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I flop della Roma anni ’90 fanno sempre emozionare

13 Ottobre 2021

EDNILSON Pedro Rocha Andrade

Sentiamo nitidamente le risate – o i pianti, che dir si voglia – dei romanisti: nel 1999 viene prelevato dalle giovanili del Boavista e resta in giallorosso un anno e mezzo. Giocherà una singola partita, poi verrà girato al Benfica dove disputa quarantatré partite in due anni. Il centrocampista portoghese sceglie il passaporto della Guinea-Bissau e lascia il calcio (poco) giocato a trent’anni. Potrà raccontare ai nipoti di aver iniziato la stagione dello Scudetto nello stesso spogliatoio di Batistuta e Totti. Lo invidiamo candidamente.

Nesat GÜLÜNOGLU

Attaccante tedesco naturalizzato turco, passa da Bochum a Roma. Durante il 1999 non viene mai impiegato. Ma proprio mai. Nemmeno per errore. Capello non sa perché sia lì ad allenarsi con loro: Nesat rescinde il contratto e fa ritorno nelle serie minori tedesche e infine nella terra d’origine dei suoi nonni. Il motivo per cui sia transitato da Trigoria è un mistero assoluto. Chi se lo ricorda deve essere un parente.

FABIO JUNIOR Pereira

Classico attaccante brasiliano che arriva in Italia pieno di fiducia, quindi se ne va dopo una stagione bruttina e finisce a girovagare per il mondo per oltre un decennio. Trenta miliardi di lire – non esattamente noccioline – versate dai giallorossi nelle casse del Cruzeiro. I giornali gli affibbiano un nomignolo che non mette alcuna pressione: Il Nuovo Ronaldo. È più statico e macchinoso del connazionale, delude e gioca appena sedici partite in serie A. Un investimento che non ha fatto centro, usando un eufemismo.

Sergej GURENKO

Chiudiamo in bellezza, con fuochi d’artificio bielorussi: Gurenko era un cursore difensivo e Capello lo aveva voluto espressamente. Arriva nella capitale dalla Lokomotiv Mosca, l’attesa è grande, ma Sergej delude e lascia Roma dopo un anno e mezzo. Partite disputate: cinque. In Nazionale è un gigante, anche capitano dell’ex Paese sovietico, mentre nel cuore dello Stivale è indefinibile, dopo aver anche vagato senza meta sulla via Emilia tra Parma e Piacenza.

di Lorenzo Andorlini