Privacy Policy Le Tissier e la Compagnia dei Sottovalutati: la classifica dei giocatori più sottovalutati

Le Tissier e la Compagnia dei Sottovalutati: la classifica dei giocatori più sottovalutati

14 Ottobre 2021

È un club ristretto, ma aperto a tutti quei calciatori che abbiamo inevitabilmente dimenticato. È un club prestigioso ma dannatamente malinconico, è un insieme di occasioni perse, di treni volutamente non presi, di scelte fatte e subite. È il gruppo di quelli che hanno dato vita e talento su campi prestigiosi e non solo quelli dove si raccolgono coppe e scudetti, è la congrega di quelli lontani dai riflettori, puntati sempre sul compagno di squadra più famoso ma non sempre più forte.

È la Compagnia dei Sottovalutati, una rosa di trenta calciatori da noi scelti senza la presunzione di aver ragione o di non aver dimenticato nessuno, di cui il principe è Matthew Le Tissier, cantore dei migliori anni del Southampton, padrone di quella Casa di Dio che era diventata in quegli anni lo stadio dei Saints. Le Tissier, tra i più grandi giocatori inglesi mai visti. Le Tissier, che ad Old Trafford o ad Anfield ci ha giocato solo da avversario. Le Tissier, che ha scelto la maglia biancorossa, e che forse per questo non è celebrato abbastanza. È in buona compagnia.

30. Steve MCMANAMAN

Dalla Kop al Bernabeu il percorso di un talento purissimo, offuscato negli anni dai campionissimi arrivati al Real. Nonostante questo il buon Steve riesce a ritagliarsi il suo spazio, segnando nella finale tutta spagnola tra Blancos e Valencia nella finale della Champions del 2000. Un altro che ha pagato dazio con l’avvento dell’era dei Galacticos. Corsa, dribbling e fantasia non sono mai mancati nel gioco di McManaman, che comunque continuiamo a preferire nella versione con la maglia del Liverpool. Si sarà mai pentito di aver abbandonato la sua casa, ovviamente Anfield Road? Non lo sapremo. Quello di cui siamo certi è che lì, titolare fisso, si sarebbe certamente conquistato uno spazio ancora maggiore nella storia del calcio.

29. Mario STANIC

 Tra i migliori interpreti del ruolo di esterno di fascia, giocatore che definire polivalente è addirittura riduttivo, piedi buoni, corsa, potenza, assist e gol. Poco celebrato, sempre importante in ogni contesto che ha vissuto in carriera. Le luci della ribalta col Benfica, la consacrazione con il Bruges, l’arrivo in Italia al Parma, dove mette insieme dal 1996 al 2000 settantasette presenze e diciannove gol, vincendo Supercoppa Italiana, Coppa Italia e Coppa UEFA. Chissà perché non viene mai ricordato tra i grandi del ruolo. Forse gli infortuni (in particolare al Chelsea), forse la scarsa ribalta mediatica.

28. Zlatko ZAHOVIČ

Talento eccelso, trequartista eccellente. La sua iattura quella di aver calcato i campi d’Europa in quegli anni dove ogni grande squadra aveva un rifinitore da raccontare. Mai ai margini del calcio che conta, ma mai protagonista su palcoscenici di grandissimo livello. Porto, Valencia e Benfica le sue grandi occasioni. In particolare col Valencia ad un passo dalla gloria: nel 2001 sbaglia uno dei rigori che condannano gli spagnoli nella finale di Champions League contro il Bayern Monaco, il primo errore degli spagnoli prima di quelli di Amedeo Carboni e Pellegrino.

27. Ulf KIRSTEN

Dinamo Dresda e Bayer Leverkusen, dove in 446 presenze mette a segno 237 reti dal 1990 al 2003. Tre volte capocannoniere della Bundesliga, miglior realizzatore della storia delle Aspirine, ha giocato sia nella Germania Est che in quella unificata. Kirsten è stato centravanti sporco e cattivo, brevilineo e letale, opportunista e bravo tecnicamente, reso ancora più romantico dal suo aver vinto con la Dinamo Dresda due scudetti, spezzando il dominio della Dinamo Berlino che durava da dieci anni nel campionato della DDR.

26. Jay-Jay OKOCHA

All’attestato di stima arrivato nientedimeno che da Pelè, che lo ha inserito nella FIFA 100, il gruppo dei 125 migliori calciatori viventi della storia del calcio (resa pubblica in occasione dei 100 anni della federazione calcistica mondiale), il talento nigeriano non ha risposto con una carriera degna delle aspettative sue e del mondo intero. Protagonista nelle vittoriose Olimpiadi del 1996 con la maglia della Nigeria, tre Mondiali, una Coppa d’Africa, le qualità tecniche di Okocha avrebbero meritato almeno un’altra occasione, dopo quella del PSG, dove resta dal 1998 al 2002 mettendo insieme 84 presenze e dodici reti. Dopo Parigi, il Bolton, Qatar SC e Hull City come ultime tappe di una carriera che avrebbe potuto essere diversa, come avevano lasciato intendere gli anni del Fenerbahçe, dal 1996 al 1998, quando riesce a demolire il dominio del Galatasaray. L’amaro sapore dell’incompiutezza, un po’ per colpa sua, che non saputo cogliere al volo le occasioni, un po’ per chi non lo ha creduto degno di altri palcoscenici. Eppure si parla di uno dei più grandi dribblatori del nostro tempo, un vero artista, capace di far gol e di farli fare.

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