Privacy Policy I migliori bomber di provincia scelti e raccontati da Dario Hubner

I migliori bomber di provincia scelti e raccontati da Dario Hubner

28 Aprile 2020

Nicola AMORUSO & Rolando BIANCHI

Credits: FRANCESCO SAYA- LAPRESSE

La leggenda narra che la fenice, un uccello simile all’aquila reale dallo splendido piumaggio rinasca dalle proprie ceneri. Qui non pretendiamo di andare a scomodare miti dell’antichità, ma per avere una misura di quel che furono in grado di combinare nel 2006-07 i ragazzi di mister Mazzarri con i colori della Reggina, beh, bisognerà anche avere un riferimento. Metaforicamente, la squadra calabrese affrontava il torneo post-mondiale con le stimmate della condannata: ben 15 punti di penalizzazione (poi diminuiti ad 11) dopo lo scandalo di Calciopoli ed una montagna apparentemente impossibile da scalare. Tuttavia, il tecnico di San Vincenzo riuscì insieme ai suoi uomini nell’impresa di non retrocedere. Buona parte di questo mezzo miracolo – che fu celebrato con il conferimento della cittadinanza onoraria di Reggio Calabria a tutti i giocatori ed all’allenatore stesso – si rese possibile grazie alla prolificità del tandem d’attacco composto da Rolando Bianchi e Nicola Amoruso. Quest’ultimo si rese protagonista di una stagione da urlo con un bottino finale di ben 18 reti, seguito ad una lunghezza dal centravanti di Lovere: “Amoruso era molto bravo nelle ripartenze ed era in possesso di una buona tecnica. Non ho avuto l’opportunità di conoscerlo così da vicino, purtroppo, essendo più giovane di me. Tuttavia, ha sempre lasciato un buon ricordo nelle piazze dove si è disimpegnato. E questo non può essere un caso”. L’attaccante pugliese, infatti, detiene diversi record: oltre ad essere il maggior marcatore del calcio italiano (113 realizzazioni complessive) a non aver mai indossato la maglia della nazionale maggiore, ha vestito ben tredici maglie nella massima serie, andando a segno con dodici di esse. Un record tuttora ineguagliato. La stagione-monstre di Bianchi, invece, gli valse l’ingaggio del Manchester City di Eriksson: Rolando non riuscì a replicare le prestazioni fornite in riva allo stretto, sebbene timbrò il cartellino nella gara d’esordio. Solo qualche anno più in là dimostrò tutto il suo valore con la maglia del Torino (71 gol in cinque anni) diventandone anche capitano.

Francesco BAIANO

In origine furono Sarti, Burgnich e Facchetti. Poi Zoff, Gentile e Cabrini. Non ci maledirete se per noi la triade delle triadi è quella composta Rambaudi, Signori e Baiano. Tutto merito di Zdenek Zeman, capace di portare alla ribalta una squadra che, ai nastri di partenza del campionato 1991-92 era composta da autentici sconosciuti. Sono bastate poche giornate agli osservatori per ricredersi e stropicciarsi gli occhi dinanzi ad un piccolo capolavoro calcistico che stava prendendo forma sotto i loro occhi. Insieme ai due frombolieri provenienti dalla provincia del Settentrione, Ciccio Baiano conferiva estro e cazzimma al trio delle meraviglie di Zemanlandia. Cresciuto nel Napoli che dominava l’intera scena calcistica italiana, l’attaccante viene mandato in giro per lo stivale ad accumulare esperienza: Empoli, Parma ed Avellino le sue tappe intermedie prima di essere ceduto al Foggia col quale si laurea cannoniere del torneo 1990-91. Le sue 22 reti mandano in orbita i Satanelli e l’anno successivo si ripete mettendo a segno 16 gol. Le sue prestazioni gli valgono addirittura la chiamata in Nazionale di Arrigo Sacchi, il quale lo fa scendere in campo per ben due volte e lo tiene nel giro degli Azzurri fino alle convocazioni per USA ’94. Nel frattempo, c’è stato il trasferimento alla Fiorentina e l’impronosticabile retrocessione in Serie B. A nulla son valse le sue dieci reti ed il supporto a Batistuta. La risalita è immediata, ma Baiano fatica a reinserirsi negli schemi dei viola, fiaccato com’è da un infortunio che lo tormenta per diverso tempo. C’è da aspettare la stagione 1996-97 per tornare ai livelli di prima e mettersi in mostra con 11 marcature. Sono gli anni in cui spopola l’England-mania e nel 1997 si trasferisce al Derby County insieme ad Eranio, dove vive la prima stagione da assoluto protagonista, perdendosi nelle successive due. Ritorna in Italia a fine 1999 per festeggiare il nuovo millennio con la maglia della Ternana e salutare il calcio che conta con la casacca indosso della Pistoiese prima (58 presenze e 22 gol) e della Sangiovannese poi (96 caps e 33 reti).

Ernesto Javier CHEVANTON

Credits: AP Photo/Ivan Tortorella

Se volete avere una definizione originale di cosa sia l’amore, chiedete a Chevanton cosa voglia dire per lui vestire la maglia del Lecce. Avrete di che essere soddisfatti. Sì, perché di trovereste a parlare con il primo giocatore nella storia del calcio ad aver firmato un contratto a tempo indeterminato. Ma questa è storia recente. Ernesto, infatti, muove i suoi primi passi da professionista alla fine degli anni ’90 con la maglia del Danubio e nella stagione 2000 riesce a mettere a segno 36 gol in 35 partite, stimolando l’attenzione delle squadre europee. È proprio il Lecce a strappargli un accordo ed a portarlo in Salento insieme al suo amico Giacomazzi. In attacco se n’è andato un pezzo da novanta come Lucarelli e c’è bisogno di un artillero che non lo faccia rimpiangere. Chevanton riesce nell’impresa di far gol ed anche tanti, ma i giallorossi non riescono ad evitare le sabbie mobili della B. Riportati in men che non si dica in A, il capolavoro si materializza nell’annata 2003-04, con la conquista della quarta posizione in classifica marcatori, frutto di 19 marcature. Queste gli valgono anche il titolo di recordman assoluto nella storia del Lecce. A fine torneo è impossibile dir di no al Monaco ed alla prospettiva della Champions League. Nel Principato vive due annate non memorabili, seppur condite da venti gol in due anni. Sono i tre anni di Siviglia, invece, a rivelarsi un supplizio a causa degli infortuni. Neanche i sei mesi con la maglia dell’Atalanta lo guariscono (in quattro anni disputa solo 46 partite di campionato e mette a segno 10 gol). Ritrovatosi svincolato, torna una seconda volta a Lecce e firma due reti fondamentali per la salvezza. Un anno di lontananza argentina con la maglia del Colon ed ecco il terzo ritorno con la firma del contratto a vita al minimo sindacale. Le sue cinque reti non frutteranno l’agognata promozione in B, ma suggellano con i fatti il loro vicendevole amore viscerale. In totale, Chevanton ha fatto esultare i leccesi per 59 volte.

Marco NEGRI

Spulciando gli almanacchi presenti sulla mia libreria, balza all’occhio il record di cui può fregiarsi l’attaccante di Milano: è stato il terzo italiano in grado di aggiudicarsi il titolo di capocannoniere in un torneo estero. Prima di lui, infatti, c’erano riusciti solo Boninsegna e Chinaglia, pionieri del calcio d’oltreoceano negli anni Settanta. I colleghi che lo imiteranno in seguito sono Vieri, Toni e Giovinco. Insomma, Marco è in buona compagnia. Era il 1997-98 quando si aggiudicò il titolo grazie ai 32 centri messi assieme in 29 partite. Ben 23 gol furono messi a segno nelle prime 10 partite, proiettandolo fra gli idoli indiscussi dei Rangers di Glasgow. Reduce da tre stagioni memorabili – la prima col Cosenza nel 1994-95 con cui mette a segno 19 reti, poi due con il Perugia (18 centri in Serie B e 15 in A) – Negri andò a rimpolpare la truppa italiana composta da Amoruso, Porrini e Gattuso. Fu un distaccamento della retina durante una partita di squash proprio con Porrini a porre un freno alla carriera di Negri: la lunga degenza lo condizionò per tutto il resto della sua carriera che si concluderà a Perugia, proprio lì dov’era iniziata la sua favola.

Claudio BELLUCCI

“Forte, tecnico, veloce ed esplosivo. Bellucci era un attaccante con i controfiocchi”. Parola di Dario Hubner. Come contraddirlo? Sono i numeri che parlano per il centravanti, capace di mettere a segno 136 reti nei tornei fra il 1993 e il 2011. Cresciuto nell’ inesauribile cantera della Lodigiani, Bellucci viene notato dagli emissari della Sampdoria. Dopo un periodo di generale apprendistato all’ombra di Mancini, Chiesa e Maniero, nel 1996-97 va in prestito al Venezia in Serie B e si laurea vice-capocannoniere con 20 gol. Giunge la chiamata del Napoli che, però, gli affida l’attacco in una delle peggiori stagioni della sua storia. I partenopei vanno in Serie B, ma Claudio ha modo di trovare per 10 volte la strada del gol. Nei due anni di cadetteria non riesce ad incidere ed il quarto anno al San Paolo è vissuto da comprimario (18 presenze e due gol). Il Bologna lo acquista a titolo gratuito e Bellucci fa legna alle spalle di Signori, facendosi trovare sempre più pronto, fino a guidare l’attacco quando i rossoblù retrocedono in B. In due anni mette a segno 44 gol e nel 2007 torna all’amata Sampdoria con cui segna il suo record personale, con uno score di 12 reti. Si ritira nel 2011 dopo due annate minori in blucerchiato, sei mesi al Livorno ed un anno a Modena.