce ad avvicinarsi all’area di rigore, non disdegna di andare in rete con una certa regolarità. La squadra che conquista la promozione è composta da uno zoccolo duro di uomini, prima che di calciatori, che si è forgiato nel tempo, vivendo insieme le difficoltà e i momenti più belli. Il premio del ritorno nella massima serie, centrato dopo un’attesa di trentadue anni, deve passare tra le forche canapine di Cremona, dove guida la rimonta del Padova contro il Cesena che vale la Serie A. Anche nel massimo campionato, Longhi veste il ruolo di leader e conclude la stagione con cinque segnature che saranno fondamentali per evitare la retrocessione fra i cadetti.
Angelo DI LIVIO

Cresce in una nidiata di futuri campioni. Quando vince lo Scudetto con la Primavera della sua Roma, scende in campo insieme a futuri campioni del calibro di Giannini, Baldieri, Di Mauro, Desideri e Savorani. Tra i professionisti, invece, annusa l’odore dei campi (davvero) polverosi della periferia, andando prima alla Reggiana, poi alla Nocerina. Nel 1987 arriva a Perugia, in C2 e vince il campionato insieme a Bia, Ravanelli – capocannoniere con ventitré gol – e Provitali. È giovane, ma si vede che c’è già la stoffa del calciatore promettente. Ed è per questo che Piero Aggradi, navigato dirigente, lo chiama a Padova nell’ottobre del 1989 dove ritrova anche Colautti in panchina, che lo ha già avuto a Perugia. Gli viene subito consegnata la maglia numero sette e Di Livio non tradisce le attese, distinguendosi per il suo inesauribile dinamismo e per lo spirito combattivo che, ogni santa domenica, mette in campo contro i suoi avversari. Allo stadio Silvio Appiani vive tre anni e mezzo ad altissimi livelli e, per lui, nel 1993 si scomoda addirittura la Juventus: la Vecchia Signora pesca a piene mani dal serbatoio patavino ed affronta il viaggio che lo porterà a vestire il bianconero insieme ad un giovanissimo Alessandro Del Piero. Il resto, beh, è storia.

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