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La “magnifica” e nostalgica prima campagna acquisti di Massimo Moratti

21 Ottobre 2021

Maurizio GANZ

Il peso dell’attacco è tutto sulle sue spalle. È nel pieno della sua maturazione e il centravanti di Tolmezzo, dopo le ottime stagioni collezionate con le maglie di Monza, Parma, Brescia e Atalanta è pronto a fare il grande salto. E si rivelerà una scelta azzeccatissima. Diventa nel giro di breve tempo uno dei beniamini di San Siro, riuscendosi ad integrare perfettamente con i partner d’attacco che gli si affiancano durante le due stagioni in cui è il titolare inamovibile: prima Ganz e poi Zamorano. L’intesa con il cileno, in particolar modo, consentirà all’Inter di Hodgson di volare sino alla finale di Coppa UEFA, poi persa ai calci di rigore contro lo Schalke 04. In vista del campionato 1997-98, però, cambiano le gerarchie: in attacco arrivano Ronaldo e Recoba e gli spazi per il friulano si riducono così tanto da convincerlo ad accettare l’offerta del Milan, con cui si rivelerà decisivo nell’economia dello Scudetto 1998-99.

Paul INCE

È il vero acquisto di grido della campagna di rafforzamento dell’Inter. Paul, infatti, è il capitano della Nazionale inglese – il primo calciatore di colore a potersi fregiare di questo titolo – e del Manchester United di Alex Ferguson. Ha ventotto anni ed è una colonna dei Red Devils. Per questo Massimo Moratti investe quasi quattordici miliardi per portarlo a vestire i colori nerazzurri. Sono molte le aspettative sul centrocampista inglese e dopo una partenza in sordina agli ordini di Ottavio Bianchi, Paul dimostra tutto il suo valore quando alla guida dell’Inter viene chiamato il suo connazionale Roy Hodgson. Nel giro di poco tempo i tifosi della Beneamata ne apprezzano lo spirito indomito che l’ha reso celebre in patria, caricandosi spesso e volentieri sulle proprie spalle la squadra nei momenti di difficoltà. Resta soltanto due anni a Milano ed il secondo sarà quello migliore, tanto che qualcuno ne rimpiange la cessione al Liverpool avvenuta nel 1997.

Mohamed KALLON

I dirigenti dell’Inter si convincono subito delle ottime qualità messe in mostra dall’astro nascente della Sierra Leone che, nonostante non abbia ancora sedici anni, sta facendo vedere ottime cose nel Tadamon Tiro, compagine impegnata nel massimo campionato libanese. Dopo aver effettuato tutta la trafila nelle giovanili nerazzurre, viene mandato immediatamente in prestito al Lugano. Il Bologna lo acquista nel 1997 e dopo l’approdo nel capoluogo felsineo gira per l’Italia, vestendo le maglie di Genoa (con cui realizza ben dieci gol in Serie B), Cagliari, Reggina e Vicenza. Torna, dunque, alla casa madre nel 2001, disputando la sua migliore stagione con i colori nerazzurri e sfiorando lo Scudetto e la finale di Champions League con Hector Cuper in panchina.

Marco LANDUCCI

L’estremo difensore è esploso giovanissimo con la maglia della Fiorentina, ereditando la numero uno che era di Giovanni Galli. Fra i pali della Viola si distingue come uno dei migliori portieri del campionato di Serie A, tant’è che il commissario tecnico della Nazionale, Azeglio Vicini, lo inserisce stabilmente nella lista dei convocati. Tuttavia, non riuscirà mai a scendere in campo. Resta titolare inamovibile fino al 1990, quando inizia un lento declino che convince Sebastião Lazaroni, tecnico brasiliano dei toscani, a preferirgli Mareggini. Una stagione con la Lucchese per dimostrare di saperci ancora fare e nel 1992-93 difende i pali del Brescia di Lucescu. Nel 1994 finisce addirittura in Serie C1 con l’Avellino dal quale viene prelevato dai nerazzurri per affidargli il ruolo di secondo portiere alle spalle di Pagliuca. Dopo un’intera stagione passata ad ammirare il Gatto di Casalecchio dalla panchina, viene ceduto al Venezia. Poi i rapidi passaggi al Verona e alla Lucchese con cui termina la carriera nel 2001 dopo aver assaporato le ultime gioie da professionista con la casacca del Cuoiopelli di Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa.

Antonio MANICONE

È uno dei prodotti delle giovanili dell’Inter ed il centrocampista deve attendere molto tempo prima di riuscire a vestire la casacca della Beneamata in Serie A. Manicone, infatti, è costretto ad anni di gavetta prima che nel novembre 1992 riesca a realizzare il suo sogno. È il 1986 quando il giovane Antonio viene mandato al Licata in Serie C1. Da lì il passaggio al Palermo e nel 1989 al Foggia di Zeman con cui conquista la promozione in Serie A. Dopo l’impresa con i Satanelli passa all’Udinese con cui vince un altro campionato cadetto ed esordisce nella massima categoria nel torneo successivo, segnando anche la sua prima rete nel 5-2 dei friulani al Pescara. Passa così all’Inter nell’ambito dello scambio con Stefano Desideri e in nerazzurro vince la Coppa UEFA, tanto da meritarsi anche la convocazione di Arrigo Sacchi, commissario tecnico della Nazionale, che gli concede una maglia da titolare nella trasferta dell’Italia a Tallinn per le qualificazioni a USA ’94. È il punto più alto della sua carriera, tant’è che l’anno successivo viene prestato al Genoa con cui viene retrocesso in Serie B. Torna nel 1995-96, ma né Bianchi, né Hodgson lo considerano un titolare, tanto da raccogliere soltanto nove presenze prima di essere ceduto al Perugia.