Privacy Policy I migliori bomber di provincia scelti e raccontati da Dario Hubner

I migliori bomber di provincia scelti e raccontati da Dario Hubner

28 Aprile 2020

Questa volta siamo noi che abbiamo chiesto un regalo direttamente al festeggiato di oggi.

Per celebrare al meglio il compleanno di Dario Hubner, abbiamo chiesto proprio a lui, il Re dei bomber di provincia di raccontarci caratteristiche e gesta di quei bomber di periferia che per anni hanno riempito di gol i campi della Penisola.

Buona scorpacciata e ancora tanti auguri Darione!

Igor PROTTI

Dice di lui il Darione: “Igor era un grandissimo centravanti. Non era alto, ma era bravissimo anche di testa. Un uomo d’area che castigava ogni difensore che lo lasciava libero in area”. Come dargli torto? Protti, quasi come un profeta, ha lasciato segni tangibili del suo passaggio nelle memorie dei tifosi, così come sui tabellini alla voce “gol fatti”. L’attaccante di Rimini, infatti, ha fatto apprezzare sin dalla più giovane età quanto fosse “prelibata” la specialità della casa, ossia la capacità di realizzare gol a grappoli. Dopo un primo flirt con il Livorno fra il 1985 e il 1988, anni in cui condivide le domeniche in campo insieme a un certo Massimiliano Allegri, si fa notare con la maglia viola della Virescit Bergamo con cui va per la prima volta in doppia cifra (10 gol) nel campionato di Serie C1. Ceduto Schillaci dal Messina alla Juventus, i peloritani lo scelgono per raccogliere la sua eredità: in tre anni in riva allo Stretto mette a segno 31 reti che gli valgono la chiamata di una big come il Bari nell’annata 1992-93. Insieme a Tovalieri compone una delle coppie d’attacco più letali della serie cadetta e nel 1994 i pugliesi festeggiano il ritorno in A. Al “San Nicola” è tempo di trenini che portano ad una salvezza tranquilla, ma nel 1995-96 Igor entra nella storia (forse suo malgrado): è il primo capocannoniere (24 reti) a retrocedere con la sua squadra. Ceduto alla Lazio, vive un periodo di appannamento che lo porta al Napoli prima ed alla Reggiana poi, prima di finire nel dimenticatoio dei capitolini. Una situazione che, alla fine, si rivelerà la sua fortuna. Il Livorno lo acquista in Serie C1 e, grazie alle sue reti (122 in sei anni), diventa un simbolo della curva labronica per poi vestire i panni dell’eroe in occasione del ritorno dei toscani in Serie A. È la stagione 2003-04 e, dopo un’attesa di 55 anni, gli amaranto festeggiano il ritorno fra i grandi a suon di gol: in coppia con Cristiano Lucarelli realizza 24 delle 53 reti segnate dal tandem d’attacco, prima dell’addio al calcio giocato nel 2005 celebrato – guarda un po’ – con un gol nel 2-2 fra Livorno e Juventus. Immortale, a dir poco.

Julio Cesar DELY VALDES & Luis Airton OLIVEIRA

Una coppia inseparabile, meravigliosamente in simbiosi. Come Cip & Ciop, come Topolino & Pippo, questa volta è il turno dei due Calypso Boys fatti in casa che, in due anni, hanno fatto la fortuna del Cagliari. Con le loro reti, infatti, Julio Cesar e Luis Airton hanno trascinato i rossoblù sino alla semifinale di Coppa UEFA nella stagione 1993-94, fermati soltanto dall’Inter, futura vincitrice del torneo. La coppia esotica si forma grazie alla lungimiranza del presidente Cellino che, nell’estate del 1993, preleva il panamense (primo in Serie A) dagli uruguaiani del Nacional Montevideo e lo porta all’ombra del Sant’Elia per vestire la numero 9 al fianco del brasiliano naturalizzato belga. Oliveira è in Sardegna già da un anno e, dopo un’annata d’ambientamento, si cala alla perfezione nel ruolo di partner d’attacco del centramericano. El Manteca (il Burro), detto così per la sua capacità di liquefare le difese avversarie, si adatta subito ai ritmi del campionato italiano, tanto da timbrare il suo esordio, seppur amaro, con una doppietta nel 5-2 subito dall’Atalanta. Il cammino dei cagliaritani in Europa non conosce sosta e le sue reti si rivelano determinanti in occasione dei match in trasferta contro Dinamo Bucarest e Trabzonspor. Al termine della stagione, la coppia metterà a referto 25 reti in Serie A e 7 in Coppa UEFA; Dely Valdes si laurea anche capocannoniere stagionale del Cagliari con ben 17 reti complessive. Nella stagione successiva, il Cagliari tenta il salto di qualità con l’arrivo in panchina di Oscar Washington Tabarez. Il modulo utilizzato dal tecnico uruguaiano penalizza la vena realizzativa dei due che, comunque, riescono ad infilare il pallone in fondo al sacco per 15 volte, mentre esplode la stella di Roberto Muzzi. La stagione termina con un onorevole nono posto, impreziosito dalla vittoria per 2-1 in casa dell’Inter che rappresenta uno degli ultimi atti recitati in coppia dai due attaccanti. Il PSG bussa alla porta dei rossoblù e il panamense saluta la fregula cagliaritanaper i macarons parigini.

Marcelo Alejandro OTERO

Se avete familiarità con il concetto di imprinting, uno dei migliori esempi che accomuna i rappresentanti ultratrentenni del sesso maschile, alla voce “O”, quasi sicuramente, troverete il lemma “Otero”. Certo, forse essere ricordati per una quaterna in una partita, quando in carriera hai segnato quasi cento gol e messo insieme circa 250 partite fra i professionisti può essere “penalizzante”. Non nel caso del centravanti uruguaiano che, con il poker rifilato alla prima giornata di campionato alla Fiorentina, assurge automaticamente nel novero delle gesta sportive dall’imperitura memoria. Otero non è un panzer, ma un furetto nell’area di rigore. Il suo talento sboccia tra le fila del Rampla Juniors, storica società di Montevideo: con i rossoverdi mette a segno 16 reti in 40 partite. È il Peñarol ad assicurarsi le sue prestazioni nel 1993 e con gli Aurinegros si aggiudica tre campionati in altrettante stagioni. È l’estate del 1995 quando il Vicenza mette gli occhi su di lui per apprestarsi ad affrontare il ritorno in Serie A dopo sedici anni. I biancorossi lo prelevano insieme al connazionale Gustavo Mendez e la prima stagione va oltre le più rosee aspettative: 12 reti in 30 partite. Il 1996-97 inizia con i fuochi d’artificio dell’Artemio Franchi e, in un crescendo d’emozioni, termina con la storica vittoria in Coppa Italia ai danni del Napoli. Otero trascina i compagni di squadra con 13 gol in 24 match, ma un infortunio durante la finale d’andata lo costringe ad assistere da spettatore al trionfo dei compagni di squadra. L’anno successivo, invece, non va come il precedente: alla prima giornata, una frattura del malleolo tibiale lo tiene fuori per lungo tempo e finisce in fondo alle preferenze del tecnico Guidolin, con cui degenera il rapporto. Nonostante ciò, appone anche la sua firma durante la cavalcata europea del Vicenza in Coppa delle Coppe. Le dieci reti nell’anno della retrocessione rappresentano il biglietto d’addio ai berici che lo cedono al Siviglia con cui, però, non riuscirà ad incidere. Ciononostante, l’eco di quella quaterna si fa ancora sentire.

Filippo MANIERO

Credits: ANSA/ANDREA MEROLA

Il suo nome rimane indissolubilmente legato ad una delle coppie-gol che più hanno fatto palpitare i cuori italici. Quell’idillio veneziano di sei mesi al fianco di Recoba, fanno del bomber di Legnaro uno dei calciatori più amati in riva alla Laguna. Ciononostante, Maniero ha sparso stille della sua potenza in giro per l’Italia nell’arco di un quindicennio: in totale sono 372 le presenze nei campionati professionistici, condite da 117 realizzazioni. Bagna l’esordio tra i professionisti nel 1990, segnando il gol del pareggio per il Padova a Pescara. Matura tra le fila di Atalanta ed Ascoli, finché si mette in mostra in Serie A proprio con la maglia biancoscudata nell’anno del ritorno in Serie A (1994-95) segnando nove reti. Sono anni turbolenti. Fra il 1995 e il 1998 cambia quattro maglie, mettendosi in mostra a Verona: 12 marcature in 33 partite. Il centravanti trova finalmente il suo habitat con la maglia del Venezia: è con la maglia arancio-nero-verde che Maniero si leva le sue migliori soddisfazioni, andando a referto per ben 54 volte nelle 116 partite disputate. La sua miglior stagione si rivela essere l’ultima con un bottino di 18 gol che, tuttavia, non eviterà la retrocessione dei lagunari. Ed è proprio in quell’estate che si assiste all’esodo di massa da Venezia a Palermo a causa dell’acquisto da parte di Zamparini della squadra rosanero: con i siciliani manca la promozione in Serie A nonostante le 13 reti messe a segno. Vive la sua ultima stagione fra i grandi con i colori del Brescia addosso e con Baggio e Di Biagio fra i compagni di squadra. Saluta i professionisti con l’amaro epilogo vissuto vestendo i colori del Torino: i granata centrano la promozione in Serie A, alla quale contribuisce con sei reti, ma il fallimento della società vanifica gli sforzi sul campo. Dopo un’esperienza lampo in Scozia con la maglia dei Rangers di Glasgow – un’avventura durata soltanto quaranta giorni – Maniero torna fra la sua gente calcando i campi dei dilettanti del Veneto fino all’età di 38 anni. Senza mai perdere, ovviamente, il vizio del gol.

Pasquale LUISO

Facciamo un gioco. Sapete chi è la Tigre di Cremona? La Pantera di Goro? E l’Aquila di Ligonchio? Non siete ferrati in storia della musica, eh? E il Toro di Sora? Ah, questo sì che lo ricordate, eh? Bravi! Questa breve rassegna zoofila è il naturale incipit per identificare un mito che il tempo non riesce a scalfire. Forza fisica, tanta grinta ed un repertorio che è uno sciorinare tra potenza e precisione, condendo il tutto con numerose rovesciate qui e là, vero marchio di fabbrica del Luisone nazionale. Lo certifica anche Hubner: “Pasquale impersonava il classico numero nove di una volta: protezione della palla, furbizia per mandare fuori tempo il difensore. Un ottimo attaccante, con un pregevole stacco di testa, nonostante non fosse un gigante. Ma proprio per questo era un così grande attaccante”. Si guadagna il suo soprannome che l’ha reso immortale ai nostri occhi mortali proprio in Ciociaria: con la maglia bianconera segna gol a grappoli, raggiungendo la Serie A dalla – ei fu – C2. Segna con regolarità prima a Pescara, per poi esplodere la stagione successiva (1995-96) ad Avellino che, tuttavia, non riesce ad evitare la retrocessione nonostante le 19 reti. Il primo anno da titolare nella massima serie lo vive con la maglia del Piacenza e fa breccia nei cuori dei tifosi con la spettacolare bicicletta volante che vale il 3-2 degli emiliani sul Milan campione d’Italia. D’estate l’arrivo al Vicenza: la sua rete nella semifinale di Coppa delle Coppe a Stamford Bridge illude i biancorossi contro il Chelsea, ma la stagione viene archiviata positivamente con le complessive 18 reti fra campionato e coppe. Vive ancora due stagioni da protagonista con i veneti in Serie B (13 reti e promozione in A) e con la Sampdoria (con cui mette a segno ben 10 reti nella seconda parte di campionato). Il Toro ha interrotto la sua corsa solamente alle soglie dei quarant’anni, concludendo romanticamente la sua parabola calcistica proprio con la maglia di chi l’ha fatto conoscere all’Italia intera: il Sora. Esattamente lì, dov’era iniziato tutto. Cuore di Toro.

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