Privacy Policy Quando la Premier League era un'esperienza da fine carriera

Quando la Premier League era un’esperienza da fine carriera

4 Marzo 2020

MATTEO SERENI (IPSWICH TOWN)

Matteo Sereni

Per lui, come per diversi altri suoi colleghi con i guantoni, vale sempre lo stesso adagio: “Se non avesse avuto davanti a lui portieri come Peruzzi, Pagliuca o Buffon sarebbe stato il titolare in Nazionale”. E invece capita che uno dei portieri più talentuosi d’Italia sia impegnato in Serie B, seppur con la maglia della Sampdoria. Se ne accorge il tecnico dell’Ipswich Town, George Burley, alla ricerca di un estremo difensore di grande affidamento per poter affrontare al meglio il doppio impegno di Premier League e Coppa UEFA. Un assegno da quattordici miliardi è pronto per finanziare le esigue finanze doriane: la cessione si fa in dieci minuti, ma c’è da convincere il portiere che, dopo un iniziale rifiuto, cede alle necessità dei due club e si trasferisce a Portman Road. È il trasferimento più caro nella storia dei Tractor Boys. Certo, la contea di Suffolk non è Londra, ma lì c’è l’ambiente giusto per godersi l’esperienza inglese. O, almeno, questo è l’auspicio. In campionato le cose si mettono subito male: dopo la vittoria alla seconda giornata contro il Derby County, bisognerà aspettare il Natale per trovare sotto l’albero l’inattesa sorpresa del successo esterno contro il Tottenham. In UEFA, idem. Dopo aver superato Torpedo Mosca ed Helsingborgs, il sorteggio mette Sereni & Co. contro l’Inter: dopo la gara d’andata vinta per 1-0, a San Siro gli inglesi sono tempestati da una gragnuola di gol (4-1) che ne determinerà l’eliminazione. Dopo poco tempo, Sereni perde la titolarità appannaggio di Neil Sullivan e, quando la retrocessione si materializza, Matteo torna a fare i bagagli per tornare in Italia e dire sì al Brescia. 

ANDREA SILENZI (NOTTINGHAM FOREST)

Andrea Silenzi Nottingham Forest

Il “Pennellone” romano, dopo cinque stagioni in Serie A a corrente alternata con Napoli e Torino ed una sola in presenza in nazionale, che clamorosamente gli vale addirittura la figurina sull’album panini USA ‘94, decide di vestire i panni del pioniere: nell’estate del 1995 Andrea Silenzi diventa il primo calciatore italiano a militare in Premier. Su di lui scommettono gli arcieri del Nottingham Forest che lo scelgono per rimpiazzare il talentuoso Stan Collymore, ceduto al Liverpool. Altro che favola di Robin Hood, il suo rendimento è una tragedia shakespeariana: venti presenze complessive e due gol, segnati nelle coppe inglesi. Gli inglesi, che di attaccanti poveri di mezzi tecnici ne hanno visti tanti, rimangono comunque basiti dalle res gestae di Andrea. A distanza di anni, è ancora vivo il suo ricordo nei media britannici. Nel 2006 The Guardian lo inserisce tra i dieci peggiori acquisti della Premier League, e, anche FourFourTwo.com, lo inserisce all’undicesimo posto tra i cinquanta worst players di Inghilterra. Thanks anyway Andrea!

MASSIMO TAIBI (MANCHESTER UNITED)

Massimo Taibi Manchester United

Ma quanto eravamo orgogliosi quando, nell’estate del 1999, venimmo a sapere che quel portierone di Massimo Taibi sarebbe andato a difendere i pali del club dominatore della scena calcistica mondiale, ovvero il Manchester United? Il suo nome sarebbe apparso in TV al fianco di quelli di Stam, Beckham, Keane, Giggs e Yorke. Brividi veri, se si pensa che l’anno prima difendeva i colori del Venezia. Eravamo tutti pronti ad applaudire le parate dell’uomo chiamato a sostituire un mostro sacro come Peter Schmeichel. Tutti, a parte sua moglie (oggi ex), che lo costrinse a rientrare dall’Old Trafford dopo soli cinque mesi a causa di una crisi familiare, o almeno così ha raccontato Massimo nelle ultime recenti interviste. Per lui solo quattro partite con i Red Devils. Nonostante il debutto da Man of the Match ad Anfield Road contro il Liverpool, le papere con il Southampton e con il Chelsea costringono Sir Alex Ferguson a relegarlo in panchina e gli valgono un ingeneroso terzo posto nella citata classifica degli “abbagli” della Premier del sito inglese FourFourTwo.com.

PAOLO TRAMEZZANI (TOTTENHAM HOTSPUR)

Paolo Tramezzani Tottenham
Credits: Shaun Botterill /Allsport

Nell’ipogeo dei terzini sinistri che ebbero l’ardire di coprire la “dannata” fascia mancina della difesa dell’Inter compare anche il suo nome. Il suo tentativo d’imporsi lì dove in molti tentarono e fallirono copre il biennio che va dal 1992 al 1994. Non tutto fu vano e, infatti, ricoprì un ruolo da protagonista assoluto nel Piacenza con cui centrò due salvezze, guidato prima da Mutti e poi da Guerini. I suoi meriti sul campo non vennero spesi invano, tant’è che nell’estate del 1998 bussò alla sua porta nientepopodimeno che il Tottenham di Ginola, Ferdinand, Anderton e Sol Campbell. Firma un contratto quadriennale ed il tecnico Gross lo fa esordire immediatamente in occasione di un’amichevole contro il Peterborough United, durante la quale va anche a segno. È l’inizio di una favola? Macché! Complice un grave infortunio al polso e l’arrivo sulla panchina degli Spurs di George Graham, Tramezzani si godrà l’atmosfera del White Hart Lane da un privilegiatissimo punto di vista: quello della panchina. Al termine della stagione si conteranno solo sei presenze in Premier League e quando la Pistoiese nel 1999 mise sul piatto le 400.000 sterline richieste dal management londinese, nessuno si stracciò le vesti per impedirne il passaggio. In primis, probabilmente, lo stesso Tramezzani.

NICOLA VENTOLA (CRYSTAL PALACE)

Nicola Ventola Crystal Palace

Forse lo pensiamo tutti che la buona sorte si trovi in netto debito con l’attaccante di Grumo Appula. Gli infortuni di cui è costellata la sua carriera ci hanno privato di uno degli attaccanti più promettenti in circolazione nella fine degli anni ’90. Con Pirlo aveva composto un tandem a cui molti ripenseranno sospirando, specialmente quelli interisti che hanno potuto vederlo soltanto a sprazzi durante la sua esperienza in nerazzurro. L’Inter lo ha aspettato a lungo, dopo averlo acquistato nel 1998 ed averlo mandato in prestito tra Bologna, Atalanta e Siena. Nel 2004, dopo aver disputato il preliminare di Champions League contro il Basilea, accetta la proposta del Crystal Palace. Dopo aver disputato due spezzoni di partite, s’infortuna nuovamente per oltre sei mesi: rientra solamente in occasione della penultima giornata di campionato, durante la quale si leva il gusto di segnare la sua prima ed unica rete in Premier League nel 2-2 delle Eagles contro il Southampton.

GIANLUCA VIALLI (CHELSEA)

Gianluca Vialli Chelsea

Il gemello del Mancio negli anni trionfali della Sampdoria oltrepassa La Manica nell’estate del 1996, dopo tre anni di successi con la maglia della Juventus che decide però di non rinnovargli il contratto. Con trentadue primavere sulle spalle, Gianluca Vialli abbandona così il campionato più bello del mondo e si appresta a colonizzare con Di Matteo e Zola i Blues di Londra. Dimostrerà con ventuno reti in 58 partite, distribuite su tre stagioni, che sul rettangolo verde aveva ancora qualcosa di dire. E non solo in campo, visto che durante la stagione 1997-98 viene nominato allenatore-giocatore dopo le dimissioni del tecnico Ruud Gullit e dimostra ai nati negli anni ottanta che il player manager non è roba solo da videogiochi. Da allenatore subentrante vince la Coppa di Lega e la Coppa delle Coppe, superando il Vicenza di Guidolin in una semifinale che è vera nostalgia. L’anno dopo, in una calda notte di fine agosto, senza “schierarsi” in campo, si permette il lusso di alzare la Supercoppa Europea contro il Real Madrid di Raul, Seedord, Roberto Carlos e Panucci. Well done Gianluca.

GIANFRANCO ZOLA (CHELSEA)

Gianfranco Zola Chelsea

La palma di migliore in terra d’Albione non può che spettare a lui, mister Gianfranco Zola da Oliena, “Member of the British Empire” per meriti sportivi nel 2004, ma per tutti i tifosi britannici – e non solo – semplicemente Magic Box. Piccolo eroe di un calcio fatto di estro e fantasia, fu probabilmente il primo vero campione della nostra Serie A costretto a pagare dazio ad un calcio in cui stava scomparendo dallo scacchiere tattico il nostro amato numero “dieci”. Dopo essere cresciuto con gli insegnamenti di Maradona al Napoli, il campione sardo si conferma di giocatore di livello internazionale nel Parma stellare di Tanzi. Ma l’avvento di Ancelotti sulla panchina gialloblu con il suo 4-4-2 di stampo sacchiano, sommato alla concorrenza di Crespo e Chiesa, costringono Zola nell’autunno del 1996 a fare le valigie: destinazione Londra, sponda Chelsea. Vi rimarrà per sette stagioni. Per i tifosi italiani fu un duro colpo: il talento e l’umiltà del fantasista sardo, stabilmente nel giro azzurro, erano qualità apprezzate in tutto lo stivale e vedere Zola vestire la n. 25 di un Chelsea lontano dai fasti attuali sembrò l’inizio della sua parabola discendente. A posteriori, per fortuna, siamo qui a dirgli grazie per essere stato il migliore ambasciatore all’estero dell’Italia pallonara, capace di regalare giocate magiche come il gol di tacco al Norwich nel 2002 e trofei, come la Coppa delle Coppe del 1998 (a proposito, fatevi un giro su YouTube per assaporare un Carlo Nesti d’annata che, commentando la partita per la RAI, esultò al gol vittoria di Zola manco fosse stato un gol dell’Italia). Last but not least lo ringraziamo per quel magnifico destro che sancì la storica vittoria dell’Italia a Wembley il 12 febbraio del 1997 e che suscitò l’invidia del ministro dello Sport di Sua Maestà che propose la “naturalizzazione” del nostro Gianfranco per renderlo eleggibile per la nazionale dei Three Lions.