Privacy Policy I 15 acquisti sbagliati del Napoli dal 1990 al 2006

I 15 acquisti sbagliati del Napoli dal 1990 al 2006

2 Aprile 2021

Uno spot pubblicitario, che promuove l’inimitabile bellezza della città di Napoli, definisce il capoluogo partenopeo come la città dei contrasti. E la bellezza, dicono i più, trova nel contrasto una delle sue componenti fondanti. Il sillogismo porta ad una verità incontestabile, ovvero che Napoli è una città “bella assai”. Quanto detto sembra però difficilmente replicabile in ambito calcistico. Per maggiori informazioni chiedere a chi per anni ha scaldato il seggiolino del San Paolo, col sole cocente o con la pioggia battente, ammirando l’essenza dell’estetica calcistica nelle prodezze di Maradona, Careca ed Alemão, per poi chiudere gli occhi dinanzi ai buchi difensivi di Crasson e Prunier, i palloni persi da Husain e i gol mangiati da El Caldera Calderon

Hai voglia a dire che la bellezza è fatta di contrasto… dopo aver letto la classifica dei quindici acquisti errati fatti dalla squadra partenopea dal 1990 al 2006 siamo sicuri che avrete cambiato idea anche voi.

15. Gonzalo MARTINEZ (2003-04)


Arriva a Napoli mentre si vive un passaggio di consegne epocale. Corrado Ferlaino lascia definitivamente i partenopei, dopo essersi gradualmente defilato nell’ultimo decennio. Anche la squadra vive un periodo di marcata rifondazione e cerca in tutti i modi di tornare in Serie A. L’assalto al massimo campionato viene sferrato con l’ingaggio di mister Colomba che l’anno prima ha riportato la Reggina in paradiso dopo un anno di purgatorio. Per ripetere l’impresa il tecnico ha bisogno di giocatori “rodati” e visto che i risultati non arrivano, nel mese di gennaio 2003 viene prelevato dall’Udinese il colombiano Gonzalo Martinez. Ha già disputato diverse partite in Serie A con i friulani e la fascia sinistra è il suo habitat. Corre, corre tanto. Forse troppo. Il pallone, spesso rimane dietro di lui. Crossa, crossa tanto. Forse troppo. I traversoni buoni, infatti, si contano sulle dita di una mano. Il San Paolo lo soprannomina immediatamente ‘O Nirone e i tifosi vivono sulla linea labile che divide la compassione dalla disperazione. I partenopei concludono un campionato pessimo, sfiorando la retrocessione diretta in Serie C. Rimane altri sei mesi all’ombra del Vesuvio, ma la pazienza si esaurisce insieme al 2003 e viene spedito alla Reggina. Senza particolare rammarico.

14. Thorsten FLICK (1999)

Il primo tedesco nella storia del Napoli appartiene a quella categoria di giocatori di cui viene spontaneo chiedersi quali siano state le motivazioni che ne abbiano indotto l’acquisto. L’allenatore Ulivieri non lo prende mai in considerazione e gli concede solo una manciata di minuti contro la Cremonese. Flick, a seguito di un confronto col tecnico toscano, dichiara alla stampa che la ragione delle sue esclusioni è dovuta al fatto che lui non parla l’italiano e in campo non riesce a comunicare con i compagni. Allora Flick si applica, impara l’italiano, chiede spazio e Ulivieri lo accontenta schierandolo titolare il 29 gennaio 2002 contro il Cosenza. E nell’occasione Ulivieri si rende conto che Flick, pur avendo migliorato il proprio italiano, non parla lo stesso linguaggio tecnico dei suoi compagni, quindi il problema inizia a farsi serio per il povero Thorsten. La sua storia con il Napoli di fatto termina in un freddo pomeriggio di fine gennaio. A fine stagione va al Saarbrücken e poi inizia a girovagare per le serie minori tedeschi con una parentesi al Debrecen, in Ungheria. Secondo Transfermarkt, Flick non scende mai in campo col Debrecen. Effettivamente l’ungherese è una lingua difficile da imparare.

13. Bertrand CRASSON (1996-98) 

«Non mi sento inferiore a Ciro Ferrara». Come tirarsi la zappa sui piedi, paragonandosi ad uno dei migliori difensori degli anni Novanta, nonché idolo di casa, pur avendo giocato solamente nel modesto campionato belga. Per quattro miliardi di lire, Ferlaino porta il terzino belga all’ombra del Vesuvio nell’estate del 1996. Vi rimarrà per due stagioni collezionando 44 presenze e una discreta serie di improperi da parte del pubblico napoletano, specialmente nell’ultima stagione, quella della retrocessione in B con soli quattordici punti all’attivo. Ma il 1998 regala anche soddisfazioni al Ciro Ferrara di Bruxelles. Il CT belga Georges Leekens, forse improvvidamente (eufemismo), dirama le convocazioni per Francia ’98 e il nostro eroe compare incredibilmente nella lista. La convocazione non lo salva dalla cacciata partenopea, o forse la nostra Serie B va stretta al campioncino belga. Fatto sta che il nostro Bertrand se ne torna in patria dove veste (nuovamente) la maglia dell’Anderlecht e poi quelle di Lierse e RWDM Bruxelles prima di ritirarsi nel 2005

12. Aljoša ASANOVIC (1997-98)

Aljoša Asanovic è il rinforzo richiesto fortemente dal tecnico Giovanni Galeone nel novembre del 1997 per dare nuova linfa al suo Napoli già in crisi di punti e risultati. Il tecnico non nasconde di credere ciecamente nel giocatore di cui ha seguito la crescita tecnica fin dall’adolescenza. Mai tradimento fu più amaro. Il giramondo croato con trentadue primavere ha già il meglio alle spalle e sembra aver dimenticato atletismo e inventiva al Derby County, il suo ultimo club. Con la splendida casacca azzurra griffata Nike del Napoli – una rarità per l’epoca – non inciderà mai. Vestendo la meravigliosa maglia a scacchi della Lotto arriverà sul gradino più basso del podio al Mondiale del ’98 con la sua Nazionale. Terminato il Mondiale, Aljoša, dopo aver giocato in Croazia, Francia, Spagna, Inghilterra e Italia, se ne va in Grecia. Col Panathinaikos chiude la sua carriera ad alti livelli, prima delle ultime comparsate con l’Austria Vienna, il Sydney United e l’amato Hajduk Spalato

11. Rabiu AFOLABI (2000-2001)

All’annuncio dell’acquisto di Osimhen siamo sicuri che i tifosi napoletani, da inguaribili scaramantici, avranno toccato ferro, augurandosi che il secondo nigeriano della storia del Napoli calcio sia, calcisticamente parlando, agli antipodi del primo. Già perché nell’estate del 2000, l’allenatore del neopromosso Napoli, Zdenek Zeman, si ritrova uno sconosciuto nigeriano in rosa. È Rabiu Afolabi, un perno della Nigeria Under 20 che vanta tre stagioni in Belgio con lo Standard Liegi, club da cui arriva con la formula del prestito. Zeman non rimane impressionato dal curriculum del ragazzo – come dargli torto – né tantomeno dalle qualità (mai) mostrate nel ritiro estivo. Rabiu rimane invece sconvolto dai gradoni e dalla dieta imposta dal maestro boemo. Pasta in bianco e carne alla griglia non consentono ad Afolabi di guadagnarsi un posto in rosa. Il boemo non lo vede proprio e le sue parole nei confronti del giovane nigeriano non sembrano brillare per diplomazia, non lasciando alcunché al non detto: «Penso che un pensionato abbia più capacità atletiche di Afolabi». Mondonico, subentrato a Zeman, non si esprimerà così duramente sul ragazzo. Anzi, non si esprimerà proprio e a fine anno le presenze di Afolabi in maglia azzurra sono pari a zero. Rabiu se ne torna quindi con la coda tra le gambe allo Standard. Il riscatto personale non tarda ad arrivare: parteciperà con le Super Eagles ai Mondiali nippo-coreani del 2002 e vivrà una buona carriera con le maglie di Austria Vienna, Salisburgo, Sochaux e Monaco prima di chiudere in Danimarca con il Sønderjyske.

10. Reynald PEDROS (1997)

C’è un Reynald Pedros che sulla fascia sinistra dello Stade de La Beaujoire deliziava il pubblico di Nantes, dribblando gli avversari e inventando calcio per le punte Ouedec e Loko, fino a fare la storia del club del nord della Francia con uno Scudetto e una semifinale di Champions, persa contro la Juve di Lippi nel 1996. Poi c’è un altro Reynald Pedros: quello svogliato che arriva a Parma nel gennaio del 1997. Lo stesso che, durante il calciomercato estivo, passa al Napoli che si appresta ad entrare in una delle sue più stagioni nere. Tre presenze bastano allo staff tecnico per capire che il fantasista francese non è più lui; tre presenze bastano a lui per capire che non può essere quel Napoli a rilanciare la sua carriera ormai sul viale del tramonto. Le ultime gocce del suo talento Reynald le distilla al Lione. Poi un anno da fuori rosa al Parma, seguito da annate trascorse a Montpellier, Tolosa e Bastia. Dopodiché Pedros si perde nei meandri del calcio dilettantistico francese, prima dell’ennesima trasformazione che lo porterà ad essere uno dei migliori allenatori del calcio femminile. 

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