Ma come ha fatto l’Olanda nel 2002 a non qualificarsi al Mondiale con questa rosa fenomenale?
1 Luglio 2020
Pierre VAN HOOIJDONK (7 presenze, 227’)

Una carriera ricca di reti, quella di questo perticone (193 centimetri) classe 1969, segnati con numerose maglie: all’epoca dei fatti, Pierre gioca nel Feyenoord, con cui vincerà una UEFA, il titolo di capocannoniere della manifestazione e, nello stesso anno, la classica marcatori in patria. In Nazionale, tuttavia, parte sovente dalla panchina: sei volte in sette presenze nelle qualificazioni, con tre reti segnate nelle agevoli sfide con Andorra.
Boudewijn ZENDEN (7 presenze, 577’)

Bodo è l’alter ego di Overmars, creando una coppia di variabili impazzite capaci di mettere in difficoltà le difese con la loro imprevedibilità. Al Barcellona non trova lo stesso spazio di altri connazionali, ma si fa apprezzare per la sua duttilità, venendo addirittura schierato da esterno basso; dopo l’era van Gaal, nel club le presenze si fanno più rare, motivo per emigrare in Inghilterra per un decennio, con una sola partentesi a Marsiglia, vestendo i colori di Chelsea, Middlesbrough, Liverpool e Sunderland.
Marc OVERMARS (8 presenze, 606’)

Una freccia sulla fascia. Questo classe 1973 nativo di Emst vive il momento di massimo splendore della propria carriera, frutto di un ottimo triennio a Londra in maglia Amsterdam, dove nel 1997-98 conquista il double con Premier League ed FA Cup, che gli spalanca le porte del Barcellona nella stagione 2000-01, ultima tappa ad alto livello prima della chiusura con le Go Ahead Eagles e l’inizio della carriera dirigenziale.
Phillip COCU (9 presenze, 810’)

Il giocatore di movimento più impiegato (810’ in dieci gare) è il centrocampista del Barcellona, voluto proprio da Van Gaal in blaugrana dopo averlo prelevato nel 2008 dal PSV Eindhoven. Un prezioso equilibratore del gioco, quelli che si definirebbero “allenatori in campo”: ed in effetti in panchina, terminata la carriera, ha già dimostrato di poter dire la propria. Nelle qualificazioni al mondiale 2002 segna anche un gol, purtroppo inutile, nel 5-0 della penultima giornata con l’Estonia.
Patrick KLUIVERT (9 presenze, 734’)

Un altro Oranje trapiantato in Catalunya. Già, perché dopo aver deciso giovanissimo la finale di Champions del 1995 con il suo Ajax, battendo il Milan, e un’avventura in rossonero completamente da dimenticare, Kluivert fa parte del processo di “olandesizzazione” del Barcellona. Arriva alle qualificazioni dopo il palo della semifinale europea con l’Italia, che avrebbe potuto mettere KO gli uomini di Zoff, segna cinque reti, risultando il secondo miglior marcatore dei suoi, ma non basta.
Edwin VAN DER SAR (10 presenze, 900’)

Unico atleta sempre impiegato nel percorso delle qualificazioni, il numero uno scuola Ajax passa nel corso del biennio dalla Juventus, dove non sarà mai apprezzato fino in fondo, al Fulham. Quella londinese, appena passati i 30 anni, sembra la classica parentesi per avviarsi alla pensione, ma non sarà così: nel 2005, infatti, bussa alla sua porta Alex Ferguson per portarlo allo United, che lo mette tra i pali dei Red Devils e trionfa in Champions nel 2008.
di Damiano Reverberi

L’ultimo eroe del XX secolo: la classifica del Pallone d’Oro 1999
12. Jaap STAM (Manchester United) Il centrale olandese è vertiginosamente salito negli indici di gradimento continentali dopo le due ottime stagioni con il PSV Eindhoven che hanno dato il la a una corsa contro il tempo per assicurarsi le prestazioni del difensore di Kampen. Il Manchester United è arrivato a battere il record della maggior […]

Baggio contro Okocha: la rosa del Paris Saint Germain che sfidò il Brescia in Intertoto
José da Silva ALOISIO CHULAPA Tanto Brasile e due sole esperienze europee per Aloisio Chulapa, al Paris Saint Germain e al Rubin Kazan. Nell’Intertoto del 2001 sarà l’uomo decisivo, segnando al Rigamonti il gol che permetterà ai parigini di vincere il torneo col terzo gol nella competizione, gli altri due messi a segno al Tavriya […]

Un 10 in pagella che vale una vita: l’impresa di Alessio Scarpi
Seppur siamo nel periodo immediatamente successivo a quello pasquale, non saremo certo accusati di blasfemia parlando di una sorta di resurrezione “sportiva”, ma non nell’accezione di cui comunemente si scrive: qui non si parla di un giocatore sfortunato o inespresso che ritrova sé stesso, quanto di un’atleta che rischia di lasciarci le penne e, dopo […]