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La rosa Under 21 che vinse l’Europeo 1994 è la migliore di sempre? Giudicate voi

28 Ottobre 2021

Alessio SCARCHILLI

Per certi versi, si potrebbe fare copia e incolla di quanto scritto per Berretta. Uscito dal vivaio della Roma, dove mette in mostra una tecnica fuori dal comune, viene mandato a maturare a Lecce e, dopo un anno in cadetteria culminato con la promozione, fa il suo esordio in Serie A proprio nell’anno in cui c’è l’Europeo. Maldini non può fare a meno delle sue geometrie, facendone il regista della sua Under 21, ma nella Capitale lo mandano nuovamente a fare apprendistato, a Udine, ma quando torna in giallorosso sembra nuovamente un altro giocatore e la cessione arriva puntuale. Passa al Torino dove, dopo una parentesi alla Samp, gioca per ben sei stagioni, senza però mai toccare quelle vette che gli erano state prospettate ad inizio carriera dagli addetti ai lavori. 

Benito CARBONE

Benny Carbone nasce semplicemente nel periodo storico sbagliato. Quello dove i trequartisti sono visti come “problemi” e non come opportunità, tanto che – Zola insegna – sono costretti ad emigrare per trovare la giusta consacrazione. Dopo gli inizi nelle giovanili del Torino, che lo ha mandato in giro a fare esperienza, è titolare in granata nella stagione che porta all’Europeo, dove si toglie il lusso di segnare il penalty decisivo con la Francia. Ha solo ventitré anni quando arriva al Napoli, ereditando la “10” di Maradona, poi fa tappa all’Inter, dove si scontra col rigido 4-4-2 di Hodgson. A quel punto sceglie l’Inghilterra, dove milita per oltre un lustro, prima di rientrare a casa e chiudere una carriera che lo ha visto vestire ben ventidue maglie.

Filippo INZAGHI

O ce l’hai, o non ce l’hai. Il senso del gol è una delle doti che Filippo Inzaghi ha sempre dimostrato di possedere, già dagli esordi: quando gioca titolare nella finale dell’Europeo Under 21 non è che sia ancora il bomber capace di gonfiare le reti in Italia ed in Europa, come farà con Juventus e, soprattutto, Milan; tuttavia ha all’attivo due stagioni in doppia cifra, al Leffe e al Verona (dove verrà coniato il soprannome SuperPippo), prima di esplodere definitivamente tra Piacenza ed Atalanta. Dopo la delusione di Euro 2000 (dove gioca da titolare eccezion fatta per la finale), trova il modo di mettere in bacheca anche un altro trofeo con la nazionale, segnando alla Repubblica Ceca nella fase eliminatoria del Mondiale 2006. 

Roberto MUZZI

Destino curioso, per un simpatizzante della Lazio. Scartato più volte dalla società biancoceleste, si afferma nel vivaio della Roma, dove si ritaglia solo scampoli; dopo un positivo prestito al Pisa, saluta i giallorossi e va a Cagliari, dove si consacra nel tridente voluto da Oscar Washington Tabarez, insieme a Lulu Oliveira ed al panamense Dely Valdes. Rimane sull’isola fino al 1999, sfiorando le sessanta reti segnate, prima di un quadriennio ad Udine e dall’approdo all’amata Lazio, dove gioca poco ma segna un gol fondamentale in chiave salvezza. Mai convocato in nazionale maggiore, vanta due titoli Under 21 all’attivo, quello del 1992 e quello del 1994: nella semifinale con la Francia, dopo l’espulsione di Delli Carri, si disimpegnò con grande ardore sulla fascia. 

Christian VIERI

All’epoca dei fatti è un attaccante ancora grezzo, che ha raggiunto la doppia cifra con la maglia del Ravenna. Non passerà molto tempo, tuttavia, prima di diventare uno dei migliori centravanti dell’epoca, non a caso tra i primatisti di segnature italiane nella fase finale del Mondiale, traguardo raggiunto nel 2002: l’Europeo Under 21, tuttavia, è l’unico successo in maglia azzurra, con gol annesso nella serie dagli undici metri contro la Francia. Dopo aver messo in mostra la straripante fisicità, abbinata ad un senso del gol non comune, esplode tra Atalanta e Juventus, prima di segnare gol a grappoli con le maglie di Atletico Madrid, Lazio ed Inter. 

di Damiano Reverberi