Privacy Policy Andreas Andersson e i suoi "amici": i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica - Pagina 3 di 5

Andreas Andersson e i suoi “amici”: i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica

10 Aprile 2022

Harvey ESAJAS

Cresciuto nelle giovanili dell’Ajax dove impressionò sin da subito per le grandi doti tecniche e fisiche, Esajas fu costretto a dire addio al calcio nel 2001 a causa della rottura del tendine d’Achille. Per tirare avanti, indossò prima i panni di lavapiatti, poi quelli di cameriere in un bar, infine decise di gestire una discoteca ed un negozio di antichità, ingrassando a vista d’occhio e arrivando a flirtare con il quintale. Ma, grazie alla raccomandazione del suo amico Seedorf, nella stagione 2004-05 fu acquistato dal Milan. In cinque mesi, Esajas seguì in ogni minimo dettaglio il programma di Milan Lab, riuscendo a perdere una ventina di chili e a ritrovare il piacere del calcio giocato. L’esordio avvenne il 12 gennaio 2005 in Coppa Italia quando fu mandato in campo nella partita contro il Palermo, vinta dai Rossoneri per 2-0. Quella sera, Harvey disputò solo una manciata di minuti, subentrando ad Ambrosini al 42’ della ripresa, ma il giorno dopo tutti gli addetti ai lavori raccontarono della sua favola commovente. Addirittura in quei giorni, a seguito della cessione di Coloccini, il Milan decise di inserirlo nella lista per la Champions League, guadagnandosi esclusivamente il piacere di ascoltare la sigla della competizione da una posizione privilegiata a bordo campo.

Michael REIZIGER

Tra gli olandesi poco fortunati al Milan c’è posto anche per Reiziger. Acquistato a parametro zero insieme a Davids, sfruttando la sentenza Bosman, si trovò di fronte un compito assai arduo: sopperire alla partenza di Christian Panucci, che aveva da poco lasciato il Milan per andare al Real Madrid. Ma in pratica non riuscì neanche lontanamente ad avvicinarsi alle prestazioni dell’azzurro: l’olandese accumulò con la maglia del Milan solo diciotto presenze totali (dieci in campionato, quattro in Coppa Italia, una in Supercoppa italiana e tre in Champions League). Della sua esperienza rossonera si ricorda soprattutto la sua prestazione nel famoso 1-6 interno contro la Juventus, trasmessa ai posteri dal voto e dal commento alla sua prestazione conferito dalla pagina sportiva del quotidiano La Repubblica“Voto 4. Disastroso da qualsiasi parte lo si guardi”.

José RICARDO OLIVEIRA Lima

Il brasiliano arrivò a Milano nell’estate del 2006 per diciassette milioni di Euro, più il cartellino dello svizzero Vogel come contropartita tecnica per sostituire Sheva: un compito ingrato, certo, ma che Oliveira non fu neanche lontanamente in grado di sostenere. Eppure si presentò bene: una punta dal discreto bagaglio tecnico, con tanto di dribbling funambolico, buon colpo di testa e ottima velocità. Tanto che alla prima giornata di campionato segnò subito, di testa, contro la Lazio. A quel gol ne seguirono, però, appena altri due (contro Udinese e Siena). Il centravanti carioca offrì prestazioni molto deludenti, spesso avulso dal gioco, assente dalle azioni principali, praticamente un corpo estraneo dello scacchiere rossonero in mezzo al campo. Tra l’altro, pur essendo stabilmente presente in prima squadra, quei pochi momenti di assenza coincisero con il periodo migliore del Milan. Infatti, Oliveira non fece parte della formazione che conquista la Champions League ad Atene e non figurò neanche in panchina. Al termine della stagione, nel giugno 2007, la società rossonera decise di non concedergli un’altra chance e lo mandò in prestito al Real Saragozza per due milioni di euro, con diritto di riscatto fissato a dieci milioni. Solo con gli aragonesi riuscì a far vedere quanto di buono mostrato in patria.

JOSÉ MARI Romero Poyon

Dopo tre ottime stagioni all’Atletico Madrid, José Mari passò al Milan per circa trentotto miliardi di lire nel dicembre 1999, battendo la concorrenza della Roma (lo voleva Capello) che arrivò ad offrirne al massimo trentacinque. L’allora tecnico rossonero Zaccheroni, però, considerava inamovibili Bierhoff e Shevchenko e José Mari doveva quindi giocarsi una maglia con Boban e Leonardo. Alla fine venne considerato alla stregua di una quarta punta e, vista la sua vena realizzativa non certo esaltante (appena cinque gol in tre anni), anche a causa di una fastidiosa pubalgia che lo ha continuamente tormentato, finì per essere ceduto, tornando all’Atletico Madrid. Successivamente, nel ricordare la sua esperienza italiana, non usò giri di parole: «I primi mesi passati nel Milan sono stati i peggiori della mia vita. Lì si pensa solo a non far giocare l’avversario».

Fabricio Tomas COLOCCINI

Considerato in patria come il nuovo Samuel, il Milan acquistò Coloccini nel 1999 quando aveva appena diciassette anni dal Boca Juniors, sfiorando quasi l’incidente diplomatico con il club argentino per via della valutazione. Superati gli ostacoli burocratici con gli Xeneizes, il Milan decise di mandarlo in prestito in giro per il globo per fargli accumulare la necessaria esperienza: prima al San Lorenzo (squadra con cui conquista il Torneo Clausura 2001), poi l’anno successivo in Spagna, al Deportivo Alaves e nel 2003 al Villarreal, vincendo l’Intertoto. Tutte esperienze positive, durante le quali Fabricio gioca da titolare, guadagnando consensi un po’ ovunque. Tornato in rossonero, riuscì finalmente a giocare una gara in Serie A, tre in Coppa Italia e una in Champions League. Ma fu solo un’illusione, chiuso com’era dalla concorrenza terribile di Maldini, Costacurta, Stam e Nesta. Il Milan lo cedette, questa volta definitivamente, al Deportivo La Coruña durante il calciomercato invernale tra il 2004 e il 2005. Curioso un episodio raccontato da lui stesso durante il suo primo anno italiano riguardo i suoi capelloni: «Durante la preparazione, l’anno che sono arrivato, tutti mi dicevano di tagliarmi i capelli. Ma io non volevo, perché li avevo sempre portati così. E quindi un giorno sono arrivati i senatori, con Ayala e Chamot, mi hanno fatto mettere seduto e mi hanno tagliato i ricci. Sembravo un altro!».