Privacy Policy La "magnifica" e nostalgica prima campagna acquisti di Massimo Moratti - Pagina 4 di 5

La “magnifica” e nostalgica prima campagna acquisti di Massimo Moratti

21 Ottobre 2021

Alessandro PEDRONI

Il difensore è uno dei pilastri nella difesa della Cremonese di Luigi Simoni, con cui conquista la Coppa Anglo-Italiana e la promozione in Serie A. Pedroni è cresciuto nel vivaio grigiorosso e rappresenta uno degli elementi più promettenti delle giovanili lombarde, con cui disputa due ottimi campionati di Serie A. Sembra pronto a spiccare definitivamente il volo dopo la chiamata dell’Inter, ma Alessandro non riesce ad impressionare i suoi tecnici che gli concedono soltanto 112 minuti in campionato in tre occasioni. La fallimentare esperienza con l’Inter lo costringe a salutare al termine della stagione per tentare il riscatto al Torino. Neanche in granata riesce ad emulare le prestazioni fornite con la Cremonese e soltanto in occasione dei suoi due ritorni al Giovanni Zini troverà quella rara continuità che nel 2002, a soli trentuno anni, lo convincerà a dire basta.

Alessandro PISTONE

Photo: ANSA

Il terzino sinistro, suo malgrado, si ritrova ad essere l’involontario protagonista di una vicenda che lo porterà ad avere una particolare “celebrità” nelle memorie degli interisti più stagionati. Infatti, il ragazzo prelevato dal Vicenza nel novembre del 1995, colpì particolarmente Roy Hodgson, tanto da avallare la cessione di Roberto Carlos al Real Madrid vista la sua miglior propensione a difendere rispetto al brasiliano. Per sua sfortuna, Pistone ebbe la sventura di capitare nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Complice la pressione e la giovane età, il suo anno e mezzo all’Inter fu piuttosto tormentato, nonostante avesse un posto da titolare nell’Italia Under 21 che conquistò la medaglia d’oro agli Europei di categoria in Spagna nel 1996. Conclusa l’esperienza a San Siro nel 1997, Pistone vivrà una carriera ricca di soddisfazioni in Inghilterra, dove vestirà le maglie di Newcastle United ed Everton (dal 2000 al 2007), intervallate da una comparsata in Laguna, con la maglia del Venezia, nella seconda parte della stagione 1998-99.

Sebastian Pascual RAMBERT

Più che Avioncito, per Rambert potremmo utilizzare l’appellativo di “oggetto non identificato e neanche tanto volante”. Eh sì, perché il suo arrivo alla Pinetina fu salutato con grandi annunci e benedizioni d’ogni tipo – fra tutti, quella di Daniel Passarella – che pronosticavano per l’argentino una carriera ricca di soddisfazioni. E invece sugli almanacchi non c’è alcuna traccia del suo passaggio in nerazzurro, guadagnandosi lo stigma del “bidone” anche per le generazioni a venire. Sebastian non è fatto per i ritmi del calcio italiano e quando mister Bianchi lo vede in allenamento, si chiede spesso e volentieri quali siano stati gli abboccamenti che hanno convinto l’Inter ad investire oltre quattro miliardi per il ragazzo proveniente dall’Independiente. Non ci vuole molto tempo per capire che il numero 11 non vedrà mai il campo di San Siro ed infatti viene ceduto nella finestra autunnale del mercato al Real Saragozza, con cui conclude il campionato, prima di far ritorno in Argentina per vestire le maglie di Boca Juniors prima e River Plate poi.

ROBERTO CARLOS da Silva

Il brasiliano è stato l’alfa e l’omega dei terzini sinistri che hanno coperto la corsia mancina nerazzurra per un buon quindicennio. Come lui nessuno mai e dopo di lui il nulla, tanto da conferire una sorta di mitologia – o maledizione, che dir si voglia – al ruolo e ai protagonisti che hanno raccolto la sua eredità e si sono avvicendati nel vano tentativo di non farlo rimpiangere. Fa ancora tremare i polsi il sol pensiero della cessione a cuor leggero avallata da Hodgson al termine della stagione che lo vide, comunque, fra i pochi elementi della rosa a salvarsi, nonostante un deludente campionato chiuso al settimo posto. La sua velocità, la sua facilità di tiro e la sua propensione all’attacco non smossero il tecnico inglese dalle sue convinzioni: Roberto Carlos non è un terzino sinistro, se ne può fare a meno. Fabio Capello e Lorenzo Sanz – rispettivamente allenatore e presidente del Real Madrid – sono ancora lì a fregarsi le mani per un affare che portò alla Casa Blanca uno dei migliori interpreti di sempre nel suo ruolo: prototipo del terzino moderno, non bastarono le cinque reti messe a segno (di cui tre nelle prime cinque giornate) e i chilometri accumulati sulla fascia sinistra a velocità supersonica per guadagnarsi la riconferma. Anni dopo, Roberto Carlos si levò diversi sassolini dalla scarpa, dichiarando di Hodgson: «Mi ha distrutto, mi faceva giocare a centrocampo. Non avevo chance di giocare per la Nazionale brasiliana in quel modo e c’era la Coppa America in quell’anno, nel 1997. Non è che non andassimo d’accordo, è che Hodgson non sapeva molto di calcio. Così parlai col presidente Massimo Moratti e chiesi di andare via». Più chiaro di così…

Igor SHALIMOV

Per l’Inter, ormai, Shalimov rappresenta un esubero. Il rapporto con i colori nerazzurri, infatti, si è esaurito nel giro di una stagione. Il centrocampista russo è stato prelevato dal Foggia dei Miracoli di Zeman dopo l’estate del 1992 ed è un titolare inamovibile nello scacchiere di Osvaldo Bagnoli. Tuttavia, Shalimov alterna ottime partite a prestazioni ai limiti dell’indolenza e sebbene riesca a concludere la stagione con nove reti messe a referto in trentadue partite, diventa protagonista di uno dei classici “pasticci” in casa nerazzurra. È l’estate del 1993 quando i dirigenti dell’Inter individuano in Francesco Dell’Anno un prospetto su cui investire dopo l’ottima annata disputata con l’Udinese. La volontà dei nerazzurri è quella di inserire Shalimov come contropartita tecnica per limitare il costo del cartellino, ma – nonostante la volontà del russo di restare a San Siro – la trattativa va in porto. Peccato che sul contratto depositato in Lega non vi sia alcuna clausola inerente al passaggio di Igor in bianconero e così – dopo una querelle a suon di carte bollate tra milanesi e friulani che si risolve con un indennizzo di mezzo miliardo in favore dell’Udinese a fronte degli otto richiesti per il danno subìto – Shalimov si ritrova in rosa da separato in casa. La situazione non favorisce il suo coinvolgimento nelle dinamiche della squadra e dopo alcune pessime prestazioni, Shalimov viene mandato in prestito all’MSV Duisburg. Torna nell’estate del 1995 e viene immediatamente girato al Lugano insieme a Kallon. Non passa un mese dalla sua cessione che Igor si prende la sua rivincita, disputando tutti i 180 minuti che vedono l’Inter soccombere proprio agli svizzeri in Coppa UEFA, festeggiando la clamorosa qualificazione degli elvetici dinanzi ai suoi ex tifosi.