Privacy Policy Andreas Andersson e i suoi "amici": i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica - Pagina 4 di 5

Andreas Andersson e i suoi “amici”: i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica

10 Aprile 2022

Jens LEHMANN

Passato al Milan nel 1998 dallo Schalke 04 con la fama di essere uno dei migliori portieri tedeschi e con la speranza di giocare il più possibile ai danni di Sebastiano Rossi per potersi guadagnare la titolarità in Nazionale. Giocò solo cinque partite in rossonero in cui non brillò di certo, anzi. Nella mente dei rossoneri è rimasta impressa soprattutto una partita con la Fiorentina a San Siro, nella quale Lehmann commise almeno tre errori: il più grave fu quando venne punito per aver preso con le mani quello che venne giudicato dall’arbitro un passaggio di un suo compagno di squadra. Dalla punizione seguente, Batistuta segnò il suo terzo gol della partita, beffandolo nuovamente. A Cagliari combinò un disastro con due uscite folli che costarono un gol e un rigore. Dopo quella partita, non giocò più e a gennaio fu spedito al Borussia Dortmund.

Christophe DUGARRY

Dugarry stregò il Milan nella sfida contro Bordeaux dei quarti di Coppa UEFA del 1996, segnando la rete che eliminò i Rossoneri dalla competizione. La dirigenza si convinse, così, a staccare un assegno da circa sei miliardi in favore dei Girondini, strappandolo alle lusinghe della Juventus che fu costretta a “ripiegare” sull’altro gioiello del Bordeaux: un certo Zinedine Zidane. Ma la stagione 1996-97 per il Milan fu pessima e Dugarry affondò con tutta la squadra. Inizialmente trovò pochissimo spazio e quando giocò non lasciò tracce. Per i suoi primi gol in campionato bisognerà attendere il 1° dicembre 1996 e saranno fondamentalmente inutili. Giunto in Italia per diventare uno degli uomini più importanti di un Milan in fase di ricostruzione, Dugarry chiuse la sua unica stagione in Serie A con cinque reti distribuite in ventuno partite e 970 minuti complessivi disputati. Troppo poco per meritarsi la conferma, tant’è che oggi viene ricordato semplicemente come uno dei più gravi abbagli di Galliani. Curiosamente, pur segnando sempre poco da attaccante nel corso della sua carriera, riuscì a essere sempre convocato e a vincere con la Francia sia il Mondiale del 1998 che l’Europeo del 2000.

Patrick KLUIVERT

Un altro olandese che deluse le aspettative al Milan fu sicuramente Kluivert. Diventato un obiettivo rossonero dopo la finale di Champions League del 1995 dove con il suo Ajax punì il Milan con il gol che decise la finale, due anni dopo, nel 1997, arrivò al Milan come la grande scommessa del nuovo Milan di Capello. L’inizio sembrò promettente, con la scelta del numero 9 e dichiarazioni altisonanti sia da parte sua: «Van Basten? So che la gente ha un bellissimo ricordo di lui. Se non riuscissi a eguagliarlo, almeno in parte, sarebbe una delusione per me» che da Capello: «Lui e Weah – disse a La Gazzetta dello Sport – mi ricordano Gullit e Van Basten». L’esordio nel Trofeo Berlusconi alimentò ancora di più l’illusione visto che fu grande protagonista con un gol e un assist del 3-1 finale con cui i Rossoneri si imposero sulla Juventus. Ma la stagione del Milan si rivelò davvero pessima, con un deludente decimo posto a fine stagione. Proprio come il rendimento di Kluivert, tanto che i tifosi iniziarono a sfogare la loro delusione con striscioni polemici al suo indirizzo. Uno di questi recita: “Klui-lent da rottamare”. La prima e unica stagione al Milan del centravanti olandese si chiuse con ventisette presenze e sei gol in Serie A e sei presenze e tre reti in Coppa Italia. Il giovane Patrick passò nel giro di pochi mesi da possibile erede di van Basten a nuovo Blissett. L’estate successiva Galliani raggiunse l’accordo per la cessione dell’olandese al Barcellona e il Milan intascò trenta miliardi di lire. Investiti per acquistare un centravanti con la C maiuscola come Oliver Bierhoff.

Javi MORENO Varela

La favola del Deportivo Alaves, oltre a Contra, portò a Milano per trenta miliardi di lire anche Javi Moreno: un’attaccante atipico, un po’ fragile e non dotato di una tecnica eccellente, ma davanti alla porta non sbaglia. Nel Milan però Javito faticò a trovare la via del gol, andando a segnò solo due volte in campionato contro il Venezia e due volte in Coppa Italia contro la Lazio, a cui probabilmente è legato il ricordo più bello della sua avventura milanista: il primo gol di Moreno arrivò su una punizione allo scadere, un gol che accese San Siro e che regalò una vittoria insperata ai Rossoneri. Ma da lì la situazione precipitò, tanto che lo spogliatoio lo allontanò e addirittura nelle partitelle di allenamento alcuni compagni lo tartassavano con le loro “cure”, in particolare Laursen. Javi Moreno fu così costretto a fare le valigie e l’anno successivo ritornò in Spagna all’Atletico Madrid.

Mohammed ALIYU Datti

Il nigeriano, appena quindicenne, giunse in Italia grazie al presidente del Padova, Cesare Viganò. Il numero uno dei biancoscudati, essendo indeciso su chi acquistare fra il veloce attaccante di Kaduna o il suo connazionale Mast Hashimu Garba, sciolse le sue riserve scegliendo Aliyu dopo aver fatto bim-bum-bam. È stato grazie al fato (chiamiamolo così), dunque, che il centravanti sbarcò in Veneto nell’estate del 1997. Tuttavia, il ragazzo sapeva proprio farci, tanto da esordire fra i cadetti in piena adolescenza. Dopo aver accumulato quattro presenze con i patavini ed aver effettuato un rapido passaggio al Ravenna, il Milan decise di acquistarlo in vista del campionato 1998-99. Forte dei suoi margini di crescita, Zaccheroni gli concesse anche due presenze in Serie A, consentendogli di finire sugli almanacchi fra i vincitori dell’ultimo Scudetto del Millennio. Tuttavia, la grande concorrenza in attacco gli consigliò di trovare continuità in altri lidi: il Monza (ovviamente) e il Siena. Nonostante le sue “gite fuori porta”, il povero Aliyu non convinse il board rossonero che, così, avallò la sua cessione in Belgio dove, comunque, riuscì a mettersi in mostra con lo Standard Liegi e il Mons.