Privacy Policy Andreas Andersson e i suoi "amici": i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica - Pagina 5 di 5

Andreas Andersson e i suoi “amici”: i 25 flop del Milan dal 1996 a 2006 ti svolteranno la domenica

10 Aprile 2022

ANDRÉ Alves da CRUZ

Il suo sinistro dalla distanza era una sentenza certa. Secondo, forse, soltanto a quello di Sinisa Mihajlovic. Giunto nel 1994 al Napoli con l’intento di non far rimpiangere eccessivamente l’addio di Ciro Ferrara, il brasiliano ha saputo farsi apprezzare all’ombra del Vesuvio con prestazioni via via di maggior qualità, man mano che l’ex Standard Liegi riuscì ad inserirsi nello scacchiere partenopeo. Divenne in poco tempo uno degli uomini simbolo degli Azzurri e, al termine dell’annata 1996-97 il suo profilo era uno dei più appetiti nel panorama della Serie A, alla luce della finale di Coppa Italia conquistata dal Napoli di Gigi Simoni. Il tecnico, in procinto di passare all’Inter, lo convinse a seguirlo nella sua avventura meneghina, ma quando ormai sembrava tutto fatto per il passaggio in nerazzurro, i cugini operarono un sorpasso all’ultima curva convincendo André Cruz a vestire il rossonero. In segno di “indennizzo” nei confronti dell’Inter, il Milan cedette Francesco Moriero (prelevato dalla Roma). Riguardando quel che accadde nella stagione successiva, Galliani si sarà veramente mangiato le mani. Il brasiliano, infatti, non riuscì minimamente ad incidere, sebbene ad inizio stagione fosse l’erede designato di Baresi. Riuscì a segnare un solo gol, ma pesante, che valse il 2-2 proprio nel Derby della Madonnina. Ma fu questo l’unico acuto in una stagione pessima. Messo ai margini da Zaccheroni, provò a tornare allo Standard Liegi per ritrovarsi, riuscendoci parzialmente e convincendo il Torino a richiamarlo per riscattarsi. Ma anche in granata le premesse rimasero tali.

Christian ZIEGE

La guerra senza mezzi termini per accaparrarsi il terzino sinistro del Bayern Monaco tra Milan e Juventus vide i Rossoneri spuntarla sulla Vecchia Signora. L’arrivo del tedesco alla corte di Fabio Capello fu salutato come uno degli innesti migliori della sessione di mercato e le prime sensazioni vedendo il cursore mancino durante le sue prime uscite andarono tutte in questa direzione. Ma furono un fuoco di paglia. Ziege, infatti, incappò ben presto nei mali che attanagliavano il Diavolo, sprofondando ben presto fra i gorghi di un male diffuso dalle radici ben più profonde. A peggiorare ulteriormente questa situazione contribuì non poco il teutonico, fornendo prestazioni sempre più scadenti con l’andar del tempo. Seppur non riuscì ad inserirsi nelle dinamiche di squadra, fu confermato anche dopo l’arrivo di Zaccheroni in panchina. Il tecnico emiliano, però, gli concesse ben poco spazio, impiegandolo solamente in diciassette occasioni, durante le quali andò per due volte a rete: contro la Roma e contro l’Empoli. Un infortunio spense ulteriormente le speranze di vederlo nell’undici di partenza e dopo lo Scudetto cucito sul petto fu ceduto al Middlesbrough.

JULIO CESAR Santos Correa

Del difensore centrale brasiliano che disputò degli ottimi campionati con la Juventus ad inizio anni ’90, il nostro eroe condivideva soltanto il nome di battesimo, la nazionalità ed il ruolo ricoperto in campo. Per il resto, il suo passaggio al Milan viene ricordato come uno degli abbagli più incredibili di Galliani. Eppure, parlavano per lui le statistiche sul campo: dopo aver iniziato la carriera in Honduras con il Marathon, Julio Cesar fu prelevato dal Real Valladolid con cui disputò tre ottimi campionati che gli valsero la chiamata addirittura da parte del Real Madrid. Con la casacca delle Merengues, seppur non godesse dello status di titolare, il carioca riuscì ad aggiudicarsi una Champions League. Un lasciapassare più che giustificato, dunque, per avallare l’apertura al prestito da parte dei Rossoneri. Sono bastate quattro partite – di cui due da titolare – per convincere Zaccheroni a rispedire al mittente il difensore centrale dopo neanche due mesi, sufficienti però per finire sulle figurine Panini ad imperitura memoria di siffatto mistero.

Pablo Gabriel GARCIA

Alla ricerca di un centrocampista centrale che potesse far legna, dando fiato ai titolarissimi Ambrosini e Gattuso, il Milan di Zaccheroni operò l’acquisto del mediano uruguaiano con passaporto spagnolo proveniente dalla squadra B dell’Atletico Madrid. In molti si domandarono il senso di quell’innesto. E i dubbi aumentarono dopo le prime uscite ufficiali del sudamericano con la maglia rossonera addosso. L’allenatore di Meldola, però, si accorse ben presto dell’esiguo apporto garantito dall’impiego di Pablo Garcia che, infatti, rimase schiacciato dalla forza dell’evidenza. Nelle sue due uniche partite da titolare, durante le quali disputò i canonici novanta minuti, il Milan venne polverizzato dalla Fiorentina all’Artemio Franchi per 4-0, mentre il Vicenza di Reja passeggiò comodamente al Romeo Menti grazie alle reti segnate da Dabo e Toni. Condizioni sufficienti per avallare la sua cessione al Venezia l’anno successivo, prima del ritorno in Liga all’Osasuna e un passaggio al Real Madrid nel ruolo di vice-Gravesen per la stagione 2005-06.

Miodrag VUKOTIC

Quando per lui si spende un Genio come Dejan Savicevic, i dirigenti del Milan attenzionano con particolare attenzione il profilo del giovane difensore montenegrino. Il dubbio che permane è sapere quale fosse l’intento del fantasista: se tirare un beffardo scherzo mancino ai dirigenti rossoneri o se questo suggerimento sia stato figlio di qualche presagio celeste. In attesa di dipanare questa matassa non così troppo intricata, a rassicurare gli addetti ai lavori circa la sostanziale inutilità di queste perplessità ci ha pensato lo stesso Miodrag. Giunto a Milanello nell’estate del 1997 dopo i trascorsi in patria nel Buducnost di Podgorica e nel Vojvodina di Novi Sad, Vukotic viene immediatamente girato all’Empoli con la speranza che Spalletti possa intravedere in lui qualche segnale promettente. Al tecnico di Certaldo sono bastati pochi minuti in occasione della gara persa dai toscani contro la Roma al Carlo Castellani. Tre giri d’orologio per vedere esaurirsi in un nulla di fatto la sua esperienza in Serie A. Infatti, nel mese di novembre, Vukotic viene dirottato allo Young Boys per poi fare velocemente ritorno in patria, dove racconterà a parenti ed amici di quella estate trascorsa nello stesso spogliatoio di Maldini e Weah.

Steinar NILSEN

Il norvegese giunge nel mese di novembre dopo le buone impressioni destate in patria con il Tromsø. Il Milan per lui investe oltre un miliardo e la volontà è quella di farlo decantare nella vicina società-satellite del Monza per poi riportarlo alla casa-madre in vista del campionato 1998-99. E invece Steinar dimostra di aver carattere, rifiutando il trasferimento ai brianzoli per giocarsi le proprie chance in rossonero. Lo scandinavo, dopo l’esordio in Serie A contro il Bologna, pare dimostrare di aver tutte le carte in regola per dir la propria, andando a segno nel derby di Coppa Italia dominato dal Milan per 5-0. Tuttavia, un intervento di Ronaldo – a volte, le assurdità del calcio – lo costrinse a lasciare anzitempo il campo. Durante la sua riabilitazione fece particolare scalpore la notizia di una sua aggressione ad un cliente durante una notte (troppo) brava nei locali di Milano, un episodio che – come ammetterà in seguito – lo condizionò non poco. Dopo l’estate del 1998 fu mandato in comproprietà al Napoli insieme al compagno di squadra Daniele Daino nell’ambito dell’operazione che portò Ayala in rossonero. Tuttavia, il suo carattere particolarmente estroso rappresentò una zavorra non da poco che ne condizionò il rendimento coi Partenopei. Sebbene fu riscattato, un grave infortunio lo mise fuori squadra dopo la promozione in A che, così, lo convinse a tornare in patria proprio al Tromsø.

Bonus track: Luther BLISSETT

Menzione d’onore per Blissett che non rientra nei bidoni degli ultimi trenta anni, ma merita una citazione. Luther Missitt, ricordato più per i gol sbagliati che per quelli realizzati, con i rossoneri collezionò solo cinque misere reti in trenta presenze, mangiandosene almeno il quadruplo (compreso un memorabile calcio di rigore tirato in tribuna, durante una partita di Coppa Italia). Il grande Gianni Brera arrivò ad appioppargli l’inquietante etichetta di Callonissett, in onore di Egidio Calloni detto Sciagurato, altro epocale centravanti milanista noto per sprecare buone occasioni da gol. A fine stagione il Milan centrò un insoddisfacente sesto posto in classifica e Blissett fu rispedito in Inghilterra. Pensare che si era presentato così: «Platini ha segnato diciotto gol: io ne infilerò di più! Diventerò l’idolo dei giovani».

di Gianmarco Corpolongo