Privacy Policy L’arcobaleno di Stefano Borgonovo che illuminò l’Olympiastadion - Pagina 2 di 2

L’arcobaleno di Stefano Borgonovo che illuminò l’Olympiastadion

18 Aprile 2022

18 aprile 1990: il pallonetto del destino

Il Milan arriva in Germania senza Ancelotti, Gullit e Donadoni. Contro gli agguerriti tedeschi di Augenthaler, Kohler, Reuter, Thon, McInally e Strunz serve una prova superlativa, fatto non nuovo comunque per l’undici di Arrigo Sacchi. È proprio la squadra italiana a condurre il gioco, sfiorando più volte il gol con Massaro, Van Basten e ancora Massaro, ma è il Bayern a passare in vantaggio con Strunz, che approfitta di una distrazione (strano a dirsi, a leggere i nomi: Tassotti, Baresi, Costacurta, Maldini) della difesa e porta i suoi in vantaggio. È il minuto 60, ai tedeschi serve un altro gol per passare il turno. Pochi minuti dopo, al ventitreesimo minuto, entra Borgonovo per Stroppa. La rete che serve ai teutonici non arriva, si rendono dunque necessari i supplementari. È il minuto 101. La palla viene rilanciata dalla trequarti verso Stefano. Con rara maestria si accerta di aver evitato il fuorigioco. Un solo rimbalzo. Basta soltanto un rimbalzo. La palla non tocca la terra una seconda volta. Il piede destro di Borgonovo la accarezza con una dolcezza inaudita, dando vita ad una parabola che si alza quel tanto che basta per farsi ammirare in tutta la sua perfezione dall’incolpevole e impotente Aumann, che può soltanto andarla a raccogliere, quella palla al termine del suo viaggio all’interno della porta. Una foglia accarezzata dal vento, un bacio lanciato verso la persona che si ama, la carezza di un padre ai suoi bambini. Tutto quello che vi viene in mente di poetico, delicato, dolce e struggente si addice alla rete di Borgonovo, che racchiude in sé non soltanto l’emotività di un momento decisivo, ma anche tecnica, intelligenza calcistica, fiuto del gol, scaltrezza e prontezza di riflessi.

La giustizia

Nelle poche cose giuste che la vita e il mondo ci propongono quotidianamente, la perla di Borgonovo ha in sé, tra le tante cose, anche questo dono. A nulla è servito infatti il pareggio di McInally. Bayern Monaco-Milan, 2-1, e rossoneri in festa. Perché è giusto, tremendamente giusto, il fatto che un gol così bello sia stato decisivo per il passaggio del turno da parte del Milan e dunque, di conseguenza, per la vittoria della Coppa dei Campioni, vinta contro il Benfica al Prater di Vienna grazie al gol di Rijkaard. “La vera bellezza, dopotutto, consiste nella purezza del cuore”, dice Gandhi. E forse soltanto uno dal cuore pulito come Borgonovo poteva entrare nella storia del Milan, durante una stagione tormentata a livello personale, con un gol di rara e sublime bellezza. Bellezza, coraggio, sfrontatezza e determinazione. La lezione di Borgonovo che travalica il campo e lascia senza parole, ma porta con sé la scia luminosa di un esempio impossibile da dimenticare. Come quel gol, quel 18 aprile di trentadue anni fa. Impossibile da dimenticare. Come Stefano Borgonovo.

di Yari Riccardi